google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M IL PIGNORAMENTO DI BENI FACENTI PARTE DI UN TRUST
top of page

IL PIGNORAMENTO DI BENI FACENTI PARTE DI UN TRUST

  1. Il pignoramento di beni facenti parte di un trust va notificato al trustee e trascritto “contro” tale soggetto.

La giurisprudenza di merito, prima, e quella di legittimità, dopo, hanno chiarito che il pignoramento riguardante il bene facente parte di un trust deve essere effettuato nei riguardi del (e trascritto contro il) trustee.

Se invece il pignoramento è notificato al (e trascritto contro il) trust - come se si trattasse di un patrimonio “entificato” - l’esecuzione è improcedibile perché rivolta nei confronti di un soggetto passivo inesistente.

La questione può essere rilevata d’ufficio dal Giudice dell’esecuzione, venendo in considerazione la carenza di una condizione dell’azione esecutiva.

La vicenda contenziosa che ha portato alla pronuncia Cass. 27.1.2017, n. 2043 era relativa ad un trust autodichiarato (ossia un trust nel quale lo stesso disponente si dichiara trustee).

In particolare:

1) il pignoramento era notificato “al trust in persona del trustee”;

2) l’ingiunzione, l’invito e l’avvertimento prescritti dall’art. 492 c.p.c. erano stati rivolti “al trust denominato ‘Trust X’ in persona del trustee signor Y”;

3) la trascrizione dell’atto di pignoramento era avvenuta “contro” il Trust X

4) nell’istanza di vendita la banca creditrice aveva precisato che la procedura esecutiva era stata promossa nei confronti del “Trust X” in persona del trustee, signor Y” quale “terzo proprietario”, ed aveva perciò richiesto la “vendita dei beni immobili pignorati in danno del trust denominato Trust X, in persona del trustee, signor Y”.

Il Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Reggio Emilia con provvedimento del 25.3.2013[1], rilevata d’ufficio la inesistenza del soggetto contro il quale era stata esercitata l’azione esecutiva, aveva dichiarato la stessa improcedibile, ordinando al Conservatore dei R.I. la cancellazione della trascrizione del pignoramento da cui aveva avuto origine la predetta azione esecutiva.

Il provvedimento veniva opposto ex art. 617 c.p.c.: il G.E., in fase sommaria, con ulteriori argomenti rispetto al già ricco apparato motivazionale dell’ordinanza prima citata, rigettava l’istanza di provvedimenti indilazionabili (oltre che quella, per vero alquanto speciosa, di sospensione della procedura esecutiva) assegnando i termini per il merito[2]; in fase di merito il Tribunale (nella persona di un diverso magistrato) si pronunciava nel senso sopra indicato con sentenza resa ex art. 281-sexies c.p.c.; sentenza che veniva fatta oggetto di ricorso per cassazione.

Come è stato rilevato in dottrina[3], il ragionamento del Giudice emiliano (ed in specie quello del G.E.) ruota intorno a tre cardini:

- l’azione esecutiva proposta e coltivata contro il trust attinge un “soggetto inesistente”, la qual cosa è rilevabile d’ufficio dal Giudice dell’esecuzione;

- l’esecuzione è quindi improcedibile;

- va ordinata la cancellazione della trascrizione del pignoramento effettuata “contro” il trust.

Quanto al primo aspetto, benché vi siano alcune disposizioni che sembrerebbero deporre nel senso di una “entificazione” del trust[4], l’art. 2 della Convenzione dell’Aja (resa esecutiva in Italia con l. n. 364 del 1989), è inequivoco nello stabilire che “per trust s'intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente con atto tra vivi o mortis causa qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse di un beneficiario o per un fine determinato. Il trust è caratterizzato dai seguenti elementi: a) i beni in trust costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee; b) i beni in trust sono intestati al trustee o ad un altro soggetto per conto del trustee; c) il trustee è investito del potere e onerato dell'obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee”.

La Convenzione dell’Aja è molto chiara – in altre parole - nel qualificare il trust come un mero rapporto giuridico, nonché nell’affermare che i beni in trust sono (sotto il profilo formale, e fermo restando il vincolo di gestire dei beni o disporre degli stessi in conformità alle disposizione del settlor) intestati al trustee.

Del resto, malgrado siano ancora controversi alcuni profili del trust, la dottrina è unanime nell’escludere che il trust abbia una propria personalità giuridica e che il trustee sia una sorta di organo di tale (inesistente) persona giuridica[5].

Per il Tribunale di Reggio Emilia, in definitiva, nel caso che interessa, non viene in rilievo “un errore meramente terminologico, ma concettuale”; errore che determina “un problema circa la corretta instaurazione del rapporto processuale nella procedura espropriativa, questione che attiene alla legittimazione (passiva) dell’esecutato (ed è ovvio che l’avvio di un processo contro un esecutato inesistente possa proseguire)”.

Riguardo al terzo profilo (di cui invero la pronuncia gravata con ricorso per cassazione non si occupava, ritenendolo assorbito), il G.E. ha osservato che “la mancanza di una valida trascrizione del pignoramento determina l’estinzione (atipica) del processo esecutivo”, in quanto – come rilevato da Cass. 18.8.2011, n. 17637 – “la trascrizione è l’elemento necessario per consentire al pignoramento immobiliare di esplicare tutti i suoi effetti per cui non si può dare seguito ad una istanza di vendita proposta rispetto ad un bene per il quale sia venuto meno il requisito della trascrizione del pignoramento”.

Nel caso considerato viene in rilievo una irrimediabile incertezza sia circa il soggetto “a favore” del quale è trascritto il negozio di dotazione del trust sia circa il soggetto “contro” il quale è stato trascritto il pignoramento, con conseguente nullità delle relative note.

La Corte di Cassazione, con la ricordata pronuncia 27.1.2017, n. 2043[6], ha confermato il provvedimento gravato e, quindi, ha condiviso la traiettoria argomentativa del G.E. emiliano.

Rilevanti le considerazioni che, dal punto di vista sistematico, puntellano la ratio decidendi.

Quanto alla rilevabilità d’ufficio della improcedibilità di una esecuzione che origini da un pignoramento integrante una fattispecie giuridicamente impossibile e quindi insanabilmente nulla “per impossibilità di identificare un soggetto esecutato giuridicamente possibile”, la Cassazione:

1) chiaramente ricollega il potere/dovere del G.E. di valutare la sussistenza delle “imprescindibili condizioni dell’azione esecutiva e presupposti del processo esecutivo, quelli cioè in mancanza – anche sopravvenuta – dei quali quest’ultimo non può con ogni evidenza proseguire o raggiungere alcuno dei suoi fini istituzionali e va chiuso anticipatamente” al “superiore interesse della regolarità delle operazioni dell’ufficio giurisdizionale, dal quale gli estranei sollecitati a coinvolgersi nel processo – come i potenziali aggiudicatari (…) – devono potersi attendere affidabilità ed attendibilità”;

2) conclude nel senso che “la vendita per la quale si insta sarebbe ab origine caduca, tale da riversare sul potenziale incolpevole aggiudicatario un’interminabile serie di problemi particolarmente complessi, per fare fronte ai quali è obiettivamente aleatoria la garanzia per evizione pure incombente al creditore, sicché si vanificherebbe l’esigenza dei tutela dell’affidamento sulla ritualità del trasferimento, che una vendita comunque proposta e gestita da un ufficio pubblico particolarmente qualificato, quale il giudice delle esecuzioni, normalmente susciterebbe”.

In sintesi, l’assicurazione della stabilità della vendita forzata viene assunta a finalità essenziale ed imprescindibile del processo esecutivo per espropriazione, per modo che un evento – anche sopravvenuto – che possa inficiare la vendita, rendendola caduca o riversando sull’aggiudicatario problemi non prevedibili e di difficile soluzione, giustifica la chiusura anticipata del processo[7].

È appena il caso di notare che la Cassazione ha di recente ribadito il rilievo di principio generale della esigenza di tutela dell’aggiudicatario ad un acquisto stabile[8].

Quanto alla ritenuta nullità (anche) della trascrizione del pignoramento (per incertezza del soggetto passivo dell’esecuzione), la S.C. evidenzia che “le esigenze di rigore formale che permeano il regime di pubblicità immobiliare non consentono di interpretare il pignoramento e la relativa nota di trascrizione come riferiti, anziché al trust in persona del trustee, a quest’ultimo di persona, ma in detta specifica qualità”.

In specie, la continuità delle trascrizioni “presuppone l’esistenza dei soggetto (e dei beni) cui esse si riferiscono, tanto che, in difetto di corrette generalità identificative, non si producono effetti nei confronti dei terzi ed a favore di chi la formalità esegue”[9].

Al contrario, non compete “alla sede del processo di esecuzione o a quella della successiva opposizione agli atti esecutivi la cognizione della relativa controversia in via principale, solo spettando ai giudici dell’uno o dell’altra una delibazione della non correttezza per il rilievo dell’inesistenza del soggetto che in base alla primitiva formalità sarebbe divenuto titolare dei diritti poi pignorati: ciò a cui almeno il primo si è correttamente limitato”.


  1. La trascrizione dell’atto dispositivo nella prassi notarile: il sistema tradizionale e la “nuova prassi”.

Tale ultima affermazione consente di approfondire una tematica di notevole interesse, dato che la prassi notarile talvolta ammette (e stima anche come “conveniente”) che, in sede di stipula dell’atto costitutivodel trust, il trasferimento dei beni e/o la individuazione di un vincolo di scopo nella loro gestione vengano trascritti “contro” il trust.

Va detto, anzitutto, che il sistema prevalente è nel senso che l’atto dispositivo viene trascritto mediante la redazione di una nota “contro” il disponente e “in favore” del trustee (e nel caso del trust autodichiarato mediante la redazione di una sola nota “contro” il trustee, secondo il meccanismo disciplinato dall’art. 2647 c.c.[10]).

In sintesi, come rilevato in dottrina[11], secondo tale sistema, il procedimento è il seguente:

- nel caso di istituzione di trust con trasferimento di beni immobili dal disponente al trustee si trascrive l'atto di trasferimento della proprietà “contro” il disponente e “a favore” del trustee, ex artt. 2643 e 2645 c.c.; eventualmente indicando tutti gli elementi riguardanti il trust che si ritengono utili e con successiva formalità si trascrive il vincolo in trust (analogicamente a quanto si fa per il fondo patrimoniale ex art. 2467 c.c.) “contro” il trustee;

- invece nel caso di acquisto da parte del trustee (in tale sua qualità) di un bene immobile che farà parte dei “beni in trust”, quando il trust sia stato già precedentemente istituito, si trascrive l’atto di trasferimento della proprietà (che questa volta sarà con grande probabilità un atto “tipico”, ad es. una compravendita) “contro” il disponente e “a favore” del trustee e con successiva formalità si trascrive il vincolo in trust, come sopra detto;

- nel caso del trust “autodichiarato”, poiché disponente e trustee coincidono, non vi è alcun atto traslativo della proprietà, ma vi è solo la trascrizione del vincolo in trust, nel senso suddetto.

Va data contezza, però, di una “nuova” prassi – legittimata da alcuni precedenti giurisprudenziali[12] – nel senso che, una volta indicata nell’atto costitutivo la “denominazione” del trust ed acquisitone il codice fiscale, si esegue la trascrizione “contro” il disponente ed “a favore” del trust e ciò anche nel caso di trust autodichiarato.

Come anticipato, alcune pronunce, rese in sede di reclamo ex artt. 2674-bis c.c. e 113-bis d.a. c.c., senza presupporre che una simile modalità di trascrizione importi la necessità di “entificare” il trust, la ritengono ciò nondimeno possibile.

Il che sarebbe dimostrato:

1) dalla trascrivibilità dei pignoramenti immobiliari a favore dei condomini o dell’amministratore del Condominio;

2) dalla trascrivibilità degli atti di costituzione mediante conferimento a favore del “fondo immobiliare chiuso”;

3) in ogni caso, dal fatto che la disposizione dell’art. 2645 c.c. esclude la tassatività delle fattispecie trascrivibili (costituendo un numerus clausus solo gli atti ed i diritti che devono formare oggetto di trascrizione ai fini di cui agli artt. 2643 e ss. c.c.).

Vengono poi evidenziati dei “vantaggi pratici” di tale modalità di trascrizione, in quanto:

- la stessa non richiede una nuova trascrizione nel caso di “sostituzione” del trustee di un trust nel cui fondo sono compresi beni immobili, essendo in tal caso sufficiente la mera annotazione a margine della primigenia trascrizione, con conseguente risparmio fiscale;

- si rimedia così ad un eventuale atteggiamento ostruzionistico o non collaborativo del trustee revocato e dei suoi eredi, poiché per ottenere una trascrizione contro un soggetto, in mancanza del suo consenso, occorrerebbe un provvedimento giudiziale, laddove per il semplice compimento dell’annotazione a margine della originaria trascrizione non sarebbe necessaria la partecipazione all’atto del vecchio trustee, essendo l’annotazione compiuta a favore e contro i soggetti indicati nella trascrizione stessa cui essa fa riferimento.

Gli argomenti di cui sopra, sia quelli più squisitamente giuridici che quelli più squisitamente pratici, sono stati efficacemente confutati dalla dottrina[13].

Quanto ai primi, innanzitutto, si rileva che la questione sulla esclusione della tassatività degli atti trascrivibili, è mal posta, giacché non si discute della trascrivibilità dell’atto ma delle modalità operative di tale trascrizione.

Inoltre:

  1. A) riguardo alla fattispecie della trascrizione nei confronti dei condomini, si osserva:

  2. i) che il Tribunale di Torino si riferisce ai casi i cui la trascrizione del pignoramento avvenga a favore di singoli condomini o dell’amministratore di condominio e, quindi, pur sempre a casi di trascrizioni “a favore” di persone fisiche;

  3. ii) che, anche volendo ipotizzare una trascrizione in favore del condominio entificato (senza voler entrare nel merito della complessa questione se il condominio in sé considerato sia titolare delle cose comuni), “vi è una profonda differenza esistente rispetto alla pubblicità del trasferimento di un bene immobile al trustee, che è, evidentemente, una vicenda circolatoria, del tutto incomparabile con una vicenda che rientra nell’ambito della tutela del credito”[14].

Per altro verso l’art. 2659 c.c., come modificato dalla l. n. 190 del 2012, non risolve il dubbio atteso che, per la dottrina più accreditata, si tratta di una trascrizione con efficacia dichiarativa in quanto la norma “intende solamente favorire l’individuazione del soggetto contro o in favore del quale trascrivere, quando i beni comuni possono circolare separatamente, perché non necessari, come, ad esempio, l’appartamento di servizio del portiere (…)”, mentre “sarebbe stata necessaria una norma transitoria per risolvere i problemi della continuità”[15]; ragione per la quale appare corretto escludere che “la nuova previsione legislativa abbia una valenza sistematica tale da essere estesa al fine di consentire la trascrizione a favore del trust (…), tanto più che le ipotizzate fattispecie di trascrivibilità a nome del condominio riguarderebbero esclusivamente le cose comuni, non essendo certo immaginabile che a nome del condominio possa essere acquistato un immobile autonomo”[16];

iii) riguardo alla fattispecie del conferimento in favore di fondi di investimento immobiliare chiusi, e senza approfondire ulteriormente una tematica assai complessa, vi è che, secondo la Cassazione[17], il fondo comune non costituisce soggetto a sé stante, onde la trascrizione si opera “a favore” (o “contro”) la società che gestisce lo stesso, esplicando nel quadro D della nota di trascrizione ogni opportuna informazione e questo argomento – data anche la circostanza che così come nel trust manca una struttura organizzativa minima avente rilevanza esterna – chiaramente depone in senso contrario a quanto ritenuto dal Tribunale torinese.

  1. B) Riguardo ai divisati “vantaggi pratici”, si osserva criticamente:

  2. i) che “non è chiaro come dovrebbe essere eseguita tale annotazione, che a nostro parere somiglia moltissimo a una "nuova" trascrizione del trasferimento originario, rispetto alla quale ciò che cambia è solo il contenuto del quadro D, in cui al posto del trustee originario sarà indicato il trustee subentrante. D'altro canto l'annotazione, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, ha funzione di pubblicità notizia, il cui fine è quello di espungere le informazioni non più vere in forza di un immanente principio di verità che regge la circolazione immobiliare. È vero che nel caso di specie l'informazione non più vera è che il trustee originario non è più tale; tuttavia rimane il fatto, già oggetto di rilievo più sopra, che a questo mutamento della persona del trustee si deve accompagnare, necessariamente, un mutamento dell'intestazione dei beni, ciò che non può essere certo realizzato attraverso il quadro D”[18];

  3. ii) che “anche dal punto di vista "economico" (id est: del risparmio fiscale), la soluzione dell'annotazione non tiene conto del fatto che il trust "entificato" potrebbe essere stato dotato di una pluralità di beni in tempi successivi o avere acquistato beni, nel qual caso si sarebbe in presenza di una pluralità di trascrizioni a favore del trust. Il mutamento del trustee dovrebbe quindi essere annotato tante volte per quante sono le formalità a favore del trust entificato con corrispondente pagamento, per ogni annotazione, della relativa imposta ipotecaria di euro 200 e della tassa ipotecaria di euro 35. Trascrivere, invece, il mutamento del trustee, consentirebbe di "raggruppare" in un'unica nota di trascrizione le esistenti trascrizioni a favore del trustee, con conseguente pagamento di una sola imposta ipotecaria e di una sola tassa ipotecaria (salvo, naturalmente, il caso di beni collocati in territori di competenza di diverse Conservatorie dei Registri Immobiliari). L'annotazione, pertanto, anche da questo punto di vista, non presenta vantaggi di sorta rispetto alla trascrizione”[19].


  1. Possibili soluzioni per ripristinare la continuità delle trascrizioni.

Alla luce di quanto detto si può affermare:

- che il pignoramento trascritto “contro” il trust dà luogo ad una esecuzione improcedibile (anche in ragione della nullità di tale trascrizione);

- che nella prevalente prassi notarile la costituzione di beni in trust avviene trascrivendo il trasferimento (se vi è) e il vincolo (o solo il vincolo in caso di trust autodichiarato) “a favore” del trustee e non del trust, ma vi è anche un orientamento contrario.

Orbene, laddove il titolo di provenienza sia trascritto in tale ultimo senso (cioè “a favore” del trust), occorre chiedersi come possa il creditore procedente pignorare correttamente (cioè trascrivendo “contro” il trustee) e, allo stesso tempo, assicurare la continuità delle trascrizioni atteso che, nei riguardi del soggetto passivo così (correttamente) individuato, manca una trascrizione “a favore” in grado di garantire la necessaria completezza della serie.

Supponendo che vi sia congruenza tra titolo e nota (dato che la circostanza che trascrizione avvenga “a favore” del trust o del trustee dipende solo dalla impostazione della nota all’atto della presentazione), qualche spunto potrebbe provenire dalla pronuncia Cass. 26.5.2014, n. 11638[20].

Appare di qualche utilità una breve sinossi del caso deciso dal Tribunale di Terni, in sede di opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento con cui il G.E. aveva dichiarato improcedibile l’esecuzione (intrapresa nelle speciali forme di cui al d.p.r. n. 602 del 1973, ma tale circostanza non incide sui principi enucleati dalla S.C., di cui si dirà), sul presupposto che non fosse stato dimostrato che l’esecutato avesse accettato l’eredità nella quale era compresa la quota del diritto reale pignorato.

Ad avviso del Giudice di merito, infatti, l’accettazione tacita dell’eredità non è sufficiente a rendere procedibile l’esecuzione nei confronti dell’erede che non risulti tale dai registri immobiliari in base ad un atto trascritto in data anteriore al pignoramento: in sostanza, per il Tribunale, la trascrizione dell’accettazione tacita dell’eredità deve precedere la trascrizione del pignoramento e ciò sia per assicurare la continuità delle trascrizioni che per consentire l’accertamento da parte del G.E. della titolarità in capo all’esecutato del diritto pignorato.

La S.C. ha ritenuto corretta la sentenza gravata nel dispositivo, pur ritenendo necessaria la integrazione della relativa motivazione ex art. 384, ult. comma, c.p.c..

Difatti:

1) è corretta l’affermazione che il G.E. debba procedere, d’ufficio, a verificare la titolarità in capo all’esecutato del diritto pignorato sul bene immobile.

A condivisibile avviso della S.C., “si tratta di una verifica formale, cioè basata su indici di appartenenza del bene desumibili dalle risultanze dei registri immobiliari; non ha carattere sostanziale, perché la titolarità del diritto sul bene immobile in capo all’esecutato non è un presupposto dell’espropriazione immobiliare e perché il decreto di trasferimento non contiene l’accertamento dell’appartenenza del bene al soggetto esecutato (…); soltanto, spetta al credito procedente dimostrare, attraverso detta documentazione, la trascrizione di un titolo di acquisto a favore del debitore esecutato, nonché l’assenza di trascrizioni a carico dello stesso debitore relative ad atti di disposizione del bene, precedenti la trascrizione del pignoramento”;

2) non è invece corretta l’affermazione che tale trascrizione debba essere necessariamente effettuata in data anteriore alla trascrizione del pignoramento, e cioè l’affermazione “che il creditore non potrebbe, in corso del processo esecutivo, ripristinare la continuità delle trascrizioni”, malgrado non risulti trascritto un acquisto (nel caso deciso mortis causa, ma il principio vale in generale per quanto si dirà) a favore dell’esecutato.

Rileva in proposito quanto previsto dall’art. 2650 c.c., che al primo comma dispone che “nei casi in cui, per le disposizioni precedenti, un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o iscrizioni a carico dell’esecutato non producono effetto se non è stato trascritto l’atto anteriore di acquisto”.

Questo principio, come è agevole ricavare dal tenore letterale della disposizione, vale per tutti i casi in cui un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, in base alle disposizioni precedenti; quindi anche al di fuori del caso – di cui si è occupata specificamente la S.C. – di trascrizione dell’accettazione tacita dell’eredità.

In base al secondo comma della richiamata disposizione “quando l’atto anteriore di acquisto è stato trascritto, le successive trascrizioni o iscrizioni producono effetto secondo il loro ordine rispettivo”.

Secondo la Corte di Cassazione non vi è dubbio (e tale affermazione vale al di là del caso specifico, per quanto detto) che la richiesta di trascrizione:

- possa provenire dal creditore del soggetto in favore del quale non risulta la trascrizione di un atto di acquisto;

- possa essere formulata anche nel corso del procedimento esecutivo in quanto non ha ragion d’essere la lettura (operata dal Tribunale di Terni) che esclude l’applicazione del secondo comma dell’art. 2650 c.c., sebbene, nel caso specifico, le regole che governano il processo esecutivo comportino “degli adattamenti al principio della continuità delle trascrizioni, onde garantire la stabilità dell’acquisto dell’aggiudicatario”.

Difatti, se la trascrizione dell’atto di acquisto non è effettuata “le trascrizioni ed iscrizioni successive, compresa la trascrizione del pignoramento, non producono effetto a carico dell’acquirente successivo, ai sensi dell’art. 2650, primo comma; ma se, ai sensi dell’art. 2650, secondo comma, la continuità viene ripristinata, le successive trascrizioni o iscrizioni producono effetto secondo il loro ordine rispettivo”.

Altrimenti detto, la continuità delle trascrizioni – da intendersi qui in senso logico e non cronologico – può essere ripristinata anche ex post, nel corso del processo esecutivo, dal creditore che vi abbia interesse, purché vi sia un atto trascrivibile (aspetto che, nel caso dell’acquisto mortis causa, potrebbe rendere più complicata la vicenda, in quanto in mancanza si dovrà procedere in ambiente extraesecutivo a procurare l’accertamento della qualità di erede in capo all’esecutato[21]).

Nel caso che qui interessa è indubbio:

1) che vi è un atto trascrivibile “a favore” del trustee (l’atto costitutivo del trust stesso, in ipotesi illo tempore trascritto, secondo la prassi sopra richiamata, “a favore” del trust e non del trustee);

2) la trascrizione di tale atto è funzionale a garantire, dal punto di vista meramente formale, indubbia essendo la provenienza in senso sostanziale del bene pignorato, il ripristino della continuità delle trascrizioni al fine di rendere stabile l’acquisto dell’aggiudicatario e, quindi, come rilevato dalla pronuncia Cass. 27.1.2017, n. 2043, onde evitare di “riversare sul potenziale incolpevole aggiudicatario un’interminabile serie di problemi particolarmente complessi”;

3) la trascrizione può essere domandata dal creditore procedente (e disposta dal G.E.) nel corso del processo esecutivo;

4) il Conservatore dei R.I. deve procedere a tale trascrizione posto che, senz’altro, vi è uniformità tra titolo (l’atto costitutivo) e nota (di trascrizione di quell’atto al fine sopra indicato).

La proposta ricostruttiva di cui sopra dovrebbe consentire di superare l’empasse ipotizzato consentendo al tempo stesso:

  1. a) la corretta individuazione in sede di pignoramento del soggetto passivo dell’esecuzione (che non può essere il trust, in quanto privo di soggettività);

  2. b) la corrispondenza formale, seppure procurata ex post, tra il soggetto “a favore” del quale è trascritto il trasferimento dei diritti immobiliari costituiti in trust ed il soggetto “contro” il quale è trascritto il pignoramento, al fine di garantire all’aggiudicatario (la trascrizione del cui acquisto pure avverrà contro il trustee) un acquisto stabile e, soprattutto, onde evitare che sorgano problemi in sede di trascrizione del decreto di trasferimento.


[1] In Giur. It., 2014, 1915, con nota di Corsini, L’espropriazione forzata immobiliare (erroneamente) proposta contro il trust in persona del trustee.

Nel provvedimento del G.E., a sostegno dell’idea che il trust sia un rapporto giuridico e non un soggetto di diritto vengono richiamati i seguenti precedenti della giurisprudenza di merito: Trib. Reggio Emilia, 14.3.2011; Trib. Reggio Emilia, 6.3.2010; Trib. Voghera, 25.2.2010. Quanto alla giurisprudenza di legittimità vengono richiamate, tra le altre: Cass. 20.12.2012, n. 23584, ove si chiarisce che la disciplina tributaria [qui rappresentata dall’art. 73 d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 - c.d. TUIR - che assoggetta all'imposta sul reddito delle società, oltre agli enti pubblici e privati diversi dalle società, “i trust residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale”; mentre la lett. d) della medesima norma si riferisce alle società ed agli “enti di ogni tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica”] non incide sui profili civilistici dell’istituto; Cass. S.U., 22.12.2011, n. 28363, in materia di sanzioni per violazioni al Codice della strada, ove si è precisato che “il giudice di pace ha correttamente rilevato che la contravvenzione è stata elevata alla [OMISSIS] quale proprietaria e trustee e che, mancando al trust personalità giuridica, proprio il trustee (…) era responsabile dell’infrazione in quanto proprietaria”; ciò in quanto “il trust non è dotato di una propria personalità giuridica e il trustee è l’unico soggetto di riferimento: nei rapporti con i terzi interviene il trustee che non è il legale rappresentante del trust, ma colui che dispone del diritto”.

[2] Trib. Reggio Emilia, 10.6.2013, in Giur. It., 8-9, 2014, 1913, con nota di Corsini, L’espropriazione, cit..

[3] Campione, Il pignoramento immobiliare eseguito nei confronti del trust: profili sostanziali e processuali, in Nuova Giur. Civ., 2013, 10, 1089.

[4] Oltre al ricordato art. 73 TUIR (in relazione al quale vale quanto sopra osservato), si ricordano: l’art. 5, n. 6, Reg. (CE) 22 dicembre 2000, n. 44/2001 che detta uno speciale criterio di competenza giurisdizionale, disponendo che una persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro possa essere convenuta nella sua qualità di fondatore, trustee o beneficiario “davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio il trust ha domicilio”; l’art. 60, comma 3, Reg. (CE) n. 44/2001 che prevede che il giudice, al fine di definire “se un trust ha domicilio nel territorio di uno Stato membro”, deve applicare le disposizioni di diritto internazionale privato del proprio ordinamento; nel nostro ordinamento, invece, il d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, in materia di riciclaggio, espressamente assimila il trust ad altri “soggetti giuridici analoghi”.

Come rilevato da Corsini, op. cit., in altri casi “a volte sono le leggi nazionali regolatrici del trust che fanno riferimento all'atto ‘costitutivo’ od ‘istitutivo’ del trust [onde in appresso si parlerà talvolta di atto costitutivo ma solo in senso atecnico, come denotato dall’utilizzo del corsivo, n.d.s.], come se si trattasse di una società o di una associazione, ovvero che permettono di attribuire al trust una specifica denominazione e, addirittura, di registrare un bene a suo nome. In altri casi, si prevede che il patrimonio in trust sia separato da quello del disponente, del trustee e del beneficiario e viene stabilito che, su di esso, nessuno di tali soggetti ha un diritto reale, lasciando quindi implicitamente intendere che il patrimonio abbia una propria autonoma soggettività”.

[5] Riguardo alla dottrina italiana v. almeno Lupoi, Profili processuali del trust, in Trusts, 2009, 166; Graziadei, voce Trusts nel diritto angloamericano, in Digesto Comm., Torino, 1999, XVI, 258; Gambaro, Problemi in materia di riconoscimento degli effetti dei trusts nei paesi di civil law, in Riv. Dir. Civ., 1984, I, 101; riguardo a quella straniera v. per tutti Watt, Trusts and equity, Oxford, 2010, 55-56; Scott, Fratcher, Ascher, Scott and Ascher on Trusts, New York, 2006, 62 e ss..

[6] Su cui v. almeno i seguenti commenti: Graziadei, Soggettività del trust e natura dell’attribuzione al trustee, in Notariato, 2017, 3, 262; Cirla, Il pignoramento di un immobile in trust deve essere eseguito nei confronti del trustee e non del trust, in Condominioelocazione.it, 2017, 5; Paganini, Rilevabile d’ufficio dal giudice dell’esecuzione l’inesistenza del debitore esecutato, in Diritto & Giustizia, 2017, 16, 5. L’orientamento della Corte di Cassazione risulta seguito dalla giurisprudenza di merito successiva: v. Trib. Mantova, 9.2.2018, in Trusts, 2018, 5, 528, con commento di Mafficini, Esecuzione su bene ipotecato in trust.

[7] Sulla chiusura anticipata del processo esecutivo, v. per tutte Cass. 10.5.2016, n. 9501/o..

[8] Si tratta di Cass. 8.2.2019, n. 3709, relativa alla materia dei sequestri e delle confische c.d. antimafia (nel regime previgente al d.lgs. n. 159 del 2011), ove si legge: “una delle componenti che concorre in modo significativo all'efficienza delle vendite giudiziarie è rappresentata dalla tutela dell'aggiudicatario. Infatti, la partecipazione ad un'asta giudiziaria sarà tanto più ‘appetibile’, quanto minori siano le incertezze in ordine alla stabilità degli effetti dell'aggiudicazione. La prospettiva di un acquisto stabile e sicuro attira un più elevato numero di partecipanti all'asta e determina una più animata competitività nella gara, e quindi, si traduce, in ultima analisi, in un maggior ricavo in minor tempo. Sebbene l'aggiudicatario non vanti sul bene espropriato un diritto soggettivo pieno, quanto piuttosto un'aspettativa, questa non è di mero fatto, bensì di diritto. Infatti, in capo all'aggiudicatario deve essere ravvisato un affidamento qualificato sulla stabilità della vendita giudiziaria, come si ricava dall'art. 187 bis disp. att. c.p.c. e dalla L. Fall., art. 18 (v. Sez. U, Sentenza n. 21110 del 28/11/2012, Rv. 624256). Persino dopo l'estinzione o la chiusura anticipata del processo esecutivo, l'aggiudicatario ha diritto al decreto di trasferimento. Per tali ragioni questa Corte ha ravvisato in capo all'aggiudicatario uno speciale ius ad rem (condizionato al versamento del prezzo), rispetto al quale è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede a carico dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato (Sez. 3, Sentenza n. 14765 del 30/06/2014, Rv. 631577). Il favor legis di cui gode l'aggiudicatario, anche provvisorio, non trova la propria giustificazione nell'esigenza di tutela di una posizione giuridica individuale, bensì nell'interesse generale - di matrice pubblicistica - alla stabilità degli effetti delle vendite giudiziarie, quale momento essenziale per non disincentivare la partecipazione alle aste e quindi per garantire la fruttuosità delle stesse, in ossequio del principio costituzionale di ragionevole durata del processo (…)”.

[9] Viene citata Cass. 7.6.2013, n. 14440.

[10] Come rilevato da Muritano, Conflitti giurisprudenziali in tema di trascrizione del trust, in Trusts, 2014, 4, 361, spec. in nota 10, “la possibilità di trascrivere soltanto ‘contro’ si ricava dalla norma (art. 2647 c.c.) in tema di trascrizione dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale con riserva di proprietà in capo al costituente, nonché dall’art. 2645-ter c.c.”. In tema si segnala anche la Circolare dell’allora Agenzia del territorio (n. 5/2006), che ammette la trascrizione del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. soltanto contro il disponente.

[11] Corapi, Sul trust interno autodichiarato, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, 6, 801.

[12] Si tratta di Trib. Torino, 20.2.2011/d., in Trusts, 2011, 627, ed in Notariato, 2011, 2, 408, con nota di Stefani. Cfr. anche, in senso adesivo, Parisi, Trascrizione a favore del trust: l’uovo di Collombo?, in Trusts, 2011, 608 e di Trib. Torino, 10.3.2014/d., in Trusts, 2014, 361, su cui v. Muritano, Conflitti, cit..

In senso contrario, v. Corte App. Napoli, 27.5.2004, oltre ai già citati provvedimenti del Trib. Reggio Emilia nonché a Cass. 27.1.2017, n. 2043.

[13] Vedi diffusamente Muritano, Conflitti, cit..

[14] Ibidem.

[15] Così Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2013, 284-285. Da altri si è detto che la trascrizione in questione avrebbe efficacia di pubblicità-notizia: Baralis, Pubblicità immobiliare e condominio dopo la legge di riforma, in Giur. It., 2013, 1959 e ss.

[16] Muritano, Conflitti, cit..

[17] Cass. 15.7.2010, n. 16605, in Foro it., 2011, 6, I, 1853, con nota di Pellegatta, secondo cui “i fondi comuni d'investimento (nella specie, fondi immobiliare chiusi), disciplinati nel d.lg. n. 58 del 1998, e succ. mod., sono privi di un'autonoma soggettività giuridica ma costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio; pertanto, in caso di acquisto nell'interesse del fondo, l'immobile acquistato deve essere intestato alla società promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia”.

[18] Ibidem.

[19] Ibidem.

[20] Su tale pronuncia v. Leuzzi, Note su espropriazioni immobiliari e acquisti mortis causa, in www.inexecutivis.it.

[21] Su questi profili (ed in specie sulla “sorte” del processo esecutivo nelle more dello svolgimento del giudizio di accertamento riguardo alla qualità di erede, da intraprendere e coltivare in separata sede), sia consentito il rinvio al mio Onere della prova e processo esecutivo: gli opposti si attraggono?, relazione al Corso P18011 su Le prove civili: onere della prova, attività istruttoria e valutazione del giudice, tenuta presso la Scuola superiore della magistratura in data 15.2.2018, reperibile sul sito della medesima Scuola.

Post recenti
Archivio

Seguici

  • Facebook Basic Square
  • Twitter Basic Square
  • Google+ Basic Square
bottom of page