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Revoca al condannato dell'affidamento in prova

Giusto revocare al condannato l’affidamento in prova se sorpreso a vendere un dipinto trafugato

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale di Sorveglianza aveva disposto la revoca della misura alternativa dell'affidamento in prova concessa ad un condannato perché sorpreso a proporre ad alcuni passanti un dipinto ad olio, di discreto valore e con annesso certificato di autenticità, di proprietà di una persona che lo deteneva nella sua casa in campagna, nella quale l’uomo era stato autorizzato ad entrare, la Corte di Cassazione (sezione I, sentenza 14 luglio 2017, n. 34565) – nel respingere la tesi difensiva secondo cui i giudici avrebbero errato nel disporre la revoca della misura alternativa, non tenendo conto dell'assenza di una denuncia da parte della persona offesa per l'ipotetico furto o appropriazione indebita del dipinto, circostanza palesemente in contrasto con la asserita gravità della condotta - ha invece affermato che il tribunale aveva motivato correttamente in ordine alla decorrenza della revoca prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla stessa, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso e la concreta incidenza delle prescrizioni imposte a suo carico.



ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi

Cass. Pen., Sez. 1, 19 febbraio 2014, n. 9314

Cass. Pen., Sez. 1, 13 giugno 2001, n. 29343

Difformi

Non si rinvengono precedenti


Prima di soffermarci sulla, interessante, pronuncia resa dalla Suprema Corte, è opportuno qui ricordare che l’affidamento in prova in casi particolari è una particolare forma di affidamento in prova, rivolta ai tossicodipendenti e agli alcooldipendenti che intendano intraprendere o proseguire un programma terapeutico, ed è prevista dall’art. 94 del Testo Unico in materia di stupefacenti (D.P.R. 309/90). Requisito per l’ammissione è che la pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non sia superiore a quattro anni. il condannato deve essere persona tossicodipendente o alcooldipendente che ha in corso, o che intende sottoporsi, ad un programma di recupero. Il programma terapeutico deve essere concordato dal condannato con una A.S.L. o con altri enti, pubblici e privati, espressamente indicati dalla legge (art. 115 D.P.R. 309/90). Una struttura sanitaria pubblica deve attestare lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza e la idoneità, ai fini del recupero, del programma terapeutico concordato. L’affidamento in prova in casi particolari non può essere concesso alla stessa persona per più di due volte.

L’istanza può essere presentata in ogni momento, corredata dalla documentazione necessaria:

a) se il condannato è in libertà e l’ordine di esecuzione non è stato ancora emesso o eseguito, al Pubblico Ministero della Procura competente, che sospende l’emissione o l’esecuzione dell’ordine di carcerazione e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza che fissa l’udienza;

b) se il condannato è in libertà, in sospensione dell’esecuzione della pena, al Pubblico Ministero che ha disposto la sospensione, che trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza perché fissi l’udienza (art. 656 c.p.p., così come modificato dalla Legge 165 del 27.5.98);

c) se il condannato è detenuto, al Direttore dell’istituto, che la trasmette al Tribunale di Sorveglianza ed al Pubblico Ministero che ha emesso l’ordine di esecuzione.

Se il condannato non supera il limite di pena previsto il Pubblico Ministero ne ordina la scarcerazione e la sospensione dell’esecuzione della pena rimane in atto sino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza. Se l’istanza non è accolta, riprende l’esecuzione della pena. Se non è possibile effettuare la notifica dell’avviso al condannato, al domicilio indicato nella richiesta, e lo stesso non compare all’udienza, il Tribunale di Sorveglianza dichiara inammissibile la richiesta. Il Centro di Servizio Sociale svolge l’inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza per fornire allo stesso sia gli elementi relativi al programma terapeutico (attraverso la collaborazione con i servizi pubblici e privati competenti), sia quelli relativi più complessivamente alla situazione di vita del condannato, con particolare riferimento all’ambiente sociale e familiare di appartenenza.

L’affidamento viene concesso con provvedimento di ordinanza dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui ha sede il Pubblico Ministero competente dell’esecuzione. Se nel corso dell’affidamento sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva il Direttore del Centro di Servizio Sociale informa il Magistrato di Sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se il cumulo delle pene (in corso di espiazione e da espiare) non supera i quattro anni. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che decide entro venti giorni la prosecuzione (o la cessazione) della misura. Il Magistrato di Sorveglianza sospende l’affidamento e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi:

a) quando il Centro di Servizio Sociale lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura (residuo pena inferiore a quattro anni);

b) quando l’affidato attua comportamenti tali da determinare la revoca della misura.

L’affidamento si conclude:

a) con l’esito positivo del periodo di prova, che estingue la pena ed ogni altro effetto penale. In questo caso il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui la misura ha avuto termine emette l’ordinanza di estinzione della pena;

b) con la revoca della misura, che può avvenire nei seguenti casi:

1) comportamento del condannato, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, ritenuto incompatibile con la prosecuzione della prova;

2) sopravvenienza di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva che determini un residuo pena superiore a quattro anni. In questi casi il Tribunale di Sorveglianza, che ha giurisdizione nel luogo in cui l’affidato ha la residenza o il domicilio, emette l’ordinanza di revoca e ridetermina la pena residua da espiare (nel primo caso, anche valutando quanta parte del periodo trascorso in affidamento possa essere computato come pena scontata).

Tanto premesso, nel caso in esame, era stata disposta la revoca della misura alternativa dell'affidamento in prova concessa al condannato poiché sorpreso a proporre a passanti un dipinto ad olio, di discreto valore e con annesso certificato di autenticità, di proprietà di soggetto che lo deteneva nella sua casa in campagna, nella quale il condannato era stato autorizzato ad entrare. Il condannato, evidenziava il provvedimento, dichiarava alle forze dell'ordine che avevano proceduto al controllo, che non aveva compreso il valore del bene perché coperto dalla polvere e confuso con altra legna da buttare. Il provvedimento motivava la revoca della misura alternativa, in considerazione della gravità della condotta nonché delle precedenti, ripetute violazioni delle prescrizioni imposte, riguardanti il programma terapeutico, individuandone la decorrenza dall'origine dell'affidamento, in considerazione del sostanziale fallimento ab initio dell'intera prova.

Ricorrendo in Cassazione, questi sosteneva, in particolare, che il tribunale non aveva tenuto conto dell'assenza di una denuncia da parte della persona offesa per l'ipotetico furto o appropriazione indebita del dipinto, circostanza palesemente in contrasto con la asserita gravità della condotta. La Cassazione ha invece rigettato la tesi difensiva, osservando come, coerentemente con la giurisprudenza più avveduta in materia, il provvedimento avesse fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali, in quanto in relazione dell'affidamento in prova in casi particolari, previsto dall'art. 94 d.p.r. n. 309 del 1990, aveva posto in evidenza, con adeguata motivazione, la sopravvenuta insussistenza dei presupposti per la prosecuzione del beneficio medesimo. Nello specifico il Tribunale di sorveglianza aveva dato atto delle ripetute violazioni da parte del condannato delle prescrizioni inerenti la misura, consistite anche in condotte analoghe a quelle per le quali era stata inflitta la pena in espiazione, nonché della discontinuità dello stesso a seguire il programma terapeutico, certificato dall'incostante andamento dei controlli tossicologici, elementi oggettivi dai quali il tribunale aveva fatto discendere, con motivazione puntuale ed esauriente, il sostanziale fallimento ab initio dell'intera prova, in relazione alla quale il condannato aveva dimostrato di non essersi mai impegnato, violandone le finalità e vanificandone la funzione rieducativa.

Da qui, dunque, il rigetto del ricorso.

La decisione in sintesi

Riferimenti normativi:

Art. 94 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309

Cassazione penale, sezione I, sentenza 14 luglio 2017, n. 34565

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