google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M È nullo ex art. 1418 c.c. il tasso Euribor manipolato 2005-2008
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È nullo ex art. 1418 c.c. il tasso Euribor manipolato 2005-2008

Con sentenza del 25 febbraio 2019 n. 48, il Giudice di Pace di Buccino ha stabilito che è nullo il tasso di mutuo variabile Euribor periodo 2005-2008 per la manipolazione rilevata e stabilita dalla Decisione UE del 04/12/2013, anche se nello specifico la banca convenuta non ha partecipato all’intesa anticoncorrenziale nel periodo (2005-2008) in cui è stata accertata la manipolazione dei tassi, ma è pur vero che la stessa ha utilizzato il tasso Euribor manipolato (come tutto il resto del mercato dei mutui a tasso variabile). Deve intendersi contrastante la determinazione del Tasso Euribor del periodo con il disposto di cui all’art. 101 TFUE dando così luogo ad una violazione dell'art. 1418 c.c.



Orientamenti giurisprudenziali

Conformi:

Tribunale di Nocera Inferiore, ordinanza 28 luglio 2017;

Tribunale di Padova, ordinanza 9 giugno 2017;

Tribunale di Pescara, ordinanza 13 febbraio 2018.

Difformi:

Non si rinvengono precedenti


La sentenza in commento è fra le prime che la giurisprudenza affronta rispetto ai precedenti interventi che si sono avuti con ordinanze di rinvio al CTU - del Tribunale di Nocera (SA) 28 luglio 2017, Tribunale di Padova 09 giugno 2017 e con commento in questa rivista del 30 novembre 2017 e Ordinanza Tribunale di Pescara del 13 febbraio 2018 - per la rideterminazione dei conteggi delle perizie svolte alla luce della Decisione UE del 04/12/013. La sentenza, tra l’altro, ha confermato quanto sostenuto con il lavoro sul tema trattato dal titolo: “Mutui e derivati: la nullità del tasso Euribor Possibili effetti e rimedi dopo la decisione UE del 04/12/2013 per privati, aziende, enti pubblici”, 2017, Wolters Kluwer.

Il fatto

Parte istante con atto di citazione notificato a settembre 2017 conveniva innanzi al Giudice di Pace di Buccino la Banca con riferimento al contratto di mutuo frazionato concesso dalla Banca convenuta per € 66.887,00 per armi 25 a decorrere dal 31/12/2003 a tasso variabile (Euribor) e che venisse dato atto dell'applicazione dei tassi maggiori ed errati per il periodo dal 29/09/2005 al 31/05/2008, in conseguenza a seguito della manipolazione dell'Euribor e chiedendo la sostituzione del tasso applicato con quello sostitutivo Bot ex art. 117 o con quello legale od in via subordinata il ricalcolo degli interessi applicando il solo spread ed in via residuale ex art. 1349 c.c., con conseguente condanna della convenuta alla restituzione della somma di € 5.000,00 o nella diversa somma accertata a mezzo CTU e comunque contenuta nel limite della competenza del giudice adito, oltre e rifusione spese di giudizio.

La convenuta Banca nel costituirsi in giudizio eccepiva l'estraneità della Banca all'accordo di cartello e l’infondatezza della domanda attesa la legittimità per avere operato in ragione della rilevazione oggettiva del calcolo periodico dell’Euribor in assenza di prova della sua manipolazione atteso che quest’ultima non incide sulla validità della volontà negoziate, ritenuto comunque il decorso del termine di prescrizione.

Esito del Giudizio

Il G. di P. di Buccino ha ritenuto ammissibile l’azione proposta quale Giudice naturale preposto e competente per valore e territorio, applicandosi al caso di specie la previsione normativa del foro del consumatore rientrando il presente giudizio tra quelli espressamente previsti dall’art. 7 c.p.c., anche in ragione della competenza del giudice di pace che si estende a tutte le controversie, purché il valore sia contenuto nei cinquemila euro (Cass. Civ. Sez. unite n. 21582/2011).

Ritenendo che la controversia volta ad accertare la manipolazione e l’indeterminatezza del tasso Euribor applicato al rapporto di mutuo tra le parti in causa e a ottenere la restituzione di somme indebitamente versate alla banca convenuta. Costituendo nel caso specifico la mancanza di una causa che giustifichi il pagamento di maggiori importi addebitati a titolo nel caso di interessi, in ragione delle esplicitate violazioni di legge, con conseguente inesistenza di un vincolo giuridico idoneo a giustificare la loro determinazione.

Nella motivazione il G. di P., ha giustamente rilevato che la Commissione Europea con la Decisione del 04/12/2013 ha accertato l'illegittimità di un cartello tra alcune banche europee volto alla manipolazione del tasso Euribor quale parametro per la determinazione del tasso applicabile a mutui a tasso variabile, derivati, obbligazioni bancarie e corporate, e titoli di debito.

Così facendo la clausola dei muti a tasso variabile Euribor è in contrasto con l’art 2 della legge n. 287/1990 che vieta, a pena dì nullità le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti", inter alia nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali'.

Sicché, se l'Euribor è espressione di un accordo di cartello tra gli istituti di credito, anche le clausole di indicizzazione contenute nei singoli contratti stipulati potrebbero essere inficiate per violazione della normativa posta a tutela, della concorrenza e/o per aver beneficiato di remunerazioni derivanti dalla manipolazione de qua.

A tal proposito, va precisato che il tasso finito praticato non è determinato dal solo Euribor ma da indice + spread, con la conseguenza che se pur appare inesatto affermare che l’Euribor sia frutto di un accordo di cartello per "fissare direttamente o indirettamente i prezzi", vietato dall’art 2 della legge n. 287/1990, il rischio di sue manipolazioni ad opera di uno o più degli attori del mercato interbancario è possibile, come dimostrato dalle indagini compiute dalla Commissione Europea sfociate nella decisione citata.

Anche se nello specifico la banca convenuta non ha partecipato all’intesa anticoncorrenziale nel periodo (2005-2008) in cui è stata accertata la manipolazione dei tassi, ma è pur vero che la stessa ha utilizzato il tasso Euribor manipolato (come tutto il resto del mercato dei mutui a tasso variabile), che in quanto deve l'intendersi contrastante con il disposto di cui all’art. 101 TFUE dando così luogo ad una violazione dell'art. 1418 c.c.che recita: " Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative ... ", né d'altro canto nello specifico può escludersi l'influenza che detto tasso ha avuto nei confronti di tutti gli altri indici, e prodotti finanziari offerti dalle banche dell'area Euro.

Prosegue il Giudicante ritenendo rilevata la natura di prova privilegiata dalle decisioni dell'Autorità e/o Organismo dell'Unione Europea che accertino un'infrazione (Regolamento n. 1/2003), sicché, dovendosi ritenere "manipolato"' il tasso Euribor nel periodo 2005/2008, non potranno essere messi in discussione i fatti costitutivi e posti a baso della relativa decisione, quanto le conseguenti violazioni di legge.

Nello specifico, ha rilevato il giudicante che sussista, altresì, la previsione di una presunzione iuris tantum di esistenza del danno cagionato dall'illecito (Direttiva 2014/104/UE art. 14, comma 2 e 17).

Con conseguente inversione dell'onere della prova, spettando, pertanto, alla Banca convenuta dimostrare che non c'è stato aumento del tasso (e con esso del prezzo del mutuo) a seguito del cartello o che l’aumento dello stesso trova origine in altra causa/giustificazione.

Dove, pertanto, ritenersi acclarato che la Banca convenuta ha percepito somme in eccesso ed ha comunque incrementato il piano di ammortamento, con conseguente indebito arricchimento.

Sulla società convenuta gravava l'obbligo di eseguite il contratto secondo buona fede, con quella diligenza che è lecito attendersi giusta avvedutezza, accortezza e consapevolezza degli impegni assunti e delle relative responsabilità.

Va pertanto riconosciuta come privilegiata la prova fornita dalla Decisione UE 2013 nel giudizio che si instaura per la violazione del tasso Euribor patito in conseguenza di un’illecita intesa restrittiva della concorrenza posta in essere dalle banche gli atti del procedimento in esito al quale l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato ha accertato la sussistenza dell’illecito anticoncorrenziale, ed irrogato alle banche una sanzione. Costituendo, pertanto, una prova privilegiata per quanto accertato dalla Commissione UE, nel senso che potrà essere consentito fornire la prova contraria del danno patito avendo pagato anche un solo centesimo di interessi rispetto alla gratuità del mutuo stesso che ne deriverebbe dai fatti accertati, senza però che sia possibile nel giudizio civile rimettere in discussione i fatti costitutivi dell’affermazione di sussistenza della violazione della normativa in tema di concorrenza in base allo stesso materiale probatorio od alle stesse argomentazioni già disattesi in quella sede (Cass. civ., sez. III, 20/06/2011, n. 13486 e Cass. civ., sez. VI-3 Ord. 23/04/2014, n. 9116; Cass. civ., sez. I, 22/05/2013, n. 12551).

Il regolamento n. 1/2003 richiamato dal G.di P. di Buccino quale prova privilegiata, e i principi indicati nello stesso regolamento n. 1/2003 del 16/12/2002 (G.U.C.E. LI 4.1.2003), si devono ribadire, anche alla luce del rinnovato ruolo assegnato alla tutela privata in materia antitrust (il c.d. private enforcement), concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 101 e 102 (ex artt. 81 e 82) del Trattato e dalle comunicazioni attuative dei principi sanciti dal medesimo regolamento, nell’ambito del c.d. pacchetto modernizzazione (Comunicazioni G.U.U.E. C 101 del 27/04/2004), ed in particolare dalle comunicazioni sulla cooperazione fra la Commissione e le giurisdizioni degli Stati membri (in particolare punti 11-16) e la comunicazione sulla procedura applicabile alle denunce presentate alla Commissione (punti 8-9).

Con Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26/11/2014 si afferma che gli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) sono elementi di ordine pubblico e dovrebbero essere applicati efficacemente in tutta l’Unione al fine di garantire che la concorrenza nel mercato interno non sia distorta”.

L’art. 101 TFUE vieta rigorosamente che fra gli operatori economici vi siano contatti, diretti o indiretti, che abbiano lo scopo, o producano l’effetto di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, che determina l’azione diretta nei confronti di tutte le aziende bancarie e finanziarie che hanno utilizzato il parametro EURIBOR alla luce della Decisione del 04/12/2013, per essere di diretta applicazione nel nostro ordinamento anche in virtù dell’art. 6 del regolamento n. 1/2003, nonché per avere la decisione fornito la prova dell’avvenuta manipolazione con sicurezza per il periodo settembre 2005 a maggio 2008, ma si ritiene fino a maggio 2009 per effetto della determinazione dei tassi a 12 mesi, si possono a tal fine considerate superate le eccezioni di non partecipazione al cartello, nonché indipendentemente dalla banche coinvolte l’azione sia comunque esperibile nei confronti di qualsiasi banca.

E ciò per la diretta applicazione delle Decisione nonché, che tutte le banche hanno dei rapporti fra loro per derivati o altri prodotti finanziari che adottano il tasso Euribor, ma anche in relazione a quanto previsto sia dalla Direttiva 2014/104/UE e dalla sua legge di recepimento n. 3/2017 in cui sono stati chiaramente stabiliti i c.d. “acquirenti indiretti”.

E la possibilità di poter chiamare in causa qualsiasi istituto bancario finanziario che abbia o meno partecipato direttamente all’illecito lo si ritrova definitivamente nel 13° considerando della Direttiva 2014/104 in cui è stato affermato che il diritto al risarcimento è riconosciuto a ogni persona fisica o giuridica consumatori, imprese e pubbliche autorità a prescindere dall’esistenza di un rapporto contrattuale diretto con l’impresa autrice della violazione, e a prescindere dal fatto che un’autorità garante della concorrenza abbia o meno preventivamente constatato una violazione. È opportuno che la presente direttiva non imponga agli Stati membri di introdurre meccanismi di ricorso collettivo per l’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Fatto salvo il risarcimento del danno da perdita di opportunità, il pieno risarcimento a norma della presente direttiva non dovrebbe comportare una sovracompensazione, che sia a titolo di risarcimento punitivo, multiplo o di altra natura.

E il comma 1 dell’art. 14 della Direttiva 2014/104, esplicativo del precedente considerando, stabilisce che qualora, in un’azione per il risarcimento del danno, l’esistenza di una domanda di risarcimento del danno o l’importo da accordare a tale titolo dipendano dal fatto che il sovrapprezzo sia stato trasferito o meno sull’attore – e in quale misura – tenuto conto della prassi commerciale di trasferire gli aumenti di prezzo a valle della catena di approvvigionamento, gli Stati membri provvedono affinché l’onere di dimostrare l’esistenza e la portata di tale trasferimento incomba all’attore, che può ragionevolmente richiedere la divulgazione di prove al convenuto o a terzi”.

Vanno, altresì, evidenziati gli arresti interpretativi in merito alle norme della direttiva 93/13/CE a tutela dei consumatori anche se non specificamente per quanto riguardano le previsione di cui all’art. 118, comma 1, ultimo periodo, D.Lgs. n. 385/1993 afferenti i tassi per i contratti a tempo determinato che a questo punto non tarderà ad evidenziarsi dinanzi alla Corte CE, per le previsioni dei tassi attualmente variabili in relazione all’Euribor, almeno per il periodo settembre 2005 a maggio 2008 (2009).

Per quanto attengono le norme interpretative della Direttiva 93/13/CE è già stato stabilito con la sentenza della Corte Giustizia Unione Europea sez. I, Sent., 21/01/2015, n. 482/13 che: “In tale contesto, occorre ricordare che, quanto alle conseguenze da trarre dalla constatazione del carattere abusivo di una disposi zione di un contratto che vincola un consumatore ad un professionista, dal tenore letterale dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CE risulta che i giudici nazionali sono tenuti unicamente ad escludere l’applicazione di una clausola contrattuale abusiva affinché non produca effetti vincolanti nei confronti dei consumatori, senza essere autorizzati a rivedere il contenuto della medesima. Infatti, detto contratto deve sussistere, in linea di principio, senz’altra modifica che non sia quella risultante dalla soppressione delle clausole abusive, purché, conformemente alle norme di diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto sia giuridicamente possibile” (sentenze Banco EspaNol de Crédito, C- 618/10, EU:C:2012:349, punto 65, nonché Asbeek Brusse e de Man Garabito, C- 488/11, EU:C:2013:341, punto 57).

In particolare, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale, qualora quest’ultimo accerti il carattere abusivo di una clausola penale in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, di ridurre l’importo della penale imposta a carico del consumatore anziché di disapplicare integralmente la clausola in esame nei confronti di quest’ultimo (sentenza Asbeek Brusse e de Man Garabito, C- 488/11, EU:C:2013:341, punto 59).

Inoltre, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico sul quale si basa la tutela assicurata ai consumatori, che si trovano in una situazione d’inferiorità rispetto ai professionisti, la direttiva 93/13/CEimpone agli Stati membri, come risulta dal suo art. 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della medesima, di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori (sentenze Banco EspaNol de Crédito, EU:C:2012:349, punto 68, nonché Kasler e Kaslerné Rabai, EU:C:2014:282, punto 78).

Di fatto, se il giudice nazionale potesse rivedere il contenuto delle clausole abusive, una tale facoltà potrebbe compromettere la realizzazione dell’obiettivo di lungo termine di cui all’art. 7 della direttiva 93/13/CE. Infatti, tale facoltà contribuirebbe ad eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice non applicazione nei confronti del consumatore di siffatte clausole abusive, dal momento che essi rimarrebbero tentati di utilizzare tali clausole, consapevoli che, quand’anche esse fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato, per quanto necessario, dal giudice nazionale, in modo tale, quindi, da garantire l’interesse di detti professionisti (sentenze Banco EspaNol de Crédito, EU:C:2012:349, punto 69, nonché Kasler e Kaslerné Rabai, EU:C:2014:282, punto 79).

Alla luce di tale indicazioni, inoltre, va ricordato se le stesse possono essere valutate d’ufficio dal Giudice. Ed in merito, a più riprese è intervenuta la Corte Giustizia Europea. Tra le altre con sentenza Corte giustizia Unione Europea Sez. I, sent. 18/02/2016, n. 49/14 il problema è stato risolto, anche se riguardava la fattispecie di ingiunzione di pagamento, nel senso che la Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 05/04/1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, “dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente al giudice investito dell’esecuzione di un’ingiunzione di pagamento di valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, ove l’autorità investita della domanda d’ingiunzione di pagamento non sia competente a procedere a una simile valutazione”.

Sicché prosegue il G. di P. nella sua motivazione che è anche sulla scorta di tale criterio, di generale applicazione in tema di adempimento delle obbligazioni (art. 1176 c.c.), che deve valutarsi la condotta della convenuta, onde stabilire se sia venuta meno alle sue obbligazioni nei confronti dell'altra parte, sicché, per liberarla da responsabilità è necessario che i fatti addotti siano del tutto estranei ad ogni suo obbligo di ordinaria diligenza. Il G. di P. di Buccino ritiene che vada applicata la sostituzione del tasso applicato con quello minimo dei BOT nei dodici mesi antecedenti.

Inoltre, come esattamente ha stabilito la giurisprudenza, il Giudice ha rilevato che non può, altresì, essere messa in discussione l’eccezione di prescrizione della richiesta degli importi pagati nel periodo 2005-2008 affetti da prescrizione e che non può ritenersi decorso il termine decennale di prescrizione, considerato che nel rapporto del mutuo il pagamento dei ratei si configura come obbligazione unica, sicché la data di decorrenza della prescrizione decorre dalla scadenza dell'ultima rata ( 2015) e non dalla stipula del contratto (2003) (ex multis Cass. Civ. n. 17798/2011).

Il G. di P ha stabilito che è stato violato l’art. 1418 c.c. ma poi applica, anche per espressa richiesta da parte del ricorrente, il tasso sostitutivo ex art. 117, comma 7, TUB. Ma tale conclusione non è molto convincente in quanto il tasso Euribor è stato dichiarato nullo, a seguito della Decisione CE del 04/12/2013 che ha accertato la violazione dell’art. 101 TFUE e dell’art. 53 Accordo EEA.

La Decisione è direttamente applicabile in tutti i paesi UE ex art. 6 regolamento UE n. 1/2003 ed ex terzo paragrafo art. 101 TFUE, per il principio di prevalenza delle norme del Trattato e delle decisioni della Commissione, in favore di tutti i soggetti (privati-aziende-enti giuridici, etc.) nonché in favore degli Enti Pubblici, di certo per il periodo settembre 2005 - maggio 2008, ma si ritiene, anche sino a maggio 2009 per effetto della determinazione dei tassi a 12 mesi.

Inoltre tale nullità, è stata rafforzata dall’emanazione della Direttiva 2014/104/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26/11/2014 recepita in Italia con il D.Lgs. 3/2017.

Per quanto riguarda la possibilità della ripetizione di quanto indebitamente pagato ed altresì il risarcimento del danno cagionato da un contratto o da un comportamento che possono restringere o falsare il gioco della concorrenza, va innanzi tutto ricordato che, come risulta da giurisprudenza costante della UE, sarà compito dei giudici nazionali applicare, nell’ambito delle loro competenze,

le norme del diritto comunitario, garantendo la piena efficacia di tali norme a tutela dei diritti da esse attribuiti ai singoli.

Se ciò non fosse, la piena efficacia dell’art. 101 del Trattato e, in particolare, l’effetto utile del divieto sancito al n. 1 dello stesso, sarebbero privati del loro potenziale e la valenza del Trattato stesso messa in discussione.

In ordine poi, all’altro aspetto riguardante il tasso d’interesse da considerare ed applicare in sostituzione di quello accertato e dichiarato nullo, ai fini della restituzione dell’indebito pagato, v’è da dire che per il periodo considerato dalla Decisione (settembre 2005-maggio 2008), il tasso di riferimento applicabile in via generale è certamente quello previsto dall’art. 117, comma 7, lett. a) del TUB.

Tale conclusione non è convincente per una serie di ragioni.

Innanzitutto si ritiene applicabile il tasso di interesse pari a zero e non quello previsto dall’art. 117, comma 7 lett. a) TUB, atteso che la natura dell’interesse tutelato, quello cioè, di garantire una concorrenza non distorta promana da una norma di ordine pubblico per come affrontato e specificato nel 1° considerando della Direttiva 2014/104/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26/11/2014 recepita in Italia con il decreto n. 3/2017 in cui è chiaramente affermato che gli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) sono elementi di ordine pubblico, oltre che per la natura di tutela offerta dal Trattato stesso.

Se si parte dall’assunto che le previsioni di cui agli artt. 101 e 102 del Trattato sono norme di ordine pubblico europeo, in Italia devono essere necessariamente collegate all’art. 1418 c.c. che commina la nullità a tutti quei contratti stipulati in violazione di norme imperative e di ordine pubblico, ed altresì ai sensi degli artt. 1343 c.c.e 1346 c.c. in ordine alla nullità in caso di oggetto e di causa illecite del contratto stesso.

Per quanto concerne l’ordine pubblico esso va identificato nell’insieme dei principi di natura politica ed economica della società, immanenti nell’ordinamento giuridico vigente supportato dagli arresti interpretativi della Corte di Giustizia CE, dai vari articoli della Direttiva 2014/104, e del D.Lgs. n. 3/2017.

In secondo luogo nelle ipotesi di mutui e derivati in cui il tasso d’interesse, per il periodo di riferimento preso in considerazione dalla Decisione, è stato determinato prendendo come parametro il tasso Euribor, nel momento in cui tale tasso è dichiarato nullo, in quei mutui e derivati ci si viene a trovare in una situazione di indeterminatezza dei tassi applicati per la violazione di cui agli artt. 1346, 1418 e 1419 c.c., nonché incompatibile con i principi di inderogabilità in tema di determinabilità dell’oggetto dei contratti formali e per violazione dell’art. 1322 c.c. in tema di equilibrio e giustizia contrattuale in quanto, in questo caso ci troveremmo dinanzi ad un interesse non meritevole di tutela.

Esito del riscorso:

Accoglie il ricorso

Riferimenti normativi:

Art. 1176 c.c.;

Art. 1322 c.c.;

Art. 1343 c.c.;

Art. 1346 c.c.;

Art. 1418 c.c.;

Art. 117 TUB

Art. 118, comma 1, ultimo periodo, D.Lgs. n. 385/1993;

Art. 2 della legge n. 287/1990;

Art. 101 TFUE;

D.Lgs. n. 3/2017;

Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014.

Giudice di Pace di Buccino, sentenza 25 febbraio 2019, n. 48

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