google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M SINISTRO MORTALE TRASMISSIONE DEL RISARCIMENTO DEL DANNO AI FAMIGLIARI
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SINISTRO MORTALE TRASMISSIONE DEL RISARCIMENTO DEL DANNO AI FAMIGLIARI

Risarcimento del danno in caso di sinistro mortale: trasmissibilità iure hereditatis ai superstiti

Il Tribunale di Genova riconosce il risarcimento del danno sia biologico che morale in capo alla vittima di un sinistro come spettante iure proprio, e quindi trasmissibile iure hereditatis ai superstiti, sia che l’evento morte consegua a considerevole distanza di tempo sia che intervenga dopo breve agonia.

La sentenza in rassegna si inserisce nel lungo e travagliato iter giurisprudenziale in tema di danno tanatologico che sino alle recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione ha tenuto desto un acceso dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza.

La vicenda trae origine dal tragico incidente stradale occorso ad un giovane motociclista, investito con esito mortale da un’autovettura che azzardatamene aveva tentato il sorpasso della colonna di veicoli che la precedevano invadendo la corsia di marcia opposta.

Dalla pronuncia si può evincere il rilievo concreto che debbono assumere gli istituti del “danno evento” e del “danno conseguenza” aldilà delle costruzioni dogmatiche: ogni fatto concreta invero delle conseguenze e queste debbono essere prese in considerazione al fine di parametrare la liquidazione del risarcimento, fungendo da “medio logico” tra questo e l’“evento” stesso.

In secondo luogo il Tribunale evidenzia come sia necessario per l’interprete considerare partitamente nella loro essenza ontologica tali conseguenze, sì da realizzare l’effettività e la completezza del risarcimento stesso e, nel contempo, evitare la duplicazione delle poste risarcitorie.

Suggerisce pertanto come preferibile il metodo analitico di liquidazione del danno che le SS.UU. del 11 novembre 2008, n.° 26972, non risultano aver espunto dalla realtà giuridica pur avendo definitivamente sancito la dicotomia “danno patrimoniale” / “danno non patrimoniale” e l’unitarietà di quest’ultimo. Ritiene quindi utile la differenziazione tra “danno biologico” e “danno morale”, inteso quale “sofferenza individuale non patologica”.

Fatte queste premesse il Tribunale di Genova afferma in tema di attribuzione del risarcimento del danno ai superstiti “iure hereditatis” che: 1) in caso di morte intervenuta a considerevole distanza di tempo dall’illecito, il danno non patrimoniale (nella componente “biologica”) alla persona della vittima da devolversi agli eredi si deve calcolare con riferimento all’ordinario sistema tabellare e con primario riferimento all’invalidità temporanea, salvo adeguamento per via delle conseguenze "morali" in caso di consapevolezza del periculum vitae; 2) in caso di breve agonia il danno non patrimoniale (ancora nell’accezione “biologica”) concretato dalla compromissione dell’integrità fisica può calcolarsi equitativamente e la componente “morale” del danno stesso deve anche in tal caso considerare il dato del carattere cosciente o meno dell’agonia; 3) in caso di morte istantanea non vi è danno non patrimoniale (“biologico” o “morale”) liquidabile.

La soluzione appare condivisibile.

In caso di morte istantanea è evidente come nessuna voce di danno sia configurabile in capo alla vittima in quanto la morte non costituisce la massima lesione del diritto alla salute, ma incide sul diverso bene, per quanto assoluto, della vita. Non sussiste di conseguenza danno risarcibile.

Diverso il caso di temporanea sopravvivenza della vittima stessa.

In tale frangente, conformemente alla sentenza in commento, non si vede perché debba distinguersi tra l’ipotesi della morte intervenuta dopo breve agonia o dopo considerevole lasso di tempo: in entrambi i casi vi può essere sia invalidità temporanea che, contemporaneamente, coscienza o meno dell’esito letale.

Se nella seconda ipotesi sono pertanto congiuntamente liquidabili il danno non patrimoniale (nella sua componente “biologica”) connesso a tale invalidità (secondo i parametri tabellari in uso) e il danno non patrimoniale (nella sua componente “morale”) connesso alla sofferenza non patologica indotta dalla coscienza dell’imminente fine della propria esistenza, non si vede perché non ritenere tale cumulo possibile anche nella prima ipotesi e qui configurare invece il danno non patrimoniale esclusivamente nella sua componente “morale”.

La sola differenza appare in quest’ultimo caso essere l’impossibilità di parametrare li risarcimento ai criteri tabellari; sovviene pertanto, come correttamente ritenuto nella pronuncia del tribunale ligure, il criterio equitativo.

Il problema, a questo punto, potrebbe essere quello di identificare in concreto la soglia temporale atta a ritenere l’agonia breve o meno; con riferimento ai parametri tabellari più volte citati potrebbe tuttavia ritenersi plausibile, a nostro modesto avviso, fare riferimento all’unità temporale minima prevista per il computo dell’invalidità temporanea: questa unità, se attinta, consentirà la liquidazione secondo i parametri stessi; se non attinta indurrà la valutazione equitativa.

A parte starà poi la componente morale connessa alla eventuale coscienza del periculum vitae da parte della vittima, senza duplicazione alcuna di poste risarcitorie.

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