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Riforma crisi d’impresa: la svolta epocale in materia di esdebitazione







La Legge 19 ottobre 2017, n. 155 (Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza) detta una serie di principi destinati a rinnovare profondamente l’esdebitazione, riplasmandone completamente i contenuti, sia con riferimento ai soggetti che all’ambito oggettivo di applicazione. Ne scaturisce un istituto proteiforme, che costituisce uno dei tratti più significativi di discontinuità con il passato che connota la riforma Rordorf.


Esdebitazione o esdebitazioni?

A seguito dell’approvazione della Legge 19 ottobre 2017, n. 155 (Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza) è ormai in dirittura d’arrivo una riforma organica – e finalmente meditata – del diritto concorsuale. La sistematicità dell’intervento del legislatore emerge già dalla lettura dei principi di legge delega in materia di esdebitazione, ripartiti nell’art. 8 e, con specifico riferimento al sovraindebitamento, nell’art. 9 della Legge n. 155/2017.

L’esdebitazione si armonizza, così, in un sistema che, a seguito dell’introduzione della legge sul sovraindebitamento (l. 27 gennaio 2012, n. 3), vede ormai corrispondere a ciascun soggetto una procedura concorsuale di riferimento. Con la riforma Rordorf, tuttavia, l’esdebitazione supera, dal lato soggettivo, il tradizionale limite che ne relegava l’applicazione alla sola persona fisica, per estendersi anche agli enti, siano essi societari o meno. Anche dal lato oggettivo si assiste ad una diversificazione dei contenuti - sia a livello di requisiti di accesso che a livello di forme procedurali - plasmata sui soggetti che ne sono destinatari. L’eterogeneità dei tratti con i quali il legislatore delegante ridefinisce l’esdebitazione rende, addirittura, dubbio se, in futuro, possa continuare a parlarsi di esdebitazione al singolare o, piuttosto, di esdebitazioni, stante la proteiformità ormai assunta dall’istituto.

La semplificazione procedurale

a) L’abbreviazione dei termini

L’art. 8, lett. a) l. n. 155/2017 indica quale principio indirizzato al futuro legislatore delegato quello di “prevedere per il debitore la possibilità di presentare domanda di esdebitazione subito dopo la chiusura della procedura e, in ogni caso, dopo tre anni dalla sua apertura, al di fuori dei casi di frode o di malafede e purché abbia collaborato con gli organi della procedura.”

Dalla lettura del principio spicca, in primo luogo, l’accelerazione del termine per la presentazione della domanda di esdebitazione e, in particolare, la possibilità di presentare la domanda di esdebitazione dopo tre anni dall’apertura della procedura. La durata di quest’ultima oltre il triennio non pregiudica, quindi, l’accesso all’esdebitazione che può avvenire mentre la procedura è ancora aperta. La finalità è, indubbiamente, quella di recuperare nel circuito economico il debitore, grazie alla definitiva liberazione dai debiti pregressi, anche in una evidente prospettiva di politica sociale che permea la formulazione dei principi di legge delega in materia di esdebitazione. Non si può, tuttavia, ignorare come l’accelerazione del percorso esdebitatorio possa avere ripercussioni anche in relazione ad eventuali richieste risarcitorie per irragionevole durata della procedura concorsuale, ai sensi della c.d. legge Pinto (n. 89/2001). Sul punto il legislatore delegante non indica alcun riferimento e sarà, pertanto, la prassi interpretativa e applicativa ad evidenziare come la mancata presentazione di una domanda di esdebitazione, in presenza dei requisiti di accesso all’esdebitazione (specificati dal futuro legislatore delegato), possa interferire sulla risarcibilità del danno per eccessiva durata della procedura. Occorre, tuttavia, rilevare come il legislatore delegante non operi alcun collegamento tra l’esdebitazione e l’eventuale soddisfazione dei creditori, con la conseguenza che il legislatore delegato potrebbe ben lasciar fermo l’attuale criterio previsto dall’art. 142, co. 2, l.f. della necessaria soddisfazione parziale dei creditori (“L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali.”) e la connessa interpretazione da parte della giurisprudenza. In tale prospettiva assumono, quindi, valenza i tempi di liquidazione dell’attivo (anche alla luce dell’accelerazione delle attività prodromiche alla liquidazione impressa dalla riforma della legge fallimentare attuata con il d.l. n. 83/2015, conv. con modif. l. n. 132/2015, con riferimento all’art. 104-ter l.f.). È pertanto rimessa al legislatore delegato la scelta di ancorare l’esdebitazione dopo il triennio di apertura della procedura a requisiti meramente soggettivi oppure di richiedere anche la soddisfazione parziale dei creditori o, addirittura, una relazione del curatore sulle prospettive di soddisfazione dei creditori in relazione ad attività di liquidazione in corso di svolgimento.

Con riferimento al limite temporale per la presentazione della domanda di esdebitazione il legislatore delegante non indica alcun criterio, con la conseguenza che potrebbe ben essere mantenuto l’attuale termine annuale previsto dall’art. 143 l.f.

Gli ulteriori requisiti richiesti sono costituiti, in positivo, da un atteggiamento collaborativo con gli organi della procedura e, in negativo, dai casi di frode e mala fede, da ritenere, preferibilmente, rilevanti sia se compiuti anteriormente che durante la procedura concorsuale. Sia il requisito della positiva collaborazione con gli organi della procedura che quello dell’assenza di malafede o frode trovano corrispondenza, rispettivamente nelle lettere 1) e 2), da un lato, e 5) dell’art. 142, co. 1, l.f., dall’altro lato. Occorre, tuttavia, rilevare come il riferimento ai casi di frode o di malafede quali possibili cause di esclusione dell’esdebitazione potrebbe, almeno teoricamente, portare il legislatore delegato a restringere l’ambito applicativo dell’istituto più drasticamente di quanto permesso dall’attuale formulazione dell’art. 142, co. 1, n. 5) l.f. il quale prevede che il debitore “non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito.”

La legge delega non detta alcuna previsione con riferimento alla circostanza di aver fruito di altra esdebitazione in precedenza, con la conseguenza che – salvo diversa scelta da parte del legislatore delegato - potrebbe restare fermo il requisito decennale previsto nell’art. 142, co. 1, n. 3) l.f., aprendo così una divaricazione con il diverso regime previsto in materia di sovraindebitamento dall’art. 9, co. 1, lett. f), che lascia un margine operativo più ampio al legislatore delegato (v. infra).

b) Le esdebitazioni di diritto (c.d semplificate) per le insolvenze minori

L’art. 8, lett. b), l. n. 155/2017 prevede di “introdurre particolari forme di esdebitazione di diritto riservate alle insolvenze minori, fatta salva per i creditori la possibilità di proporre opposizione dinanzi al tribunale”.

Dalla lettura del principio di legge delega emergono due importanti innovazioni.

La prima riguarda un’ulteriore accentuazione della semplificazione procedurale. Pur essendo rimessa al legislatore delegato la determinazione del quomodo di tale esdebitazione e del suo presupposto temporale - e, in particolare, se prevedere un termine minimo dall’apertura della procedura come nella lettera a) dell’art. 8 – emerge nitidamente dall’enunciazione del principio di legge delega che il contraddittorio con i creditori nell’ipotesi di esdebitazione di diritto sarà posticipato e meramente eventuale. Il richiamo al diritto di opposizione sembrerebbe presupporre la necessaria comunicazione ai creditori dell’avvenuto verificarsi dell’esdebitazione. Il problema, tuttavia, non è tanto quello relativo al quomodo della comunicazione (essendo ormai invalso il ricorso alle comunicazioni a mezzo pec a seguito delle riforme del 2012), quanto piuttosto dell’ubi consistam di tale eventuale comunicazione (un provvedimento giudiziale di mero accertamento?). Al momento sono possibili delle mere ipotesi, considerato che, correttamente, l’ampia formulazione del principio di legge delega (che si limita ad indicare “particolari forme di esdebitazione”) lascia un considerevole spazio di manovra e di scelta al legislatore delegato.

Da evidenziare come il sintagma “insolvenze minori” alle quali è riservata l’esdebitazione di diritto non implica un necessario ed esclusivo riferimento alle procedure di sovraindebitamento, come sembrerebbe confermato non solo dalla collocazione sistematica del principio di legge delega in esame all’interno dell’art. 8 della legge delega (rubricato Esdebitazione) e non nell’art. 9 della stessa legge che si occupa, invece, in modo specifico del sovraindebitamento.

D’altra parte l’impiego al plurale di “forme di esdebitazione” permette di sottolineare come il futuro legislatore delegato potrà disciplinare anche più ipotesi di esdebitazione di diritto sia con riferimento alla legge sul sovraindebitamento che ad altre ipotesi di procedure concorsuali. Di sicuro il principio di cui all’art. 8, lett. b), l. n. 155/2017è idoneo a consentire il superamento del parallelismo che attualmente connota la disciplina dell’esdebitazione negli artt. 14-terdecies l. n. 3/2012e art. 142 l.f.

L’ampliamento soggettivo dell’istituto

Uno dei tratti fondamentali che connota la riforma dell’esdebitazione è costituito dal superamento della linea, sinora, invalicabile della persona fisica (v. art. 142 l.f. e art. 14-terdecies l. n. 3/2012), per approdare agli enti, siano essi con o senza scopo di lucro. Il legislatore delegante porta, così, a compimento il disegno di rottura con la concezione sanzionatoria ed individualizzante precedentemente assunta dal fallimento (segnata, anche da un punto di vista semantico, dalla sua ridenominazione in liquidazione giudiziale), in piena continuità con i profondi mutamenti di disciplina preannunciati dai principi contenuti nell’art. 7 della l. n. 155/2017. L’esdebitazione, pur mantenendo un necessario ancoraggio ad aspetti soggettivi positivi della figura dell’imprenditore, supera la visione individualistica in cui era stata tradizionalmente calata per ergersi in un contesto più ampio, arricchito da istanze di natura sociale e di obiettivi di politica economica finalizzati non più ad emarginare l’imprenditore insolvente, ma a renderne possibile il reinserimento nel circuito economico garantito dalla possibilità di chiudere, a determinate condizioni, con il passato.

Tale è il mutato contesto in cui è destinato ad operare il principio di legge delega stabilito dall’art. 8, lett. c), l. n. 155/2017con il quale viene data indicazione al legislatore delegato di “prevedere anche per le società l’ammissione al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti, previo riscontro dei presupposti di meritevolezza in capo agli amministratori e, nel caso di società di persone in capo ai soci.”

Il principio si limita ad estendere anche alle società il beneficio della liberazione dai debiti residui, precisando che i presupposti di meritevolezza devono essere riferibili agli amministratori nel caso delle società di capitali e ai soci nelle ipotesi di società di persone.

In assenza di altre indicazioni deve ritenersi che per le società si applicheranno le peculiari forme di esdebitazione previste, in base alla singola tipologia di procedura, con la conseguenza che in base alla presenza o meno dei requisiti di fallibilità troveranno applicazione le norme applicabili nelle ipotesi di liquidazione giudiziale o quelle previste dalla (riformata) legge sul sovraindebitamento.

L’esdebitazione nel sovraindebitamento

a) la peculiare ipotesi di esdebitazione una tantum

Di segno profondamente innovatore è il principio di legge delega di cui all’art. 9, lett. b), l. n. 155/2017il quale prevede di “consentire al debitore meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno futura, di accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni, laddove, sopravvengano utilità.”

La formulazione del principio di legge delega comporta l’accesso all’esdebitazione, una tantum, per il debitore meritevole, non in grado di fornire alcuna utilità diretta o indiretta, nemmeno futura, salvo l’obbligo di pagamento nell’ipotesi in cui entro quattro anni sopravvengano utilità.

Il principio appena descritto si connota per una formulazione particolarmente ampia, tale da lasciare spazi importanti al legislatore delegato.

In primo luogo il legislatore delegante fa riferimento ad un debitore non altrimenti specificato. Ciò significa che, sebbene debba avere requisiti tali da rientrare nell’ambito di applicazione della legge sul sovraindebitamento, non deve essere, tuttavia, necessariamente né una persona fisica, né conseguentemente un consumatore. Tutti i soggetti assoggettabili ad una delle procedure di sovraindebitamento possono, quindi, fruire di tale forma speciale di esdebitazione.

In secondo luogo viene fatto genericamente riferimento al requisito della meritevolezza, lasciando così al legislatore delegato la scelta dei contenuti e l’opzione se la meritevolezza debba essere vista solo in negativo, cioè con riferimento alla mancanza di atti di frode ai creditori, o anche in positivo, cioè con riferimento alle possibili cause che hanno determinato una situazione di sovraindebitamento senza fruire di alcuna risorsa idonea a farvi fronte, almeno in parte. Se si considera che, di recente, hanno trovato applicazione nella prassi giurisprudenziale, ipotesi di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio anche in casi nei quali il debitore disponeva solo di un reddito di lavoro (dipendente o autonomo), emerge come, in termini oggettivi, la mancanza di utilità implichi non solo un’attuale e totale impossidenza, ma anche l’incapacità o l’impossibilità di produrre una qualunque forma di reddito. Tanto è vero che lo stesso legislatore delegante si premura di far salvo l’obbligo di pagamento in caso di utilità sopravvenute nei quattro anni successivi. Sul punto potrebbe essere opportuno un chiarimento da parte del legislatore delegato circa le modalità e i termini di pagamento con le utilità conseguite successivamente, non solo con riferimento alle ipotesi nelle quali tali utilità non consentano il pagamento integrale dei debiti (per i quali è però intervenuta l’esdebitazione una tantum), ma anche al fine di assicurare il rispetto della par condicio creditorum. Emerge, così, il ruolo fondamentale che in tale tipo di esdebitazione potrebbe essere giocato dagli stessi O.C.C., ancorché non espressamente evocati nell’ambito del principio di legge delega. Nella parte iniziale del procedimento che porta all’esdebitazione sono infatti necessarie le verifiche circa l’assenza di qualsiasi utilità da parte del debitore (con la conseguente necessità di accedere a banche dati ecc ...) e i requisiti di meritevolezza che il legislatore delegato indicherà. Nei quattro anni successivi all’esdebitazione lo stesso O.C.C. potrebbe eseguire un monitoraggio – fermo restando un obbligo di comunicazione periodico da parte del debitore – su eventuali utilità conseguite e procedere, eventualmente, ad un eventuale riparto tra eventuali creditori.

Il problema si pone, semmai, con riferimento alla liquidazione del compenso per l’attività svolta dall’O.C.C., ponendosi la questione circa l’eventuale applicazione delle disposizioni in materia di gratuito patrocinio ex D.P.R. n. 115/2002.

Un’ultima questione che resta sullo sfondo riguarda la possibile revocabilità dell’esdebitazione nell’ipotesi in cui il debitore abbia dissimulato o comunque sottratto componenti attive del patrimonio o non abbia indicato - al giudice o all’O.C.C. – il conseguimento di utilità sopravvenute nei quattro anni successivi.

b) l’esdebitazione e i requisiti temporali e ostativi per l’accesso alle procedure di sovraindebitamento

A differenza di quanto previsto nell’art. 142, co. 1, l.f. – dove la fruizione di un’esdebitazione nel decennio anteriore – preclude l’accesso all’esdebitazione, ma non alla procedura liquidatoria, il principio di legge delega di cui all’art. 9, lett. f), l. n. 155/2017 impedisce tout court l’accesso alle procedure e non già all’esdebitazione. È infatti previsto di “precludere l’accesso alle procedure ai soggetti già esdebitati nei cinque anni precedenti la domanda o che abbiano beneficiato dell’esdebitazione per due volte, ovvero nei casi di frode accertata.”

Occorre evidenziare come la formulazione di tale principio abbia il compito di porre fine alle oscillazioni giurisprudenziali che hanno connotato il requisito ostativo dell’accesso alle procedure di sovraindebitamento delineato dall’art. 7, co. 2, lett. b) l. n. 3/2012, dove la generica locuzione impiegata dal legislatore – cioè aver “fatto ricorso nei precedenti cinque anni” ad una delle procedure disciplinate nella legge sul sovraindebitamento – è stato interpretato variamente dalla giurisprudenza di merito, sia nel senso che fosse sufficiente anche una mera declaratoria di inammissibilità della domanda, sia nel senso che fosse necessario aver fruito degli effetti protettivi riconnessi ad uno dei decreti di apertura della procedura, sia nell’avvenuto conseguimento di effetti esdebitatori.

La puntualizzazione della esdebitazione infraquinquennale come requisito di accesso alla procedura di sovraindebitamento contenuta nel principio espresso nell’art. 9, co. 1, lett. f) l. n. 155/2017, deve, tuttavia, trovare un coordinamento con il principio delineato alla lettera h) del medesimo articolo, il quale prevede di “riconoscere l’iniziativa per l’apertura delle soluzioni liquidatorie, anche in pendenza di procedure esecutive individuali, ai creditori e, quando l’insolvenza riguardi l’imprenditore, al pubblico ministero”.

In attesa delle puntualizzazioni del legislatore delegato è possibile evidenziare come l’esdebitazione infraquinquennale non possa ostacolare l’iniziativa del singolo creditore per l’apertura di una soluzione liquidatoria, considerata la finalità di assicurare la par condicio creditorum e di recuperare a quest’ultima anche eventuali iniziative esecutive individuali, come chiaramente espresso nel principio di legge delega appena richiamato. La conferma che anche in pendenza di un’esdebitazione infraquinquennale non sia preclusa, comunque, l’apertura di una procedura liquidatoria – e in particolare la liquidazione del patrimonio ex art. 14-ter l. n. 3/2012– si ha nel riferimento operato nell’art. 9, lett. g) della legge delega all’iniziativa del pubblico ministero, cioè dell’organo latore, per eccellenza, dell’interesse pubblico.

L’accesso all’esdebitazione nei cinque anni precedenti sembrerebbe, quindi, ostativo alle iniziative del debitore sicuramente in ordine alla proponibilità di un accordo di composizione della crisi e del piano del consumatore, ma limitativo dell’iniziativa dei creditori o del P.M. in ordine all’istanza di apertura di una procedura di liquidazione del patrimonio, fermo restando che, probabilmente, non potrà essere ottenuta l’esdebitazione, se non siano trascorsi almeno cinque anni dalla precedente esdebitazione. Tale ipotesi, peraltro, è compatibile con gli attuali tempi di durata della procedura, pari ad un minimo di quattro anni ex art. 14-undecies l. n. 3/2012e dalla circostanza che il decreto deve essere presentato entro l’anno successivo alla chiusura della procedura, ai sensi dell’art. 14-terdecies, co. 4, l. n. 3/2012. L’unico ostacolo a tale lettura coordinata dei principi di cui alle lettere f) e h) può essere costituito dalla circostanza che l’attuale formulazione dell’art. 14-terdecies, co. 1, lett. c) l n. 3/2012 prevede quale limite di accesso all’esdebitazione quello di aver beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti. Alla luce del principio formulato dall’art. 9, lett. f) della l. n. 155/2017 che prevede l’esdebitazione infraquinquennale quale limite di accesso alle procedure il limite di otto anni indicato nell’art. 14-terdecies, co. 1, lett. c) l. n. 3/2012potrebbe essere ridotto a cinque ad opera del legislatore delegato, non solo in corrispondenza delle indicazioni del legislatore delegante, ma anche per omogeneizzare l’accesso alle singole procedure di sovraindebitamento disciplinate nella legge n. 3/2012.

Legge 19 ottobre 2017, n. 155 (in G.U. n. 254 del 30-10-2017)

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