Lesioni da Kitesurf: quando può essere ritenuto responsabile l’istruttore?
- Umberto Giovannoni
- 17 giu 2017
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Con atto di citazione notificato in data 26.05.2011 l’attore deduceva di aver riportato lesioni durante una lezione di kitesurf tenuta dal convenuto quale istruttore cui era affiliata una società sportiva, anch’essa convenuta. Chiedeva, pertanto, al Tribunale adito di essere risarcito dei danni non patrimoniali e per spese mediche connessi con le lesioni fisiche (politrauma con trauma cranico e del massiccio facciale con fratture multiple, focolai LC polmonari, frattura composta del femore sinistro e frattura del radio destro) occorse in data 11.10.2008, per l'impatto violento contro il muro di cemento di un'abitazione, dopo che, durante lo svolgimento di una lezione della tecnica Kitesurf, a causa della sua inesperienza, nonché delle forti raffiche di vento, perdeva il controllo del suo attrezzo velico.
Chiedeva inoltre l’attore il ristoro di detti danni anche al CE.SP., in quanto Ente volto a favorire la pratica del kitesurf a rilasciare apposita tessera agli iscritti, a provvedere alla loro copertura assicurativa, ad organizzare eventi e manifestazioni sportive, ad assicurare la competenza e la capacità delle sue strutture didattiche, e all'associazione sportiva per la violazione degli obblighi di protezione gravanti in relazione all'attività di istruzione di kitesurf, tanto più alla luce del fatto l'esercitazione in questione era stata tenuta in modo imprudente, posto che l'istruttore gli aveva fatto montare, sull'attrezzo, una vela più grande in modo da avere un maggiore impatto sul vento e che era stata scelta per l'esercitazione una spiaggia connotata da fortissime raffiche di vento (e dunque più adatta a persone più esperte della detta attività sportiva) e nelle strette vicinanze di numerose abitazioni in muratura costituenti una vera e propria insidia per gli inesperti di Kitesurf.
IL CE.SP. chiedeva il rigetto della domanda nei suoi riguardi, tenuto conto che il tesseramento non comportava alcuna assunzione di obblighi verso gli iscritti, avendo esso la funzione di ausilio delle associazioni, ma non sussistendo alcun obbligo verso le associazioni affiliate e gli iscritti. L'associazione chiariva di avere anch'essa una mera funzione di promozione della pratica dello sport in questione, ma di non aver organizzato un corso, né patrocinato alcuna manifestazione o gara sportiva.
Con la sentenza n. 721/2013 il Tribunale di Taranto, accoglieva la domanda attorea, nei soli riguardi dell’istruttore convenuto. Con atto di citazione, lo stesso proponeva appello avverso la sentenza n. 721/2013 emessa dal Tribunale di Taranto.
Si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione in appello l’appellato, impugnando e contestando l'intero contenuto dell'atto d'appello in quanto infondato, e proponendo appello incidentale.
L'appellante, con i motivi di gravame, censurava la sentenza impugnata per travisamento dei fatti, errata valutazione delle prove, errata attribuzione della qualifica di precettore, violazione della legge e sua rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Sosteneva l'appellante che, contrariamente, a quanto asserito dal Giudice di prime cure, la scelta della località per le esercitazioni avveniva con riferimento alle condizioni meteorologiche e geofisiche ideali, che erano idonee in quell'occasione, perché caratterizzate da assenza di raffiche di vento.
La Corte d’Appello di Taranto, ha innanzitutto sottolineato che, con riguardo allo specifico ambito sportivo, assumono particolare importanza le regole tecniche che lo disciplinano in riferimento all'ambito della responsabilità civile per i danni occorsi, perché esse conformano il gesto tecnico sportivo in un modello astratto, rispetto al quale è possibile svolgere un giudizio di prevedibilità ex ante dei rischi correlati alla stessa attività sportiva, con l'effetto di escludere l'antigiuridicità della condotta, causativa di danni, ove conforme a tale modello astratto di gioco.
Secondo la Corte, la previsione dei rischi è, infatti, correlata non allo stato di capacità o incapacità legale del praticante, ma alla conoscenza della disciplina sportiva ed alla abilità a praticarla, cosicché anche un allievo maggiorenne è da considerarsi 'incapace' alla stessa stregua dell'allievo minorenne. Questa considerazione non deve ritenersi neanche, valevole soltanto nei confronti dell'allievo principiante, poiché ciò che rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità aggravata a carico del maestro non è il grado di preparazione ed esperienza dell'allievo in sé considerate ma il rapporto che sussiste tra questi ed il maestro, il quale è tenuto a vigilare sul suo operato nello svolgimento dell'attività sportiva.
In conclusione, la Corte d’Appello, richiamandosi alla costante giurisprudenza della Suprema Corte (cfr., tra le tante, Cass. civ. sez. un. 26 giugno 2007, n. 14712; Cass. civ. 24 novembre 2011, n. 24835; Cass. civ. 13 luglio 2010, n. 16394), ha affermato il principio secondo cui nel caso di danni occorsi durante una lezione di sport, è corretto ricondurre la fattispecie nell'alveo della responsabilità aggravata ex art. 2048, c.c., posto che deve essere posto in primo piano il rapporto esistente tra allievo e maestro, in sé oggettivamente considerato, dando il giusto risalto al particolare contenuto di tale rapporto giuridico, nell'ambito del quale il precettore assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e di vigilanza sull'allievo.
La Corte ha inoltre escluso la contraddittorietà della motivazione ravvisata dall'appellante incidentale nella sentenza di primo grado, nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 1227, comma 1, c.c., richiamando quanto statuito da Cassazione civile, Sezioni Unite, 21 novembre 2011, n. 24406, secondo cui "stante la genericità dell'art. 1227, comma 1, c.c. sul punto, la colpa sussiste non solo in ipotesi di violazione da parte del creditore - danneggiato di un obbligo giuridico, ma anche nella violazione della norma comportamentale di diligenza, sotto il profilo della colpa generica".
Quando il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico, esso potrà eventualmente integrare un concorso colposo (che deve essere tuttavia adeguatamente provato) ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., con conseguente diminuzione del risarcimento in relazione all'incidenza della colpa del danneggiato.
Alla luce di quanto rilevato, la Corte, condividendo le argomentazioni del primo Giudice e la conseguente decisione, rigettava l'appello principale nonché l'appello incidentale.
Corte d'Appello di Taranto, sentenza 24 febbraio 2016, n. 77
Lo Studio Legale Giovannoni e Bettella fornisce assistenza e consulenza sugli argomenti trattati.
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