google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M L'aggravante della destrezza nel delitto di furto
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L'aggravante della destrezza ex art. 625 I° co. n. 4 c.p. nel delitto di furto

Non è furto con destrezza derubare la vittima approfittando della sua disattenzione Con la sentenza n. 34090 del 2017, le sezioni unite penali della Corte hanno dato risposta al quesito "se, nel delitto di furto, la circostanza aggravante della destrezza, prevista dall'art. 625, primo comma, n. 4, c.p., sia configurabile quando il soggetto agente si limiti ad approfittare di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa”.

La soluzione

La circostanza aggravante della destrezza di cui all'art. 625, primo comma, n. 4, c.p., richiede un comportamento dell'agente, posto in essere prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da p

articolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell'ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla res.

I precedenti

Cassazione penale, sez. V, sentenza 20 maggio 2015, n 20954

In tema di furto, sussiste l'aggravante della destrezza quando l'agente approfitti di una condizione contingentemente favorevole, o di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, in quanto impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro. (Fattispecie in cui l'imputato aveva sottratto una bicicletta, approfittando di un'occasionale telefonata che aveva distratto il venditore).

Cassazione penale, sez. II, sentenza 6 maggio 2015, n. 18682

In tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l'agente approfitti di condizioni di tempo e di luogo tali da attenuare la normale attenzione della parte lesa nel mantenere il controllo ovvero la vigilanza sulla cosa, essendo rilevante qualsiasi modalità di azione furtiva, idonea a non destare la detta attenzione. (Fattispecie relativa al furto di un ciclomotore, nella quale la Corte ha ravvisato gli estremi dell'aggravante nella condotta dell'imputato, che, approfittando del sonno della persona offesa, si appropriava delle chiavi del mezzo, a bordo del quale si allontanava).

Cassazione penale, sez. II, sentenza 4 marzo 2015, n. 9374

In tema di furto aggravato, l'aggravante della destrezza è configurabile in presenza di condotte caratterizzate da una speciale abilità nel distogliere l'attenzione della persona offesa dal controllo e dal possesso della cosa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva escluso l'aggravante in relazione al furto di alcuni oggetti all'interno di una automobile, lasciata aperta nel garage interno al luogo di lavoro, commesso da un collega della persona offesa che, avendo notato l'agevole accessibilità dell'abitacolo della vettura, si era allontanato dalla propria postazione con la scusa di andare in bagno, ed aveva raggiunto il predetto garage).

Cassazione penale, sez. IV, sentenza 26 maggio 2016, n. 22164

In tema di furto, non sussiste l'aggravante della destrezza quando l'agente approfitti di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa o di una frazione di tempo in cui questa ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, allontanandosi dalla cosa di poco e per poco tempo, in quanto in tal caso la condotta non è caratterizzata da una particolare abilità nell'eludere il controllo della vittima, ma dalla semplice capacità di cogliere un'opportunità in assenza di controllo da parte di quest'ultima. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto con configurabile l'aggravante in relazione alla condotta dell'imputato che aveva sottratto una vettura, approfittando del momentaneo allontanamento del conducente, sceso dal veicolo per chiudere un cancello).

Il caso e la questione di diritto

All’esame dei giudici della quarta sezione della Corte di legittimità era giunto un caso nel quale l’imputato si era impossessato di un computer portatile che il proprietario di un esercizio commerciale deteneva sul bancone, approfittando di un momento di distrazione del proprietario e dei clienti presenti, nascondendolo in una borsa che aveva con sé. Il pubblico ministero aveva contestato l’aggravante del furto con destrezza, riconosciuta dal giudice del merito.

In motivazione si era sostenuto che l'aggravante della destrezza sussistesse in quanto l'imputato aveva approfittato della disattenzione del proprietario del computer, circostanza da cui si ricavava "lo spessore della maggiore criminalità del soggetto".

Una opzione giurisprudenziale che si poneva nel solco di uno dei due orientamenti presenti in giurisprudenza, ma al quale si contrapponeva altra opzione giurisprudenziale che riteneva necessario un quid pluris per la configurabilità dell’aggravante del furto con destrezza.

In considerazione di ciò il Collegio aveva ritenuto che fosse indispensabile un intervento delle Sezioni Unite onde stabilire ”quali siano le condizioni e le modalità operative che configurino l’aggravante del furto con destrezza”.

La giurisprudenza precedente

L’ordinanza di rimessione ha preso in esame i due orientamenti presenti sul tema, ricordando come secondo un primo orientamento in tema di furto, sussiste l'aggravante della destrezza quando l'agente approfitti di una condizione contingente favorevole, o di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, in quanto impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro.

Secondo tale visione ai fini della configurabilità della destrezza non sarebbe richiesto l'uso di una eccezionale abilità, essendo sufficiente che si approfitti di una qualunque situazione soggettiva ed oggettiva, favorevole ad eludere la normale vigilanza dell'uomo medio.

Un diverso orientamento riteneva che fosse necessario un quid pluris per ritenere configurata l'aggravante della destrezza, affermando che questa sussistesse in presenza di condotte caratterizzate da una speciale abilità nel distogliere l'attenzione della persona offesa dal controllo e dal possesso della cosa".

Così tale aggravante era stata esclusa nell'ipotesi di furto commesso dall'agente, approfittando della situazione di assenza di vigilanza sulla "res" da parte del possessore. Si era scritto sul punto che in tal caso la condotta non sarebbe caratterizzata da una particolare abilità nell'eludere il controllo della vittima, ma dalla semplice capacità di cogliere un'opportunità in assenza di controllo da parte di quest'ultima.

Secondo detto orientamento la configurabilità dell'aggravante in questione richiedeva un'attività che, per abilità, astuzia e rapidità, sia funzionale a superare l'attenzione della vittima, con la conseguenza che essa andava esclusa qualora l'agente si fosse limitato a sfruttare un momento di disattenzione della vittima, che egli non abbia determinato

Pertanto, con ordinanza 21 dicembre 2016 – 17 febbraio 2017, n. 2196 la quarta sezione penale aveva preso atto del contrasto giurisprudenziale e disposto la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, onde vedere affrontata la questione di “quali siano le condizioni e le modalità operative che configurino l’aggravante del furto con destrezza”.

Le esigenze chiarificatrici erano state condivise dal Primo Presidente, che, con proprio decreto del 21 febbraio 2017, aveva fissato conseguentemente l’udienza del 27 aprile 2017 per la soluzione della questione.

La decisione delle Sezioni Unite

La Corte ha preso atto che la questione interpretativa prospettata è determinata dall'assenza, nel parametro normativo di riferimento di cui all’art. 625, primo comma, n. 4, c.p., di esplicite definizioni del concetto di "destrezza" e di indicazioni esemplificative.

Pertanto è sembrato utile richiamare i precedenti normativi, ricordando che l'art. 403, primo comma, n. 4, del codice Zanardelli, parlava di furto «con destrezza sulla persona in luogo pubblico o aperto al pubblico»; con un duplice requisito a) dell'applicazione della destrezza nei confronti del soggetto passivo, e b) del compimento dell'azione in luogo accessibile senza limitazioni, nel quale questi non potesse avvalersi di specifici mezzi di protezione dei propri averi.

Il successivo codice Rocco ha ampliato l'ambito applicativo con la soppressione del requisito personale e spaziale, così che la destrezza è divenuta un elemento normativo elastico. Ovviamente per essere qualificato con destrezza, il fatto di reato deve presentare una o talune modalità dell'azione che trascendono l'attività di impossessamento, necessaria per la consumazione del delitto semplice., ovvero presentare un quid pluris rispetto all'ordinaria materialità del fatto di reato.

Al concetto di destrezza si è così attribuito il significato di abilità motoria e sveltezza intese in senso fisico, oppure di avvedutezza e scaltrezza, quali doti intellettive, in entrambi i casi applicate e manifestate nel compiere l'impossessamento del bene altrui in modo tale da eludere, sviare, impedire la sorveglianza da parte del possessore e da rendere più insidiosa ed efficace la condotta. La destrezza ha dunque perduto la connotazione puramente fisica per assumere una dimensione psicologica.

Si è ammesso che la destrezza possa investire tanto la persona del derubato, come nel caso del borseggio, quanto direttamente il bene sottratto se non si trovi sul soggetto passivo ma sia alla sua portata e questi eserciti la vigilanza sullo stesso, anche se non a stretto contatto fisico.

Pur tuttavia, sottolinea la Corte, è necessaria l'esistenza di un nesso di interdipendenza tra abilità dell'agente, di qualunque natura essa sia, e la sorveglianza della persona offesa sulla res.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto che, non offrendo soluzioni immediate il criterio dell'interpretazione letterale della norma, si debba fare ricorso al criterio ermeneutico logico e sistematico e quindi a quello teleologico.

Pertanto, si afferma, la modalità della condotta con destrezza deve esprimersi in un quid pluris rispetto all'ordinaria materialità del fatto di reato; ovvero la modalità esecutiva, per dare luogo all'aggravante, deve potersi distinguere dal fatto tipico.

Considerato in base a tale criterio, riflette il Collegio, il semplice prelievo di un oggetto dal luogo ove si trova, sia esso un'abitazione privata, un esercizio di vendita o ambiente di lavoro, attuato in un momento di altrui disattenzione, che offre l'occasione favorevole all'apprensione non integra la fattispecie circostanziata in esame perché non richiede nulla di più e di diverso da quanto necessario per consumare il furto.

Le Sezioni unite ritengono così che il furto di un bene perpetrato da chi colga a proprio vantaggio l'occasione propizia offerta dall'altrui disattenzione, non artatamente e preventivamente cagionata, non presenta i caratteri della destrezza, ossia dell'elemento strutturale della fattispecie di furto circostanziato, tipizzato dall'art. 625, primo comma, n. 4, c.p., configurabile soltanto quanto il soggetto attivo si avvalga di una particolare capacità operativa, superiore a quella da impiegare per perpetrare il furto, nel distogliere o allentare la vigilanza sui propri beni, esercitata dal detentore.

Infatti, se il furto si realizza a fronte della distrazione del detentore, o dell'abbandono incustodito del bene, anche se per un breve lasso di tempo, che non siano preordinati e cagionati dall'autore, né accompagnati da altre modalità insidiose e abili che ne divergono l'attenzione dalla cosa, il fatto manifesta la sola ordinaria modalità furtiva base.

In considerazione di quanto sopra è stato affermato il seguente principio di diritto: "La circostanza aggravante della destrezza di cui all'art. 625, primo comma, n. 4, c.p., richiede un comportamento dell'agente, posto in essere prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell'ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla res.”

Riferimenti normativi:

Art. 624 c.p.

Art. 625 c.p.

Cassazione penale, sezioni Unite, sentenza 12 luglio 2017, n. 34090

Lo Studio legale Giovannoni e Bettella fornisce assistenza e consulenza sui temi trattati.

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