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Lesioni personali procedibili a querela: salvo eccezioni, è sempre competente il giudice di pace



Le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione con la sentenza 28 marzo 2024, n. 12759 hanno dato risposta al seguente quesito: «Se la competenza per materia per il delitto di lesioni personali comportanti una malattia di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, dopo le modifiche introdotte dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, permanga in capo al tribunale ovvero sia stata attribuita al giudice di pace».

Cassazione penale, Sez. Un., sentenza 28 marzo 2024, n. 12759

La soluzione

Appartiene al giudice di pace, dopo l'entrata in vigore delle modifiche introdotte dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la competenza per materia in ordine al delitto di lesione personale, nei casi procedibili a querela, anche quando comporti una malattia di durata superiore a venti giorni e fino a quaranta giorni, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall'ordinamento.

 

I precedenti

In tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenute procedibili a querela per effetto dell'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sussiste la competenza per materia del giudice di pace, dovendo il mancato coordinamento di tale disposizione con quella di cui all'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, essere risolto attraverso l'interpretazione estensiva di tale ultima disposizione, conformemente alla volontà del legislatore riformatore di estendere la competenza della predetta autorità giudiziaria a tutti i casi di lesioni procedibili a querela.

In tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenute procedibili a querela per effetto dell'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sussiste la competenza per materia del giudice di pace, dovendo il mancato coordinamento di tale disposizione con quella di cui all'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, essere risolto riferendo quest'ultima disposizione alle ipotesi di lesioni personali procedibili a querela indicate nello stesso art. 4 cit., con l'eccezione delle ipotesi riservate al tribunale in forza della sentenza n. 236/2018 della Corte costituzionale.

In tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, permane, anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la competenza del tribunale.

Il caso e la questione di diritto

Con sentenza del 2 marzo 2023 la Corte di appello di L’Aquila aveva confermato la condanna alla pena di sei mesi di reclusione irrogata a L.A. dal Tribunale di Pescara per il reato di lesioni personali commesso ai danni di R.L. il 3 settembre 2016, lesioni da cui derivava alla vittima una malattia nel corpo giudicata guaribile in trenta giorni.

Nel proporre ricorso per cassazione, il difensore aveva contestato la sussistenza del fatto e in ogni caso di esserne l’autore.

Investita del ricorso, la Quinta Sezione penale aveva rilevato l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione, rilevabile d’ufficio, relativa alla individuazione del giudice competente per materia (giudice di pace o tribunale) a conoscere del delitto di lesioni personali di cui all’art. 582 c.p. quando la malattia che ne deriva sia superiore a venti giorni ma non a quaranta e il reato sia perseguibile a querela.

Tale questione origina dal fatto che l'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000 (che detta disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace) attribuisce al giudice di pace la competenza per i delitti consumati o tentati previsti dall'articolo «582 [c.p.], limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, secondo comma, [c.p.,] ovvero contro il convivente». Prima della cd. Riforma Cartabia l’art. 582, secondo comma, c.p. prevedeva le fattispecie di lesione personale perseguibili a querela, e le limitava, tra l'altro, a quelle comportanti una malattia di durata non superiore ai venti giorni. L'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 150/2022, ha modificato l'art. 582 c.p., disponendo, al primo comma, in via generale, che il reato di lesione personale è perseguibile a querela, e indicando, al secondo comma, le eccezioni per le quali la procedibilità è di ufficio.

Il contrasto nasceva dal mancato coordinamento tra le due norme, sicché, con ordinanza del 10 ottobre 2023, la Quinta Sezione aveva rimesso il ricorso alle Sezioni Unite.

La giurisprudenza precedente

Secondo un primo orientamento sussiste la competenza del giudice di pace per il delitto di lesioni personali anche nel caso di malattia di durata superiore a venti ma non eccedente i quaranta giorni, sempre che il reato sia perseguibile a querela a norma dell'art. 582 c.p., nel testo vigente per effetto della modifica recata dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 150/2022. Questo indirizzo ricorre espressamente ad una interpretazione estensiva, o "parzialmente analogica", dell'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000, e richiama a proprio fondamento:

1) le finalità dell'intervento normativo di cui al D.Lgs. n. 150/2022, come esplicitato anche nella relazione illustrativa, dirette (anche) a deflazionare il carico del giudice togato;

2) la persistente vigenza del D.Lgs. n. 274/2000, istitutivo della competenza penale del giudice di pace;

3) l’implausibilità, in termini generali, della tesi secondo cui, nel contesto di un rapporto di rinvio mobile tra due disposizioni di legge, la mera modifica della disposizione richiamata, in assenza di ulteriori elementi normativi, possa comportare un effetto abrogativo della disposizione rinviante.

Un secondo orientamento, invece, fa leva sull'interpretazione letterale del combinato disposto del "nuovo" art. 582, comma 2, c.p., e dell'art. 4D.Lgs. n. 274/2000 per effetto del quale al giudice di pace non è rimasta alcuna competenza in materia di lesioni personali, poiché le ipotesi di questo reato perseguibili a querela sono ora previste tutte nel primo comma dell'art. 582 c.p., ossia in una disposizione estranea a quella richiamata dall'art. 4 cit. Questo indirizzo, richiamando il costante insegnamento della giurisprudenza delle Sezioni Unite e della Corte costituzionale, osserva che il tenore letterale dell'art. 4 cit. costituisce il limite di ogni altro metodo ermeneutico, ivi compreso quello dell'interpretazione estensiva, e non può essere superato nemmeno dalla volontà del legislatore espressa nella Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo.

Con decreto del 19 ottobre 2023, la Prima Presidente aveva assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali fissando per la trattazione l’udienza pubblica del 14 dicembre 2023

La decisione delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite aderiscono al primo orientamento.

Il massimo consesso, richiamata la propria costante giurisprudenza e quella del Giudice delle leggi, ribadisce la fondamentale importanza del criterio ermeneutico della interpretazione letterale che costituisce un limite invalicabile anche qualora si proceda ad una interpretazione estensiva, e che non può essere in alcun modo superato mediante il richiamo ai lavori preparatori o alla Relazione illustrativa.

Le Sezioni Unite ricordano, al riguardo, l’insegnamento di Cass. pen., Sez. Un., 27/5/2016, n. 22474, P., secondo cui «l’intenzione del legislatore deve essere "estratta" dall'involucro verbale ("le parole"), attraverso il quale essa è resa nota ai destinatari e all'interprete», essendo fuor di dubbio «che detta intenzione non si identifichi con quella dell'Organo o dell'Ufficio che ha predisposto il testo, ma vada ricercata nella volontà statuale, finalisticamente intesa».

L’unico criterio consentito dal legislatore per superare il dato letterale è quello costituito dalla interpretazione analogica, espressamente prevista dall’art. 12 preleggi come strumento utilizzabile, anche nel diritto processuale penale, quando sussista una effettiva ed ingiustificata lacuna dell’ordinamento che impedisca al giudice di decidere in base ad una disposizione precisa.

Sennonché, annotano le Sezioni Unite, nel caso in questione non vi è alcun vuoto di disciplina poiché la materia è specificamente disciplinata dall’art. 6 c.p.p. che contiene una disposizione generale di “chiusura” secondo la quale «il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza della corte di assise o del giudice di pace».

La fedeltà al dato testuale della norma che innerva il dovere di privilegiarne l’interpretazione letterale non esclude però l’interpretazione sistematica che consiste nell’esame coordinato della singola disposizione con altre previsioni di pari rango, anche allo specifico fine di individuare il significato e l'ambito applicativo di ciascuna di esse, se siano tutte riferite alla disciplina dell'identica vicenda, e se si pongano in reciproci rapporti di interferenza.

Appartiene al concetto di interpretazione sistematica anche l’operazione di raccordo della norma con la fonte della sua legittimazione, in particolare, della norma contenuta nella legge delegata con i principi e i criteri direttivi posti dalla legge delega. Sicché - ricordano le Sezioni Unite richiamando giurisprudenza della Corte costituzionale - le disposizioni del decreto delegato vanno lette, ove possibile, nel significato compatibile con detti principi e criteri, i quali a loro volta vanno interpretati avendo riguardo alla ratio della legge delega, per verificare se la norma delegata sia con questa coerente. La discrezionalità del legislatore delegato, il quale è chiamato a sviluppare, e non solo ad eseguire, le previsioni della legge di delega, deve essere inquadrata entro questa cornice unitaria emergente dalla delega, interpretata in chiave anche sistematica e teleologica (Corte cost., sent. n. 182/2018; Corte cost., sent. n. 250/2016; Corte cost., sent. n. 229/2014).

Secondo queste coordinate ermeneutiche l’art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000 (che, come detto, attribuisce al giudice di pace la competenza per i delitti consumati o tentati previsti dall'articolo 582 c.p. limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, secondo comma, ovvero contro il convivente) deve essere letto unitamente all’art. 15, comma 1, legge (delega) 24 novembre 1999, n. 468, che ha espressamente devoluto al giudice di pace la competenza a conoscere del reato di cui all’art. 582, comma 2, c.p., quando procedibile a querela: «Al giudice di pace è devoluta la competenza per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale: [ ... ] 582, secondo comma (lesione personale punibile a querela della persona offesa); [ ... ]».

Dal dato letterale di questa disposizione sembra ragionevole alle Sezioni Unite evincere che la volontà espressa dal legislatore delegante fosse quella di attribuire alla cognizione del giudice di pace tutti i delitti di lesione personale punibile a querela della persona offesa.

Questo il ragionamento seguito:

-  l'art. 582, comma 2, c.p. risulta richiamato, nel testo dell'art. 15, comma 1, cit., come "sinonimo" dell'espressione "delitti di lesione personale punibile a querela della persona offesa", e non come elemento di ulteriore delimitazione all'interno di tale categoria di reati;

-  il collegamento dei due sintagmi è effettuato dalla legge delega senza congiunzione verbale, ma mediante una parentesi;

-  alla data di entrata in vigore della L. n. 468/1999, le due espressioni avevano l'identico significato, perché i delitti di lesione personale punibile a querela della persona offesa erano tutti, esaustivamente, previsti dall'art. 582, comma 2, c.p. (tale situazione, annotano le Sezioni Unite, è rimasta immutata fino al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma dell'art. 582 c.p. recata dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150);

-  l'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000, nella parte di specifico interesse, nella sua originaria versione emanata in attuazione della delega prevedeva che il giudice di pace è competente per i delitti consumati o tentati previsti dall'articolo «582 [c.p.], limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, [ ... ]»;

-  successivamente, a questo sintagma, in forza della riforma recata dal D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, sono state aggiunte le ulteriori parole: «ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, secondo comma, [c.p.,] ovvero contro il convivente, [ ... ]». Su questo testo, poi, è intervenuta la dichiarazione di illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 236/2018, nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582, comma 2, c.p., per fatti commessi contro i soggetti elencati al numero 1) del primo comma dell'art. 577 c.p., come modificato dall'art. 2, L. 11 gennaio 2018, n. 4;

-  il testo dell'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. cit., se letto isolatamente, potrebbe apparire diretto a circoscrivere la competenza del giudice di pace ai delitti consumati o tentati previsti dall'articolo 582 c.p., limitatamente alle fattispecie che siano, insieme, contemplate nel secondo comma di questa disposizione, nonché perseguibili a querela di parte;

-  la prospettiva muta se si tengono presenti sia la volontà obiettivamente desumibile dalla legge delega, sia il contesto normativo vigente all'epoca dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 274/2000 (e fino al 30 dicembre 2022): le fattispecie di lesione personale perseguibili a querela di parte erano tutte, esaustivamente, indicate nel secondo comma dell'art. 582 c.p.;

-  proprio perché, (anche) all'epoca dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 274/2000, le fattispecie di lesione personale perseguibili a querela di parte erano tutte indicate nel secondo comma dell'art. 582 c.p., appare ragionevole escludere che il legislatore delegato abbia voluto discostarsi dalle indicazioni della legge delega sulla competenza del giudice di pace in ordine a tale tipologia di delitto, per ridurne o circoscriverne l'ambito applicativo.

Di qui la conclusione secondo cui è possibile ritenere compreso nel perimetro del dato testuale del combinato disposto risultante dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000, e dall'art. 15, comma 1, L. n. 468/1999, il significato secondo cui il giudice di pace è competente per tutti i delitti di lesione personale, consumati o tentati, quando la procedibilità per gli stessi sia a querela, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall'ordinamento.

In ultima analisi, la necessità di coordinare il testo dell’art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000, con l’art. 15, comma 1, della legge delega impone una interpretazione “restrittiva” della fonte delegata che faccia riferimento esclusivamente ai delitti di lesione personale, consumati o tentati, perseguibili a querela di parte, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall’ordinamento (le Sezioni Unite ricordano, al riguardo, che l’interpretazione restrittiva, quale canone ermeneutico utilizzabile quando lex plus dixit (o minus dixit) quam voluit è espressamente riconosciuto da Cass. pen., Sez. Un., 13/10/2022, n. 38810, B.).

L’interpretazione sistematica degli artt. 4D.Lgs. n. 274/2000 e 15 L. n. 468/1999 esclude inoltre che il rinvio operato dall’art. 4 all’art. 582, comma 2, c.p., sia fisso (o "materiale", o "statico", o “recettizio”).

Al riguardo le Sezioni Unite ricordano, sulla scorta della giurisprudenza della Corte costituzionale e delle stesse Sezioni Unite, anche civili, che il rinvio fisso o recettizio è considerato una figura residuale dalla elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. Sicché, sulla premessa che il rinvio recettizio «è ravvisabile soltanto quando la volontà del legislatore di recepire mediante rinvio sia espressa oppure sia desumibile da elementi univoci e concludenti», non essendo sufficiente rilevare che una fonte ne richiama testualmente un'altra (così, tra le tante, in particolare, Corte cost., sent. n. 258/2014, e Corte cost., sent. n. 80/2013), le Sezioni Unite osservano che né l'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000, né l'art. 15, comma 1, L. n. 468/1999 contengono elementi univoci e concludenti per far ritenere che il richiamo all'art. 582, comma 2, c.p. sia effettuato proprio all'art. 582, comma 2, c.p. nel testo vigente alla data del 30 dicembre 1999, ossia alla data di entrata in vigore della L. n. 468/1999, o alla data del 2 gennaio 2022, o, ancora, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 274/2000. Non risulta, insomma, un dato obiettivamente indicativo della volontà del legislatore che ha istituito la competenza penale del giudice di pace, di "cristallizzare" quest'ultima con riguardo al reato di lesione personale esattamente in relazione ai fatti che l'ordinamento prevedeva come procedibili a querela in quel preciso momento storico, e, quindi, in termini assolutamente impermeabili a qualunque successiva modifica di tale disciplina, quand'anche fosse stata tutta "interna" al secondo comma dell'art. 582 c.p.

Ulteriore argomento a favore dell’orientamento avallato dalle Sezioni Unite è costituito dal fatto che l’orientamento disatteso priverebbe di efficacia l’art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 274/2000, nella parte in cui fa riferimento all'articolo 582 c.p., con la paradossale conseguenza della perdita della competenza penale del giudice di pace per tutti i delitti di lesione personale, in evidente controtendenza rispetto alla volontà del legislatore di ampliare l'area della procedibilità a querela per tale delitto e alla scelta normativa di estendere l'applicazione di un regime di procedibilità che l'ordinamento ritiene particolarmente adatto per selezionare le fattispecie da assegnare al giudizio del giudice di pace, siccome organo preposto ad amministrare un modello di giurisdizione volto alla composizione del dissidio individuale, consacrato in modo formale dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 274/2000, che funzionalizza il procedimento all'obiettivo della conciliazione delle parti.

Altro argomento, di non minore importanza, è quello che fa leva sulla considerazione che l’esclusione della competenza del giudice di pace per il delitto di lesione personale non solo non incrementa l'area del ricorso alle sanzioni non carcerarie o detentive, ma addirittura estende l'applicabilità della pena della reclusione a fatti per i quali, da oltre venti anni, la stessa non era più applicabile.

Nè vi è un arretramento della tutela della collettività. La prospettata privazione di efficacia dell'art. 381, comma 2, lett. f), c.p.p. (arresto facoltativo in flagranza in caso di lesione personale prevista dall’art. 582 c.p.), quale conseguenza dell'ampliamento della competenza del giudice di pace non considera l'ampia gamma di fattispecie di lesioni personali devolute alla cognizione del tribunale per le quali è possibile procedere all'arresto facoltativo in flagranza (lesione personale lieve o lievissima commesso in danno di una delle categorie di soggetti elencati all'art. 577, commi primo, n. 1, e secondo, c.p.; lesione personale lieve o lievissima aggravata, alternativamente, ai sensi dell’art. 270-bis.1 c.p., dell’art. 416-bis.1 c.p., dell’art. 604-terc.p.; lesione personale comportante malattia di durata superiore a venti giorni in danno di persona incapace, per età o infermità; lesione personale, indipendentemente dalla durata della malattia, se aggravato a norma degli artt. 61, n. 11-octies, 583 e 585 c.p.).

Si tratta, tra l'altro, anche di ipotesi non aggravate (ad esempio, quelle in danno di incapaci), o aggravate da circostanze non ad effetto speciale (ad esempio, quelle in danno degli esercenti le professioni sanitarie, socio-sanitarie o ausiliarie, ex art. 61, n. 11-octies, c.p., ovvero quelle in danno dei familiari di cui all'art. 577, commi primo, n. 1, e secondo, c.p., ovvero ancora quelle commesse con armi o con sostanze corrosive, oppure da persona travisata o da più persone riunite, a norma dell'art. 585 c.p.).

Di qui l’affermazione del principio di diritto sopra indicato.

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