google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M Ammissibile l’azione di risoluzione, anche se il bene venduto è stato riparato
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Ammissibile l’azione di risoluzione, anche se il bene venduto è stato riparato


Nel caso in cui il bene venduto non sia conforme al contratto, è consentito al consumatore chiedere in un primo momento la sostituzione ovvero la riparazione del bene, e solo qualora ciò non sia possibile, ovvero sia manifestamente oneroso, è legittimato ad avvalersi dei cd. rimedi secondari, che non sono altro che la riproposizione in materia consumeristica delle tradizionali azioni edilizie. A confermarlo è la Cassazione con ordinanza 26 agosto 2022, n. 25417. PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI:

Difformi:Non si rinvengono precedenti in terminiS. ricorre per la cassazione della sentenza n. 829/2019 della Corte d’Appello di Trieste, pubblicata il 18 dicembre 2019, articolando tre motivi. A.S. espone: i) di avere acquistato, in data 31.8.2011, dalla Motocicli Speciali S.r.L. il motociclo Norton Commando 961 Sport, al prezzo di euro 16.550,00, pagando subito euro 3.310,00 e versando, in data 11.3.2013, altri euro 13.674,63 (anziché euro 13.240,00, a causa dell’aumento iva dal 20 al 21%); ii) di aver ricevuto la moto solo in data 26 aprile 2013; iii) di avere immediatamente riscontrato problematiche di vario tipo che lo costringevano a ricorrere ripetutamente alle officine autorizzate per le riparazioni; iv) di essere caduto rovinosamente dalla moto in data 17 agosto 2014, mentre percorreva la stradale SS13 nel comune di Gemona del Friuli, a causa dell’improvvisa rottura del cambio; v) di avere quindi convenuto in giudizio la venditrice, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento, la restituzione di quanto pagato ed euro 7.000,00 a titolo risarcitorio.La Corte d'Appello di Trieste, con la decisione oggetto dell’odierno ricorso, investita del gravame da M. S., ha accolto l’appello e per l’effetto ha riformato la sentenza di prime cure e condannato A.S. al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio. La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata. In particolare, i Supremi Giudici hanno osservato che la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza secondo cui «Nella disciplina consumeristica il legislatore, nell'ottica di dare risalto al principio di conservazione del contratto, ha optato per una gerarchia dei rimedi a tutela del consumatore, distinguendo rimedi primari e rimedi secondari, e imponendo al consumatore di attenersi a tale gerarchizzazione, ma lasciandolo libero di scegliere il rimedio per lui più conveniente, una volta rispettato l'ordine dei rimedi in via progressiva»; è pacifico che nel caso di specie la motocicletta non era conforme al contratto, pertanto, era consentito al consumatore chiedere «in un primo momento la sostituzione ovvero la riparazione del bene, e solo qualora ciò non sia possibile, ovvero sia manifestamente oneroso, è legittimato ad avvalersi dei cd. rimedi secondari, che non sono altro che la riproposizione in materia consumeristica delle tradizionali azioni edilizie». E’ proprio la previsione della subordinazione di una classe di rimedi ad un'altra che impedisce di ritenere che essi siano alternativi, in quanto l'unico onere imposto al consumatore è che egli si avvalga prima dei rimedi primari e, solo una volta che questi si rivelino inidonei a risolvere il problema, dei cosiddetti rimedi secondari; d'altra parte, che la scelta di un rimedio non comporti la preclusione per il consumatore di avvalersi successivamente degli altri si ricava agevolmente dalla lettura della norma evocata, la quale stabilisce al comma 7 che «il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 6; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore». Ciò dimostra la progressività dei rimedi predisposti dal legislatore a tutela dell'acquirente. Alla luce di quanto esposto il Collegio ritiene che la Corte d'Appello non abbia fatto una corretta applicazione dell’art. 130, comma 7 codice del consumo, non avendo accolto la richiesta di risoluzione del contratto, pur essendo risultato che i vari tentativi di riparazione inizialmente compiuti non si erano rivelati idonei a porre rimedio al difetto di conformità oggettivamente ricorrente, non potendosi dubitare che la moto era stata sottoposta a numerosi interventi di riparazione sicché, tenuto conto della natura e dello scopo per cui era stata acquistata (recarsi al lavoro) dovesse ritenersi superato «ogni limite di ragionevolezza» anche in relazione agli «intuibili disagi sopportati dall'acquirente». Ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto. Esito Cassa con rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Trieste n. 829/2019, depositata il 18/12/2019. Riferimenti normativi Art. 130, co. 7, Codice del Consumo

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