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Messa alla prova




La richiesta di messa alla prova è prioritaria e compatibile con la richiesta di giudizio abbreviato

Con la sentenza n. 2736 del 2020, la Corte di cassazione ha affermato che la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova è compatibile con la richiesta di giudizio abbreviato e che tale istanza deve essere trattata in via prioritaria, in virtù del diritto di difesa e della ragionevole durata del processo.



ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi

Cass. pen. sez. IV, 20 febbraio 2019, n. 30983, Cano Martinez;

Cass. pen. sez. III, 15 febbraio 2018, n. 19622, Capogrossi;

Cass. pen. sez. un., 31 marzo 2016, n. 33216, Rigacci

Difformi

Cass. pen. sez. IV, 3 luglio 2018, n. 42469, F.;

Cass. pen. sez. VI, 28 marzo 2017, n. 22545, Fawzi


Il caso

Il rapporto tra giudizio abbreviato e sospensione del procedimento con messa alla prova è il tema individuato dalla Suprema Corte quale oggetto della decisione. Tale problematica emerge da una vicenda procedurale particolarmente articolata che è opportuno sintetizzare per apprezzare, almeno nella sua parte principale, l’esito della pronuncia.

Veniva emesso decreto di giudizio immediato, cui faceva seguito la richiesta – promossa dalla difesa – di procedersi con rito abbreviato condizionato (all’espletamento di una perizia). Ammesso il rito speciale, veniva trattato il giudizio e conferito l’incarico al perito. All’udienza successiva, il difensore eccepiva la nullità dell’originario decreto di giudizio immediato, in quanto mancante dell’indicazione della facoltà per l’imputato di chiedere di essere messo alla prova, e avanzava per l’appunto richiesta ex art. 464-bis c.p.p. Il g.u.p. procedente riteneva l’eccezione di nullità oramai assorbita e rigettava l’istanza di messa alla prova, valutando negativamente la prognosi di non recidiva. Dopo aver eccepito l’incompatibilità del giudice ai sensi dell’art. 34c.p.p. e aver ottenuto la sua astensione, la difesa (ri)chiedeva al diverso g.u.p. competente di dichiarare nullo il decreto di giudizio immediato e di essere rimessa nel termine per (ri)presentare istanza di messa alla prova. Il giudice rimetteva nel termine l’imputato ma rigettava la relativa richiesta di messa alla prova, ribadendo la prognosi negativa di non recidiva. In tale occasione, il difensore insisteva allora affinché si proseguisse nelle forme ordinarie e il pubblico ministero chiedeva il rinvio a giudizio. Il g.u.p. emanava il relativo decreto, disponendo di procedersi dinanzi al Tribunale. Il Tribunale, avanti al quale la difesa reiterava l’istanza di messa alla prova, rigettava ancora una volta la richiesta di m.a.p. e restituiva gli atti al g.u.p. competente, affinché procedesse nelle forme del rito abbreviato già incardinato. Il Tribunale, invero, sosteneva che fosse abnorme il provvedimento disposto dal g.u.p. con il quale di fatto si revocava l’ammissione dell’imputato al rito abbreviato, non potendo tale decisione essere pronunciata al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 441-bis c.p.p. (v. Cass. pen. sez. III, 12 novembre 2009, n. 9921, Majouri). L’imputato, a mezzo del difensore, ricorreva in Cassazione lamentando l’abnormità, l’illegittimità e la mancanza di motivazione dell’ordinanza tribunalizia. Quest’ultima, a dire della difesa, partiva dall’errato presupposto che il g.u.p., rimettendo nel termine l’imputato per avanzare – com’è poi avvenuto – la richiesta di messa alla prova, avesse revocato l’ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato, quando invece aveva semplicemente (ri)messo la difesa nella possibilità di scegliere un rito alternativo, dal cui mancato accoglimento non sarebbe potuta discendere altra conseguenza che si procedesse col rito ordinario.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte incentra il proprio giudizio sui rapporti tra rito abbreviato e sospensione del procedimento con messa alla prova, senza preventivamente soffermarsi sulla questione – a nostro parere preliminare (e, se riconosciuta fondata, finanche pregiudiziale) – del ritenuto assorbimento della nullità del decreto di giudizio immediato, mancante dell’indicazione della facoltà per l’imputato di chiedere la m.a.p. Invero, se il decreto fosse stato dichiarato nullo, non si sarebbero nemmeno poste le problematiche connesse alla pendenza del giudizio abbreviato, giacché sarebbe seguito un effetto retroattivo tale da riportare l’iter procedurale a un momento precedente all’instaurazione del giudizio abbreviato stesso.

Al di là di tale tematica (peraltro già posta all’attenzione della Consulta, che ha tuttavia ritenuto manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo, la questione di legittimità costituzionale sollevata: ord. n. 71 del 2019) e altresì sorvolando la tuttora controversa – ed invero emergente, come leitmotiv – natura della sospensione del procedimento con messa alla prova, la Cassazione ritiene di dover approfondire la compatibilità esistente tra l’istituto per l’appunto previsto dagli artt. 464-bis e ss. c.p.p. e il rito speciale disciplinato dagli artt. 438 e ss. c.p.p. A tal riguardo, gli Ermellini osservano innanzitutto che esistono due diversi orientamenti di legittimità.

Secondo il primo orientamento, poiché si tratta di due riti alternativi, per di più sostanzialmente analoghi a livello di termini finali per promuovere le relative istanze, gli stessi si precludono a vicenda in quanto tra loro incompatibili. Conseguentemente, a fronte della celebrazione del giudizio abbreviato, l’imputato non può lamentarsi, in sede d’appello, del diniego oppostogli all’avanzata richiesta di messa alla prova (Cass. pen. sez. IV, 3 luglio 2018, n. 42469, F.; Cass. pen. sez. VI, 28 marzo 2017, n. 22545, Fawzi).

Secondo altro orientamento, viceversa, essendo l’ordinanza di rigetto della m.a.p. appellabile unitamente alla sentenza di primo grado (arg. ex artt. 586 e 464-quater, co. 7 c.p.p.: Cass. pen. sez. III, 15 febbraio 2018, n. 19622, Capogrossi; Cass. pen. sez. un., 31 marzo 2016, n. 33216, Rigacci), anche se tale pronuncia è l’esito di un giudizio che si è celebrato nelle forme del rito abbreviato, in sede d’appello l’imputato può dedurre il carattere ingiustificato del rigetto della presentata istanza di messa alla prova (Cass. pen. sez. IV, 20 febbraio 2019, n. 30983, Cano Martinez). La peculiare “funzione dell’istituto della sospensione della messa alla prova” non consente infatti di paragonare i rapporti esistenti tra abbreviato e patteggiamento con quelli esistenti tra abbreviato e messa alla prova, nell’ambito dei quali – tra l’altro – la trattazione della messa alla prova assume “valenza prioritaria, non suscettibile neppure di revoca implicita per la richiesta di ammissione al rito abbreviato, da intendersi necessariamente effettuata con riserva”.

In definitiva, ed è questo l’indirizzo che i giudici di legittimità accolgono, “tra richiesta di giudizio abbreviato e istanza di messa alla prova non vi è un rapporto di incompatibilità, ben potendo l’imputato chiedere di essere ammesso ad entrambi e in tal caso il giudice dovrà innanzitutto valutare se possa essere accolta l’istanza di messa alla prova e, solo in caso negativo, procedere poi a valutare la richiesta di giudizio abbreviato”. Tutto ciò, puntualizza il Collegio, in virtù del diritto di difesa (sub specie: diritto dell’imputato di avvalersi di riti alternativi) e del principio della ragionevole durata del processo (in particolare, dell’efficienza e dell’economia processuali), posto che l’accesso a modalità alternative di definizione del procedimento penale abbatte il numero dei processi da trattare nelle forme ordinarie e quindi, nel complesso, ‘libera risorse’ e riduce i tempi per la definizione dei restanti giudizi pendenti.

Esito del giudizio

Dal momento che la proposizione della richiesta di messa alla prova non comporta una revoca della originaria istanza di giudizio abbreviato, essendovi compatibilità tra i due istituti, nel caso di specie il g.u.p. ha legittimamente preso in considerazione – e per prima cosa – la richiesta di m.a.p., rigettandola, ma ha poi emanato un provvedimento abnorme allorché ha disposto il rinvio a giudizio, non potendo l’ordinanza di ammissione al rito abbreviato essere revocata al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 441-bis c.p.p. Il ricorso avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale restituisce gli atti al g.u.p., affinché proceda nelle forme del rito abbreviato, viene pertanto dichiarato inammissibile, in quanto l’atto impugnato non è viziato da abnormità.

Riferimenti normativi:

Art. 24 Cost.

Art. 111 Cost.

Art. 438 e ss. c.p.p.

Art. 464-bis e ss. c.p.p.

Cassazione penale, sezione V, sentenza 23 gennaio 2020, n. 2736

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