google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M Contratto bancario: per la nullità è necessario produrre il contratto
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Contratto bancario: per ottenerne la nullità è necessario produrre il contratto di conto corrente

Spetta al correntista l’onere di provare il contratto relativo al rapporto di conto corrente e non si può supplire alla mancata produzione né chiedendo alla banca un ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. né chiedendo una consulenza tecnica d’ufficio. Questo è quanto stabilito dalla sentenza del 27 marzo 2018 della Corte d’Appello di Brescia.


La Corte d’appello di Brescia si sofferma sulla questione relativa alla domanda di nullità dei contratti bancari.

Una società per azioni aveva aperto un conto corrente ordinario e un conto anticipi presso un istituto di credito e, ritenendo che i contratti di apertura di credito non prevedessero alcuna pattuizione scritta relativa a commissioni, competenze e interessi applicati al rapporto, con conseguente imposizione a carico della società di un onere economico superiore rispetto al c.d. tasso soglia, chiedeva la restituzione di quanto corrisposto alla banca nel corso della durata del rapporto. In seguito al rigetto di tale domanda da parte del giudice di prime cure, in forza della mancata produzione in giudizio del contratto di conto corrente da parte della società attrice, il giudizio proseguiva nel successivo grado di appello.

In sede di appello, la Corte premette che la prova dell’esistenza di una clausola contrattuale asseritamente nulla esige la produzione in giudizio del contratto di conto corrente, in modo da permettere al giudice di valutarne la validità. Pertanto, l’onere probatorio grava su chi agisce per la declaratoria di nullità e deve essere assolto con la produzione degli estratti di conto corrente relativi a tutto il periodo contrattuale e soprattutto dei contratti di conto corrente e delle condizioni generali di contratto.

Infatti solo producendo tali documenti il Giudice può verificare il rispetto o meno dei requisiti prescritti dall’art. 117 T.U.B. il quale prevede la forma scritta a pena di nullità dei contratti bancari, nonché la data del contratto, i tassi di interesse, la presenza dell’anatocismo, le commissioni massimo scoperto e l’ammontare della somma capitale affidata al correntista.

È infatti univoco l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in forza del quale incombe sul correntista, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare i fatti posti a corredo della domanda, vale a dire, nella fattispecie, dimostrare l'esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa rispetto alle quali l'applicazione degli interessi anatocistici e/o usurari, oltre che di commissioni e spese asseritamente non pattuite, avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli dovuti (cfr. Cass. Civ., n. 9201/2015).

Invero, l’onere probatorio gravante su chi intende far valere in giudizio un diritto non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto "fatti negativi" in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo ha carattere costitutivo.

Secondo la Corte d’appello, in forza di giurisprudenza pacifica, non è possibile sopperire alla riferita carenza probatoria mediante ordine di esibizione rivolto alla banca della documentazione contrattuale, atteso che tale istanza deve ritenersi inammissibile qualora l'ordine abbia ad oggetto documenti direttamente accessibili dalla parte ai sensi dell’art. 119 T.U.B., quindi documenti che la parte - nel diligente assolvimento dell'onere probatorio su di essa gravante - avrebbe dovuto previamente acquisire in via stragiudiziale e dunque allegare agli atti di causa.

È infatti fermo il principio fermo per cui l'esibizione a norma dell'art. 210 c.p.c. non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova a carico della parte istante. In particolare, l'ordine di esibizione può essere impartito ad una delle parti del processo con esclusivo riguardo ad atti “la cui acquisizione al processo sia necessaria" ovvero "concernenti la controversia", e, quindi, ai soli atti o documenti specificamente individuati o individuabili, dei quali sia noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto, influente per la decisione della causa" (cfr. Cass. Civ. n. 13072/2003). Tra questi atti di cui si chiede la specifica esibizione non possono includersi gli estratti conto dei rapporti bancari quando questi siano genericamente mirati - come nella specie - alla ricostruzione della contabilità del rapporto di conto corrente.

Peraltro, non può neppure invocarsi il principio di prossimità della prova in quanto, nel caso che occupa la Corte d’appello bresciana, l’attrice è una società di capitali che per ovvie ragioni di ostensione - anche a soci e contraenti - della propria contabilità, ha il dovere e l'onere di conservare la documentazione richiesta alla controparte e che solo, in caso di eccezionale allegazione di particolari eventi, avrebbe potuto richiedere, anteriormente al giudizio e, se necessario, con apposita domanda giudiziale, di ricostruire la propria per mezzo di quella conservata dalla Banca (cfr. Cass. Civ. n. 6511/2016).

Di conseguenza, deve trovare applicazione il tradizionale principio di regolazione dell’onere della prova onus probandi incumbit ei qui dicit che nella fattispecie è corroborato dall'obbligo previsto dall'art. 117 TUB, secondo cui, in materia bancaria, “i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti". Analogamente, il correntista che denuncia la natura usuraria del tasso d’interesse ha il preciso onere di allegare e provare, in termini analitici e specifici, modi, tempi e misura del superamento del tasso soglia previsto dalla legge n. 108/1996, senza che a tale scopo possano assumere rilevanza criteri di calcolo diversi da quelli indicati nelle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione del t.e.g.m. ai sensi della legge sull’usura.

La Corte d’appello ritiene inoltre che la rilevabilità d’ufficio della nullità contrattuale esige la sufficienza probatoria della documentazione prodotta, a cui, pertanto, non si può supplire per mezzo di un’attività istruttoria integrativa da parte del giudice volta a sopperire al mancato assolvimento dell’onere probatorio di una delle parti ed avente ad oggetto il contenuto dei rapporti intercorsi con l’altra parte (cfr. Cass. Civ. n. 9201/2015).

In conclusione, la Corte d’appello di Brescia, nel rigettare il gravame afferma che, in difetto della produzione in giudizio della necessaria documentazione contrattuale ad opera della parte (correntista) a tanto onerata, non è possibile dichiarare la nullità del contratto d’ufficio ai sensi dell’art. 117 T.U.B.

Corte d’appello di Brescia, sentenza 27 marzo 2018, n. 534

Lo Studio Legale Giovannoni e Bettella fornisce assistenza e consulenza sugli argomenti trattati

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