google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M Mutuo: contratto gratuito se la mora è usuraria anche se non applicata
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Mutuo: contratto gratuito se la mora è usuraria anche se non applicata










La Corte d'Appello di Bari stabilisce l'applicabilità della sanzione di cui all'art. 1815, comma 2, c.c. anche alle ipotesi nelle quali l'interesse di mora, pur non applicato in concreto, sia stato pattuito in misura superiore al T.S.U., con conseguente conversione del mutuo da oneroso a gratuito e relativa non debenza degli interessi corrispettivi versati.



ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi

- (sull'applicabilità dell'art. 644 c.p. agli interessi moratori): Cass. Civ. 17 novembre 2000, n. 14899; Corte Cost. 25 febbraio 2002, n. 29; Cass. Civ. 4 aprile 2003, n. 5324; Cass. Civ. 9 gennaio 2013, n. 350; Cass. Civ., 6 marzo 2017, n. 5598

- (sulle sorti del contratto caratterizzato da interessi di mora superiori al TSU): Cass. civ. Sez. VI, Ord., 4.10.2017, n. 23192; Corte d’Appello di Roma, 7 luglio 2016; Tribunale di Como 13.7.2017

Difformi

- (sulle sorti del contratto caratterizzato da interessi di mora superiori al TSU): Trib. Chieti 22 aprile 2015; Trib. Reggio Emilia 24 febbraio 2015; Trib. Taranto 17 ottobre 2014; Trib. Napoli 15 settembre 2014; Trib. Milano 28 gennaio 2014, 22 maggio 2014 e 8 marzo 2016; Trib. Chieti 23 aprile 2015; Trib. Venezia 15 ottobre 2014; Trib. Bologna 24 febbraio 2016; Trib. Padova 27 aprile 2016; Trib. Napoli 20 giugno 2016

Vedi anche

Cass. Civ., 5 aprile 2017, n. 8806; Cass. Civ., Sez. Unite, 19 ottobre 2017, n. 24675


Il provvedimento della Corte barese va ad infoltire la casistica che prende in considerazione la non infrequente ipotesi nella quale la pattuizione degli interessi di mora venga effettuata in misura eccedente rispetto al tasso soglia di usura.

In giurisprudenza, infatti, si registrano orientamenti di merito discordanti giacché alcuni ritengono in radice che gli interessi di mora, non avendo natura corrispettiva, siano ontologicamente sottratti al rispetto della soglia di usura mentre altri, pur ammettendo che anche la mora debba sottostare ai limiti di legge, subordinano l'applicazione della sanzione di cui all'art. 1815 c.c. all'effettiva escussione di tale voce di costo. Altri ancora, sostengono che l'art. 1815, comma 2, c.c. determini la nullità della sola clausola riferibile alla mora, senza conseguenze in odine alla debenza degli interessi corrispettivi.

La sentenza in commento, nell'affermare il più radicale principio della gratuità del mutuo, riforma integralmente una pronuncia che si era attestata su posizioni meno restrittive.

Il caso di specie

La fattispecie concreta scrutinata dai Giudici è paradigmatica.

Tizio e Caio, infatti, citavano in giudizio la Banca Alfa con la quale avevano stipulato un mutuo fondiario nel quale il saggio degli interessi di mora era pacificamente superiore al tasso soglia di usura vigente al momento della conclusione del contratto.

Essi, quindi, pur non avendo mai corrisposto alcun interesse di mora, chiedevano al Tribunale che la Banca Alfa venisse condannata a restituire una somma di poco superiore ai 28.000 Euro, tanti erano gli interessi corrispettivi sino a quel momento da loro sostenuti.

La Banca si costituiva, quindi, in giudizio eccependo che l'applicazione dell'art. 1815 c.c. presupporrebbe comunque che gli interessi di mora vengano posti a carico del debitore e affermando, in ogni caso, che la nullità della clausola contenente la determinazione di tale tipologia di interessi non avrebbe potuto comportare la nullità delle altre clausole mediante le quali venivano stabiliti gli oneri aventi natura corrispettiva.

Il Tribunale, rigettava la domanda attorea, e Tizio e Caio interponevano appello.

La Corte barese accoglieva integralmente l'appello stabilendo che la nullità della clausola che determina il saggio degli interessi di mora si comunica all'intero contratto, con conseguente conversione del mutuo da oneroso a gratuito.

Le questioni (allo stato) chiuse e questioni ancora aperte

In un contesto giurisprudenziale caratterizzato da una enorme varietà di interpretazioni, l'esigenza di un minimo comune denominatore ermeneutico appare sempre più indefettibile.

Vi sono, tuttavia, alcuni principi, che la pronuncia in commento fa propri, che appaiono ad oggi sostanzialmente acquisiti pur in presenza di alcuni precedenti dissonanti.

Tra questi si annovera, ormai, l'assoggettamento degli interessi di mora alla disciplina di contrasto all'usura (in merito Cass. Civ. 17 novembre 2000, n. 14899; Corte Cost. 25 febbraio 2002, n. 29; Cass. Civ. 4 aprile 2003, n. 5324; Cass. Civ. 9 gennaio 2013, n. 350; Cass. Civ., 6 marzo 2017, n. 5598 e, da ultimo Cass. civ. Sez. VI, Ord., 4.10.2017, n. 23192).

Resta, per contro, ben presente la questione delle condizioni in presenza delle quali può trovare applicazione l'art. 1815 c.c. e la problematica dell'effetto estensivo della nullità speciale ivi contemplata agli interessi corrispettivi.

Sintetizzando al massimo si potrebbe dire che, ad oggi, resta da chiarire se l'applicazione della sanzione civile per il contratto usurario presupponga la dazione, da parte del mutuatario, di interessi di mora o quantomeno il verificarsi delle condizioni (il ritardo nel pagamento della rata) perché tali interessi diventino in astratto esigibili da parte del creditore.

In seconda battuta, poi, occorre stabilire se l'usurarietà del tasso degli interessi di mora si riverberi anche sulla debenza degli interessi corrispettivi, pur rispettosi del tasso soglia.

L'interpretazione riduttiva dell'ordinanza n. 23192/2017 della S.C.

In un contesto di grande incertezza le questioni in esame sono state sinteticamente affrontate dalla Suprema Corte nella nota ordinanza n. 23192 del 2017.

Chi scrive ritiene che sia estremamente pericoloso offrire una lettura riduttiva di tale pronunciamento.

Vi è, infatti, chi ha affermato che nel precedente in questione la Cassazione si sia limitata a ribadire il (pacifico) orientamento che predica la sottoposizione della mora al T.S.U.

Sennonché, tale lettura (fondata sulla massima estratta proprio dall'Ufficio del massimario della Corte) tradisce profondamente il contenuto dell'ordinanza giacché con essa viene rigettato il ricorso proposto dalla Banca che si doleva del fatto che il giudice a quo non l'avesse ammessa al passivo fallimentare anche in relazione agli interessi corrispettivi maturati in relazione ad un contratto di mutuo che prevedeva un saggio degli interessi di mora superiore al tasso soglia.

Nello specifico l'Istituto di credito aveva sottoposto al Supremo Collegio due motivi di impugnazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel ritenere che:


a) al fine di valutare il superamento del T.S.U. si dovesse considerare il tasso così come pattuito nel contratto e quindi fare riferimento al momento genetico del rapporto

b) la dichiarazione di nullità della clausola comportasse la gratuità del muto nel suo complesso (travolgendo così anche gli interessi corrispettivi invece rispettosi del tasso soglia).


Vi sono quindi dati processuali inequivocabili che lasciano intendere che, nel rigettare il ricorso (si sottolinea) per manifesta infondatezza, la Corte abbia ritenuto di condividere l'impostazione della sentenza impugnata sotto entrambi i profili, affermando, così, principi diametralmente opposti rispetto a quelli affermati dalla Banca ricorrente.

La circostanza per la quale, con tutta probabilità, nel caso di specie al debitore siano stati addebitati in concreto interessi di mora, pertanto, non sembra consentire di modulare (o, meglio, plasmare) il ragionamento della Cassazione.

La sentenza della Corte d'Appello di Bari

La pronuncia in commento si colloca sul solco dei principi stabiliti dalla Cassazione e, pur non riprendendoli pedissequamente, enuncia il principio della integrale gratuità del mutuo usurario anche nell'ipotesi in cui sia solo l'interesse di mora a superare la soglia di cui alla L. n. 108/1996 e, a maggior ragione, anche qualora il debitore non abbia corrisposto gli interessi di mora in questione.

Secondo i Giudici baresi, infatti, non è corretto applicare, nella specifica materia, i principi generali che, in caso di nullità parziale del contratto, stabiliscono la regola della conservazione del negozio.

Su questo presupposto, hanno ritenuto non applicabile al caso di specie il dictum dell'ordinanza n. 21470/2017della Cassazione, che aveva negato la comunicabilità della nullità ex art. 1815 c.c. della clausola che fissava il saggio degli interessi per gli interessi relativi agli sconfinamenti extra fido alle altre clausole che fissavano il tasso di interesse per le somme utilizzate entro i limiti del fido.

La decisione in commento appare ragionevole. Il caso sottoposto al vaglio di legittimità, infatti, prendeva in considerazione un contratto di conto corrente nell'ambito del quale la Banca, nel concedere un affidamento, disciplinava separatamente gli interessi dovuti per le somme utilizzate entro il limite del fido e quelli dovuti per le somme utilizzate oltre tale limite.

In questo contesto è ragionevole che la nullità della seconda clausola non si trasmetta alla prima giacché, nel caso risolto dalla Suprema Corte, ci si trovava di fronte a due pattuizioni del tutto autonome che, in somma sintesi, davan origine a due affidamenti distinti, caratterizzati da distinti tassi di interesse, con la conseguenza che gli interessi per lo sconfinamento erano destinati ad essere applicati esclusivamente per la parte che eccedeva il fido, senza alcuna influenza sugli interessi calcolati per l'utilizzo ordinario dell'affidamento medesimo.

Altra, e ben differente, è la condizione dell'interesse di mora, destinato invece ad applicarsi, complessivamente e indistintamente, su tutto il capitale oggetto del ritardo, spesso con un base di calcolo costituita dall'intera rata di mutuo che, come è noto, si compone di una quota capitale e di una quota interessi ammortati.

Quanto al presupposto dell'applicazione dell'art. 1815 c.c., la Corte barese ha ripreso il tema della omogeneità del paradigma dell'usura sul versante penale e civile, ribadendo la centralità sistematica della definizione del fenomeno così come risulta dal combinato disposto degli artt. 644 c.p. e 1, comma 1, D.L. 394/2000(convertito con L. 24/2001) dai quali emerge che il momento rilevante (l'unico, secondo quanto stabilito da Cassazione Civile, Sez. Un., 19 ottobre 2017, n. 24675) per l'accertamento dell'usura è esclusivamente quello della pattuizione.

Del resto il tenore dell'art. 1, D.L. 394/2000, al netto di alcuni voli pindarici, è inequivocabile, disponendo che “...si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo...”.

Su questi presupposti ilo Giudice d'appello ha tratto la conclusione che la sanzione di cui all'art. 1815 c.c. si applichi sulla base del mero rilievo statico della pattuizione degli interessi (nello specifico di mora) in misura superiore al T.S.U., senza necessità di corresponsione degli stessi, né del verificarsi delle condizioni legittimanti l'applicazione della mora (ovverosia, il ritardo nel pagamento).

Posto questo principio, il provvedimento passa ad esaminare la questione dell'estensione della nullità alla clausola che stabilisce il saggio degli interessi corrispettivi.

La Corte di appello di Bari valorizza l'impatto della riforma del 1996 sul sistema sanzionatorio dell'usura, ricordando come la precedente formulazione dell'art. 1815 c.c. prevedesse la riduzione dell'interesse usurario al saggio degli interessi legali, laddove la versione risultante dalla novella imponga l'azzeramento degli interessi e quindi la trasformazione del rapporto da oneroso a gratuito.

Secondo i Giudici, pertanto, il chiaro intento del Legislatore era quello di inasprire le conseguenze della usurarietà degli interessi.

Quindi, il rilievo per il quale, in caso di usurarietà dell'interesse di mora, gli interessi corrispettivi si attesterebbero su una misura di norma superiore a quelli legali, lascia intendere che la riforma abbia dato vita ad un sistema unitario, nel quale viene in radice colpito anche solo il tentativo (in senso lato) di trarre dal capitale un corrispettivo usurario.

E tale radicale soluzione è rappresentata dall'integrale conversione del mutuo in contratto gratuito.

Del resto, anche la Giurisprudenza della Suprema Corte è ormai da tempo orientata nell'ammettere, quale conseguenza dell'applicazione dell'art. 1815, comma 2, c.c., il cumulo tra gli interessi moratori e corrispettivi, cumulo da intendersi riferito non ai tassi in funzione della determinazione del TEG, ma alle somme da portare in ripetizione (Cass. Civ. 9 gennaio 2013, n. 350; Cass. Civ., 6 marzo 2017, n. 5598 oltre alla già citata ordinanza dell'ottobre 2017).

Questo provvedimento va, quindi, ad inserirsi in un filone caratterizzato da numerosi autorevoli precedenti (quasi tutti di secondo grado) che fanno, ad avviso di chi scrive del tutto correttamente, applicazione draconiana del sistema risultante dalla riforma del 1996 (tra questi Corte d’Appello di Roma, 7 luglio 2016nonché le ordinanze istruttorie contenute in Corte d'Appello di Milano 4.12.2017 e Corte di Appello di Roma 17.1.2018).

Esito del ricorso:

Rigetto per manifesta infondatezza

Riferimenti normativi:

Art. 644 c.p.

Art. 1815 c.c.

L. n. 24/2001

L. n. 108/1996

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