google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M La Corte Costituzionale elimina il divieto di prevalenza del "fatto di
top of page

La Corte Costituzionale elimina il divieto di prevalenza del "fatto di lieve entità" sulla

Cade il divieto di prevalenza del “fatto di lieve entità” rispetto alla recidiva reiterata

Ennesima bocciatura dell’art. 69, comma 4, c.p., dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 219, comma 3, l.fall. sulla recidiva di cui all’art. 99, comma 4, c.p..


Il caso

Ad avviso della Corte rimettente, la norma censurata violerebbe il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., perché condurrebbe a un identico trattamento sanzionatorio per fattispecie di gravità differente: il recidivo reiterato responsabile di bancarotte fraudolente ultramilionarie, al quale siano applicate le circostanze attenuanti generiche, verrebbe punito con la stessa pena prevista per il recidivo reiterato autore di episodi di modesta gravità, al quale siano riconosciute le circostanze attenuanti generiche e quella prevista dall’art. 219, comma 3, l. fall..

Ancora, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto, per effetto dell’equivalenza tra la recidiva reiterata e l’attenuante in esame, l’imputato subisce un aumento assai superiore a quello previsto dall’art. 99, comma 4, c.p.

Infine, sarebbero violati sia il principio di offensività, desumibile dall’art. 25, comma 2, Cost., perché l’aumento di pena si fonda esclusivamente sulla pericolosità sociale del reo, piuttosto che sul disvalore oggettivo del fatto, sia sul principio di proporzionalità della pena, previsto dall’art. 27, comma 3, Cost.

La decisione della Corte

La Corte ha dichiarato le questioni fondate in relazione a tutti i parametri costituzionali evocati dal remittente.

Nel solco della propria giurisprudenza, che ha progressivamente eroso i limiti al giudizio di bilanciamento di determinate attenuanti rispetto alla recidiva reiterata, anche nel caso in esame l’applicazione della disciplina impugnata “conduce a conseguenze sanzionatorie manifestamente irragionevoli”.

La ragione è molto semplice: per effetto della sterilizzazione della circostanza attenuante di cui all’art. 267, comma 3, l.fall. il fatto di bancarotta fraudolenta e quello di bancarotta che ha cagionato, alla massa dei creditori, un danno patrimoniale di speciale tenuità, sebbene prevedano una pena sensibilmente differente, che esprime il diverso grado dell’offesa, vengono tuttavia ricondotti alla medesima cornice edittale, determinando la violazione dell’art. 25, comma 2, Cost.

Non solo, ma la netta preponderanza della recidiva, che riflette i due aspetti della colpevolezza e della pericolosità dell’agente, rispetto al fatto oggetto viola il principio di offensività, il quale “è chiamato ad operare non solo rispetto alla fattispecie base e alle circostanze, ma anche rispetto a tutti gli istituti che incidono sulla individualizzazione della pena e sulla sua determinazione finale”.

Inoltre, come esattamente osservato dal remittente, rispetto a una bancarotta fraudolenta che abbia cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, per effetto dell’equivalenza tra la recidiva reiterata e l’attenuante in esame, l’imputato viene di fatto a subire un aumento assai superiore a quello previsto dall’art. 99, comma 4, c.p. che, a seconda dei casi, è della metà o di due terzi.

Breve: “la norma censurata si pone in contrasto, sia con l’art. 3, sia con l’art. 25, secondo comma, Cost., perché determina l’applicazione irragionevole della stessa pena a fatti di bancarotta oggettivamente diversi e in modo non rispettoso del principio di offensività”.

Infine, e di conseguenza, la Corte ha ritenuto sussistente anche la violazione della finalità rieducativa della pena, che implica «un costante “principio di proporzione” tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall’altra» (sentenza n. 341 del 1994).

La Corte ha perciò dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, c.p., “nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.”

Esito del ricorso:

dichiarazione di incostituzionalità parziale

Riferimenti normativi:

Art. 69 c.p.

Corte costituzionale, sentenza 17 luglio 2017, n. 205

Post recenti
Archivio

Seguici

  • Facebook Basic Square
  • Twitter Basic Square
  • Google+ Basic Square
bottom of page