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L’espropriazione dei diritti patrimoniali di proprietà industriale


Riferimenti D.Lgs. 10-02-2005, n. 30, Art. 124. - Misure correttive e sanzioni civili D.Lgs. 10-02-2005, n. 30, Art. 129. - Descrizione e sequestro D.Lgs. 10-02-2005, n. 30, Art. 137. - Esecuzione forzata e sequestro dei titoli di proprietà industriale D.Lgs. 10-02-2005, n. 30, Art. 246. - Disposizioni abrogative c.p.c. art. 429 c.c. art. 2914 c.c. art. 2916 c.c. art. 2917

Sommario:1. - La normativa di riferimento. - 2. - Cenni sulla tutela preventiva della invenzione industriale. - 3. - Il diritto transitorio. - 4.- Il pignoramento. Effetti ed opposizione allo stesso. - 5. - La fase della vendita. - 6. - La distribuzione.

1. - La normativa di riferimento.Disponeva l’art. 87, r.d. 29-6-1939, n. 1127, l. brevetti, che «i diritti patrimoniali 1 in materia di brevetti per invenzioni industriali possono formare oggetto di esecuzione forzata. All’esecuzione si applicano le norme stabilite dal codice della proprietà industriale di procedura civile per l’esecuzione sui beni mobili». Nello stesso senso l’art. 1, r.d. 25-8-1940, n. 1411, l. modelli, richiamava il testo normativo visto, affermando che «il regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127, sulle invenzioni industriali, oltre che a tali invenzioni, si applica anche alla materia:dei modelli di utilità;dei modelli e disegni ornamentali. Tuttavia le disposizioni del richiamato regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127, spiegano effetto nella anzidetta materia in quanto tale decreto sia applicabile, fatte salve, in ogni caso, le disposizioni degli articoli che seguono». Le due norme permettevano e regolavano l’espropriazione di beni immateriali, consistenti nell’attuazione dell’invenzione e nel profitto che se ne ritrae, ossia dal brevetto della invenzione industriale e dal brevetto del modello industriale (art. 2575 c.c.). Opere dell’ingegno di sicura valenza economica (art. 2584, 2592 c.c.). Le norme viste sono state abrogate dal d.lg. 10-2-2005, n. 30 (art. 246) (Suppl. ord. n. 28, GU 4 marzo, n. 52). - Codice della proprietà industriale, a norma dell’art. 15 l. 12-12-2002, n. 273 (con le modifiche introdotte dal d.l. 35/2005 e dal d.lg. 140/2006) 2. Il testo legislativo ha voluto unificare le varie normative esistenti in materia di protezione dei diritti sull opere dell’ingegno, coniugando unicità del disengo e permanenza degli elementi strutturali della materia come già disciplinata dai precedenti testi normativi 3. Ciò, in particolare, per quanto riguarda l’espropriazione delle opere oggetto di proprietà industriale, dei diritti patrimoniali conseguenti (non naturalmente l’idea in se stessa, ma i diritti economici che derivano dalla invenzione). Così, oggi dispone l’art. 137, d.lg. 30/2005: i diritti patrimoniali di proprietà industriale possono formare oggetto di esecuzione forzata. All’esecuzione si applicano le norme stabilite dal codice di procedura civile per l’esecuzione sui beni mobili. Il pignoramento, quindi, riguarda i diritti patrimoniali della invenzione industriale, (compresi quelli relativi a domande di brevetto nelle more fra la presentazione e la concessione) la cui utilizzazione economica risulta inibita al debitore che dalla data di notificazione assume gli obblighi del custode, dovendo provvedere all’accantonamento, fra l’altro, dei frutti derivanti dalla concessione in uso del diritto, frutti che integrano il ricavato delle vendita 4. Le norme prevedono, una speciale procedura esecutiva, da equipararsi all’espropriazione dei beni mobili 5. 2. - Cenni sulla tutela preventiva della invenzione industriale.L’art. 124, d.lg. 30/2005, disciplina il contenuto della sentenza relativa all’accertamento (positivo o negativo) della contraffazione. Si tratta di una norma non particolarmente innovativa rispetto alle discipline previgenti, in quanto caratterizzata dall’identificazione degli strumenti risarcitori e di coazione già indicati dalla l. inv. (artt. 85-86) e dalla l. m. (art. 66) a tutela dei diritti di privativa industriale. Il 1° co. della norma in questione introduce espressamente la figura dell’inibitoria definitiva, con ciò dimostrando l’intenzione del legislatore del codice della proprietà industriale di condividere il consolidato orientamento sviluppatosi in vigenza delle previgenti discipline industrialistiche e volto ad affermare l’ammissibilità di tale misura nonostante l’esplicita previsione della sola inibitoria cautelare (e, dunque, per sua stessa natura provvisoria). E difatti, da un lato lo ius excludendi alios connesso alla titolarità di un diritto di privativa industriale e sancito dagli artt. 1 l. inv. e 1 l. m. e, dall’altro l’art. 2599 c.c. dettato in materia di concorrenza sleale, autorizzavano a ritenere che l’inibitoria definitiva fosse implicita nel sistema. Del resto, l’espressa previsione di tale misura ad opera del codice della proprietà industriale si pone in linea con il disposto contenuto nell’art. 11 della direttiva CE 48/2004, che autorizza il giudice a pronunciare — una volta accertata l’attività contraffattiva — un’inibitoria al fine di scongiurarne la prosecuzione, nei confronti non soltanto dell’autore della contraffazione, ma anche degli «intermediari», comunque coinvolti nella violazione del diritto di proprietà industriale altrui). Quanto alle penalità di mora 6 di cui al 2° co. dell’art. 124, le stesse non rappresentano certamente una novità del sistema; giova unicamente porre in luce come il codice della proprietà industriale (esattamente come la direttiva CE 48/2004) abbia voluto sottolineare la rilevanza di tali mezzi rispetto all’inibitoria stessa, di cui devono garantire l’esecuzione, e non già al risarcimento del danno. La misura della distruzione degli beni prodotti in contraffazione dei diritti altrui (3° co.) si differenzia dalla normativa industriale anteriore che, difatti, contemplava espressamente tale misura sanzionatoria limitatamente alla materia dei marchi (art. 66 l. m.); in materia brevettuale, peraltro, pur nella mancanza di un’esplicita previsione sul punto, dottrina e giurisprudenza si mostravano chiaramente inclini ad ammettere la distruzione, ritenendo che l’ammissibilità di tale sanzione fosse ricavabilea contrario da quanto prevedeva l’art. 86 l. inv., secondo cui «delle cose costituenti violazione dei diritti di brevetto per invenzione industriale non si può disporre la remozione o la distruzione, né può esserne interdetto l’uso quando appartengono a chi in buona fede ne fa uso personale o domestico». Oltre alla previsione di tale misura in termini generali, l’art. 124, 3° co., introduce una chiara preclusione al potere giudiziale di ordinare la distruzione dei prodotti contraffatti qualora ciò possa arrecare un «pregiudizio dell’economia nazionale», che, a parere del Consiglio di Stato, costituisce «il limite generale alla distruzione, sancito dall’art. 2933 c.c.». («Non può essere ordinata la distruzione della cosa e l’avente diritto può conseguire solo il risarcimento dei danni, se la distruzione della cosa è di pregiudizio all’economia nazionale»), norma quest’ultima cui la dottrina anteriore all’introduzione del codice della proprietà industriale era solita richiamarsi per affermare l’operatività degli altri rimedi restitutori e, in particolare, del risarcimento del danno e dell’assegnazione in proprietà. L’attuale previsione codicistica fa chiarezza sul punto: sancisce espressamente che, in tale evenienza, il titolare del diritto di privativa industriale può conseguire il solo risarcimento dei danni, così restringendo l’ampiezza della tutela dallo stesso invocabile e, peraltro, escludendo qualsivoglia elaborazione interpretativa. Anche con riferimento all’assegnazione in proprietà può dirsi che il codice della proprietà industriale innovi rispetto al passato, in quanto introduce all’art. 124, 4° co., una disciplina uniforme a tutti i diritti di proprietà industriale, sino ad ora nota alla sola l. inv. (art. 85). Nulla di nuovo, invece, sotto il profilo dei beni oggetto di assegnazione, che restano «gli oggetti prodotti importati o venduti in violazione del diritto, e i mezzi specifici che servono univocamente a produrli o ad attuare il metodo o processo tutelato»: la connotazione di univocità, difatti, sebbene non espressamente menzionata dalla normativa previgente, non assume sotto questo profilo alcuna rilevanza particolare, poiché anteriormente all’entrata in vigore del codice della proprietà industriale si riteneva che l’assegnazione in proprietà potesse riferirsi ai mezzi impiegati dal contraffattore solo nella misura in cui i medesimi fossero stati concretamente impiegati ai fini dell’illecito. Rispetto a tali oggetti, l’art. 124, 5° co., prevede la facoltà del giudice di disporne il sequestro, con le modalità già stabilite dall’art. 85, 3° e 4° co., l. inv. e, dunque, senza introdurre modifiche di rilievo. Quanto infine alle contestazioni che eventualmente emergessero nel corso dell’esecuzione delle misure sanzionatorie di cui si è detto, l’ult. co. dell’art. 124 cod. ind. ripropone la disciplina contenuta negli artt. 86, ult. co., l. inv. e 66, ult. co., l. m., eccezion fatta per il riferimento generico al giudice che ha pronunciato tali misure in luogo delle previsioni precedenti che ancora contenevano il riferimento al Presidente del Collegio e al Pretore, figura quest’ultima che peraltro non aveva più alcuna ragion d’essere a seguito dell’istituzione del giudice unico di primo grado introdotta dall’art. 244, 3° co., d.lg. 19-2-1998, n. 51. Il giudice indicato dalla norma altro non è se non il giudice delle sezioni specializzate in materia dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale competente a pronunciarsi sulla contraffazione e, in particolare, considerata la composizione collegiale di tale organo giudicante, il Presidente del collegio 7. 2.1. - Il sequestro. Tra le misure provvisorie di protezione dei diritti di proprietà industriale il codice della proprietà industriale disciplina all’art. 129 il sequestro, ciò conformemente sia alle disposizioni previgenti sia alla previsione contenuta nell’art. 9 della direttiva CE 48/2004. La disciplina introdotta dal codice della proprietà industriale si limita a riproporre quella previgente contenuta nella l. inv. (artt. 81 e 82) nonché nella l. m. (artt. 61 e 62), ovviamente nella sola parte riferita al sequestro. Immutate restano le norme procedimentali, rimandando la normativa alla disciplina del procedimento cautelare uniforme (art. 129, 2° co.), mutando solo la competenza a pronunciarsi sull’istanza di sequestro che sussiste oggi in capo ai giudici delle sezioni specializzate 8. Norma ripresa dal 13° co. dell’art. 137, per il quale «i diritti di proprietà industriale, ancorché in corso di concessione o di registrazione, possono essere oggetto di sequestro. Alla procedura del sequestro si applicano le disposizioni in materia di esecuzione forzata stabilite dal presente articolo ed altresì quelle sul sequestro, stabilite dal codice di procedura civile». Di rilievo è poi la previsione della necessaria garanzia della tutela delle informazioni riservate (art. 129, 1° co.), che impone al giudice della cautela di predisporre i mezzi e gli strumenti più idonei affinché l’esecuzione del sequestro non consenta l’utilizzo delle notizie acquisite per finalità diverse da quelle proprie del sequestro, vale a dire l’individuazione degli oggetti costituenti l’asserita contraffazione nonché le prove della medesima. Per quanto riguarda il «sequestro in fiera», l’art. 129, 3° co., pur riaffermando (artt. 84 l. inv. e 64 l. m.) il principio secondo cui i beni esposti in esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute, ovvero in transito da o per le medesime sono suscettibili solo di descrizione e mai di sequestro, non riproduce la regola che richiede all’istante, ai fini della descrizione e nel caso in cui i prodotti provengano da un paese estero, la prova della titolarità del marchio asseritamente contraffatto in Italia e nel paese di provenienza (art. 64, 2° co., l. m.). Il d.lg. 30/2005 nulla innova rispetto alla esecuzione dei provvedimenti di sequestro, limitandosi a riprodurre le regole previgenti (artt. 82 l. inv. e 62 l. m). La norma, poi, (art. 130, 3° co.) ripropone il richiamo all’art. 675 c.p.c. quale autonoma fattispecie di inefficacia della misura per il caso in cui la stessa non sia stata eseguita nel termine di 30 giorni dall’accoglimento dell’istanza cautelare; a tal fine, è sufficiente che l’esecuzione abbia avuto inizio nel suddetto termine. L’art. 131 cod. ind. disciplina l’inibitoria cautelare, misura di importanza fondamentale nel settore del diritto industriale, in quanto volta a scongiurare la reiterazione ovvero l’aggravamento della condotta illecita posta in essere dal contraffattore mediante l’ordine provvisorio di «non facere» rivolto al contraffattore, affinché si astenga o cessi l’attività in corso, nonché eventuali ordini di «facere» di natura propriamente restitutoria (le c.d. penalità di mora). Rispetto a queste misure, sembra doveroso segnalare come la norma del codice della proprietà industriale (art. 131, 2° co.) consenta ora al giudice di irrogare una penale per ogni violazione o inosservanza e (non più «o») per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento, senza più dunque vincolarlo alla scelta alternativa che la disciplina previgente sembrava imporgli e che, peraltro, poteva essere interpretata in chiave protezionistica del contraffattore. Ai sensi dell’art. 132 cod. ind., le misure della descrizione, del sequestro e dell’inibitoria cautelare di cui si è detto possono essere richieste e concesse a protezione sia dei titoli di privativa industriale già concessi, sia di quelli non ancora concessi ma rispetto ai quali sia già pendente il relativo iter amministrativo. La norma nulla innova rispetto alla disciplina anteriore (cfr. artt. 83-bis l. inv. e 61 l. m.), riproponendo un principio che si è consolidato gradualmente nel tempo. Il codice della proprietà industriale, al contrario, innova riguardo la tutela del domain names. Il nostro ordinamento non conosceva una disciplina specifica in materia, registrandosi solo a livello giurisprudenziale un’attività volta alla qualificazione dei segni in questione (assimilandoli al marchio, insegna, ditta, ovvero classificandoli come segni distintivi atipici) e, dunque, all’individuazione della disciplina applicabile 9. L’art. 133 insieme all’art. 118, 6° co., cod. ind. rappresentano dunque il primo vero tentativo di regolamentazione dal punto di vista processuale della materia. Quanto in particolare alla tutela cautelare viene prevista la misura dell’inibitoria cautelare limitatamente ai domain names aziendali. Essa può essere rivolta sia nei confronti dell’autore dell’illecito, vale a dire di chi abbia utilizzato il domain name registrato da altri e, dunque, in violazione del diritto altrui ovvero in modo concorrenzialmente scorretto, sia nei confronti del provider, cioè il gestore della rete ospitante il sito, quale corresponsabile dell’illecito in quanto tenuto a vigilare il sito medesimo. La novità processuale che pare più significativa è la previsione, contenuta nell’art. 133, di un nuovo provvedimento cautelare tipico: il trasferimento provvisorio del nome a dominio aziendale. La normativa non chiarisce se sia applicabile, come sopra visto, il procedimento cautelare uniforme disciplinato dal codice della proprietà industriale di rito. Unico richiamo alla normativa detta è la possibilità prevista in favore del giudice di subordinare il provvedimento alla prestazione di idonea cauzione (art. 133 cod. ind.). Da tale richiamo, unito alla generale norma di cui all’art. 134 se ne può desumere, anche in vista della armonizzazione procedurale dei provvedimenti che incidono in via preventiva sulla tutela della invenzione industriale, la applicazione del procedimento cauteare uniforme. 3. - Il diritto transitorio.Il codice della proprietà industriale dedica una sezione alle questioni di diritto transitorio (capo VIII, Disposizioni transitorie e finali, contenente gli artt. 231-246) 10. In genere, di fronte alla scarna normativa transitoria si impone il ricorso ai principi generali dell’ordinamento nella materia, principi che comportano l’applicabilità immediata del codice della proprietà industriale a tutti i titoli e a tutte le situazioni pendenti alla data della sua entrata in vigore 11. Trattandosi di questioni per qualche verso procedurali, esse parrebbero governate dal principio dell’applicazione della legge vigente al momento del compimento (o mancato compimento) dell’atto (tempus regit actum) almeno nel senso che, se un termine non è stato rispettato entro la sua scadenza, le conseguenze di questo mancato rispetto si definiscono in quell’istante, cosicché si tratterebbe di situazioni rispetto alle quali ricadrebbero sotto il governo della norma anteriore i fatti compiutisi. Questa parrebbe la situazione attuale, in assenza di norme transitorie specifiche che riguardino l’applicazione di queste norme 12. Per quanto riguarda la disciplina dell’esecuzione forzata dei diritti di proprietà industriale contenuta nell’art. 137 cod. ind., essa rievoca appieno quella previgente di cui all’art. 87 l. inv., secondo la quale l’esecuzione forzata sul brevetto si svolgeva secondo le norme del reg. l. inv. (artt. 67-77) nonché, in mancanza, le disposizioni del codice della proprietà industriale di procedura civile per l’esecuzione sui beni mobili 13. Con l’entrata in vigore del codice della proprietà industriale, la materia è ora regolata dalla norma in esame e da quelle cui la stessa rinvia. La disciplina della vendita e dell’aggiudicazione delle privative industriali ricalcano la regolamentazione previgente, rimanendo pur sempre governate dalle norme del codice di procedura civile; per la vendita, in particolare, è stabilito che essa possa essere utilmente effettuata decorsi almeno trenta giorni dal pignoramento, con termine di almeno venti giorni decorrenti dal decreto di fissazione della data della vendita medesima (art. 137, 8° co.), e l’aggiudicatario del diritto consegue il titolo per ottenere la cancellazione delle trascrizioni dei diritti di garanzia sulla privativa (art. 137, 12° co.). Anche la procedura di sequestro dei diritti di privativa industriale nulla innova rispetto al passato, soprattutto ove si ammette la sequestrabilità sia della privativa già addivenuta a concessione, sia della mera domanda della stessa purché pendente (art. 137, 13° co.). La competenza rispetto alle azioni di esecuzione forzata e di sequestro deve riconoscersi, in applicazione del richiamo all’art. 120 cod. ind. contenuto nel 1° co. della norma in esame, ai giudici della sezione specializzata territorialmente competente. 4.- Il pignoramento. Effetti ed opposizione allo stesso.Il pignoramento dei diritti patrimoniali di proprietà industriale si esegue con atto notificato al debitore, a mezzo di ufficiale giudiziario (art. 137 cod. ind.). L’atto deve contenere: a) la dichiarazione di pignoramento del titolo di proprietà industriale, previa menzione degli elementi atti ad identificarlo; b) la data del titolo e della sua spedizione in forma esecutiva; c) la somma per cui si procede all’esecuzione; d) il cognome, nome e domicilio, o residenza, del creditore e del debitore; e) il cognome e nome dell’ufficiale giudiziario. La norma non menziona l’intimazione ex art. 492 c.p.c., mentre riferisce di requisiti (generalità dell’ufficiale giudiziario) che oggi non sono previste. Si deve ritenere che l’entrata in vigore del codice di rito (visto che l’articolo ripropone le precedenti norme oggi abrogate) debba integrare comunque la disciplina sia rendendo necessaria l’intimazione, elemento essenziale di ogni pignoramento, sia escludendo requisiti oggi non più richiesti. Come si può notare, pur applicandosi le norme stabilite per l’esecuzione dei beni mobili (art. 137 cod. ind.), il vincolo sui beni si attua nelle forme dei pignoramenti immobiliari: il bene da apprendere e vendere è già identificato (il titolo di proprietà industriale) per cui occorre solo descriverlo nell’atto da notificare. La trascrizione, poi, fungerà da pubblicità notizia, e, per disposizione normativa, da elemento di efficacia del pignoramento. La notifica del pignoramento comporta l’indisponibilità del bene immateriale da parte del debitore, il quale dalla data della notificazione, assume gli obblighi del sequestratario giudiziale del brevetto, anche per quanto riguarda gli eventuali frutti. I frutti maturati dopo la data della notificazione, derivanti dalla concessione d’uso del brevetto, si cumulano con il ricavato della vendita, ai fini della successiva attribuzione. La notifica, quindi, vincola il titolo al soddisfacimento del creditore, impedendone ogni utilizzo economico da parte del debitore, visto che ogni frutto di tale utilizzo deve essere attribuito al creditore pignorate, sino alla concorrenza del proprio credito. L’atto di pignoramento deve essere trascritto (a cura dell’ufficiale giudiziario o del creditore procedente) entro otto giorni dalla notificazione e in difetto il pignoramento perde ogni efficacia. Tramite il sistema della pubblicità si rende individuabile il bene, il quale, per la mancanza di materialità, non può essere appreso. Si tratta di una trascrizione, come detto, che non adempie funzione pubblicitaria costitutiva, diretta alla nascita di diritti reali di garanzia, ma si concreta in un elemento concorrente ad un sistema espropriativo simile a quello immobiliare , in difetto di possibilità di apprensione materiale del suo oggetto. Come avviene per l’espropriazione immobiliare, il pignoramento è perfetto nei confronti del debitore con la sola notifica dell’atto, mentre con la successiva trascrizione sarà operante nei confronti dei terzi. Quindi, in caso di più pignoramenti, la preventiva trascrizione stabilirà la priorità fra i vari atti notificati (art. 561 c.p.c. applicabile alla disciplina della espropriazione delle invenzioni industriali), precisando che, non sussistendo una udienza necessaria diretta alla autorizzazione alla vendita, la tardività o meno del pignoramento successivo sarà determinata sempre dalla anteriorità rispetto al ricorso per l’assegnazione o la vendita che, in applicazione degli artt. 529 ss. c.p.c., deve ritenersi atto necessario da parte del creditore procedente 14. Inoltre, debbono essere resi pubblici per mezzo della trascrizione presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi (…) d) il verbale di pignoramento; e) il verbale di aggiudicazione in seguito a vendita forzata (art. 138 cod. ind.) 15. A norma del 6° co. dell’art. 137 cod. ind., l’atto di pignoramento del diritto di proprietà industriale deve essere trascritto, a pena di inefficacia, entro otto giorni dalla notifica. Avvenuta la trascrizione dell’atto di pignoramento del diritto di proprietà industriale, e finché il pignoramento stesso spiega effetto, i pignoramenti successivamente trascritti valgono come opposizione sul prezzo di vendita, quando siano notificati al creditore procedente. La dottrina parifica la trascrizione del pignoramento del brevetto alla trascrizione del pignoramento immobiliare, nel senso di ritenere la stessa elemento costitutivo e non semplice condicio iuris di efficacia dello stesso. Non esiste giurisprudenza chiarificatrice della questione, importante per i diversi effetti che ne derivano. Non sembra, peraltro, che la semplice dizione della legge (che parla di efficacia) possa divenire elemento determinante per la interpretazione della norma. Difatti, la norma non può essere letta semplicemente alla luce del successivo (temporalmente) art. 555 c.p.c. che collega direttamente la nascita del vincolo non solo alla notificazione dello stesso ma anche alla sua trascrizione. Difatti, come espressamente previsto dalla legge, «il pignoramento del brevetto per invenzione industriale si esegue con atto notificato al debitore, a mezzo di ufficiale giudiziario» 16. Ossia, il vincolo nasce al solo momento della notificazione del pignoramento; la successiva trascrizione serve solo a consolidare gli effetti del vincolo, appunto quale condizione di efficacia e di pubblicità notizia. Sarà onere del debitore, non avvenuta la trascrizione, far valere l’inefficacia (che si deve ritenere non rilevabile d’ufficio, ma soggetta alla impugnazione ex art. 617 c.p.c.). Il vincolo sul bene, essendo soggetto a trascrizione, sarà regolato quanto agli effetti sostanziali dagli artt. 2914 ss.: quindi, le alienazioni anteriori al pignoramento non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, se successive alla trascrizione del pignoramento (art. 2914 c.c.), così come gli atti che limitano la disponibilità dei beni pignorati (art. 2916 c.c.); inoltre nella distribuzione della somma ricavata dall’esecuzione non si tiene conto: 1) delle ipoteche anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento; 2) dei privilegi per la cui efficacia è necessaria l’iscrizione, se questa ha luogo dopo il pignoramento; 3) dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento (art. 2917 c.c.). Naturalmente, il creditore, in caso di cessione del diritto di utilizzazione della invenzione industriale potrà pignorare direttamente i proventi della cessione, tramite esecuzione mobiliare presso terzi (analogamente, ad es., che nei casi di pignoramenti di canoni di locazione). Ossia, potrà decidere se procedere nelle forme dette, o se notificare pignoramento secondo la legislazione speciale che, come visto, estende immediatamente la sua efficacia ai frutti derivanti dallo sfruttamento economico della invenzione, oltre che permettere la vendita dei diritti patrimoniali direttamente connessi alla invenzione (art. 137 cod. ind.: Il debitore, dalla data della notificazione, assume gli obblighi del sequestratario giudiziale del titolo di proprietà industriale, anche per quanto riguarda gli eventuali frutti. I frutti, maturati dopo la data della notificazione, derivanti dalla concessione d’uso del diritto di proprietà industriale, si cumulano con il ricavato della vendita, ai fini della successiva attribuzione). Si osservano nei riguardi della notificazione dell’atto di pignoramento, le norme contenute nel codice di procedura civile per la notificazione delle citazioni. Se colui al quale l’atto di pignoramento deve essere notificato non abbia domicilio o residenza nello Stato, nè abbia in questo eletto domicilio, la notificazione è eseguita presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi. In quest’ultimo caso, copia dell’atto è affissa nell’Albo dell’Ufficio ed inserita nel Bollettino ufficiale. Pur se la legge nulla dice, si deve ritenere che l’ufficiale giudiziario debba depositare gli atti della procedura nella cancelleria del giudice competente, per la formazione del fascicolo d’ufficio. Nel quale convergeranno i pignoramenti successivi e gli atti di intervento. Per quanto riguarda i pignoramenti successivi, l’art. 69, 2° co., reg. brevetti ed oggi l’art. 137 cod. ind., prevedono la possibilità che esso sia notificato non solo al debitore, come necessario, ma anche al creditore. Come detto, a norma del 6° co. dell’art. 137 cod. ind., «Avvenuta la trascrizione dell’atto di pignoramento del diritto di proprietà industriale, e finché il pignoramento stesso spiega effetto, i pignoramenti successivamente trascritti valgono come opposizione sul prezzo di vendita, quando siano notificati al creditore procedente». In tale secondo caso (nel primo sarà semplice pignoramento successivo), il pignoramento varrà anche quale opposizione nei confronti del creditore, al fine di anticipare le contestazioni al riparto di cui all’art. 512 c.p.c. che verranno effettivamente delibate nella fase della distribuzione successiva alla vendita (che non viene minimamente intaccata dalla pendenza della opposizione, v. l’abrogato art. 74, l. brevetti). Naturalmente, non è necessario che l’atto di pignoramento contenga una specifica contestazione del quantum del credito o dei privilegi applicabili. Si deve ritenere che la norma importi una instaurazione d’ufficio, si può dire, della fase della contestazione del credito ex art. 512 c.p.c.: per poter procedere alla distribuzione è necessario che non vi siano contestazioni in ordine all’esistenza o all’ammontare del credito, perché in questo caso il progetto di distribuzione non può essere approvato ed occorre accertare l’ammontare del credito contestato mediante un giudizio, le cui modalità e caratteristiche sono definite dall’art. 512 c.p.c., dedicato, per l’appunto, all’introduzione ed alla risoluzione delle controversie insorte in sede distributiva 17. Quindi, la trascrizione e la notificazione al creditore fanno sorgere già da subito controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione.Si deve ritenere, comuque, che al fine di puntualizzare l’oggetto della domanda, sia onere del creditore di individuare, anche verbalmente nella udienza di distribuzione, i crediti contestati e le ragioni della contestazione. Solo così il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, può provvedere con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617, 2° co., c.p.c., con la quale può anche sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata 18. Altrimenti, si dovrebbe ritenere possibile una opposizione distributiva senza specifico oggetto, imponendo al giudice della esecuzione di esaminare, una volta constatata la trascrizione e la notificazione detta, ogni possibile causa di esistenza o meno di crediti o prelazioni. Se si pensa che dagli atti del procedimento esecutivo ben poco può desumersi in merito, salva una evidente mancanza di causa giustificativa di prelazione, si deve ritenere che il giudice della esecuzione, a fronte della mancata specificazione delle ragioni della opposizione, potrà distribuire le somme in accordo con l’ammontare dei crediti presenti al riparto ed alle rispettive cause di prelazione evidenziate, ritenendo implicitamente abbandonata l’opposizione esecutiva 19. Per quanto riguarda la competenza per la cognizione delle opposizioni esecutive, ex art. 137, 14° co., cod. ind., le controversie in materia di esecuzione forzata e di sequestro dei diritti di proprietà industriale si propongono davanti all’autorità giudiziaria dello Stato competente a norma dell’art. 120. Ossia, le opposizioni esecutive si propongono davanti all’autorità giudiziaria del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, del luogo in cui il convenuto ha la dimora, salvo quanto previsto nel 3° co. Quando il convenuto non ha residenza, né domicilio né dimora nel territorio dello Stato, le azioni sono proposte davanti all’autorità giudiziaria del luogo in cui l’attore ha la residenza o il domicilio. Qualora né l’attore, né il convenuto abbiano nel territorio dello Stato residenza, domicilio o dimora è competente l’autorità giudiziaria di Roma. L’indicazione di domicilio effettuata con la domanda di registrazione o di brevettazione e annotata nel registro vale come elezione di domicilio esclusivo, ai fini della determinazione della competenza e di ogni notificazione di atti di procedimenti davanti ad autorità giurisdizionali ordinarie o amministrative. Il domicilio così eletto può essere modificato soltanto con apposita istanza di sostituzione da annotarsi sul registro a cura dell’Ufficio italiano brevetti e marchi. La competenza in materia di diritti di proprietà industriale appartiene ai tribunali espressamente indicati a tale scopo dal d.lg. 27-6-2003, n. 168. Per tribunali dei marchi e dei disegni e modelli comunitari ai sensi dell’art. 91, reg. CE 40/1994 e dell’art. 80, reg. CE 6/2002 si intendono quelli di cui al 4° co. 20. Orbene, visto che le norme generali applicabili sono da trarre dal codice di rito, salve le norme speciali contenute nel Codice della proprietà industriale, si deve ritenere che sia applicabile l’art. 26 c.p.c. che, per l’espropriazione dei beni mobili rimanda al giudice del luogo in cui le cose si trovano, con la seguente precisazione: trattandosi di diritti immateriali non sussiste la cosa in se stessa ma i diritti di utilizzazione economica e morale del brevetto esclusivo in capo al all’autore dell’invenzione o del modello o ai suoi aventi causa. Quindi, visto che con la trascrizione presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, sito in Roma, si rende noto (pubblicità notizia) l’avvenuto pignoramento, si deve ritenere che il diritto espropriabile si debba individuare presso lo stesso debitore, ossia il luogo ove il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, del luogo in cui il convenuto ha la dimora. Ciò permette di armonizzare la competenza esecutiva con la compentenza in materia di opposizioni esecutive, che ex art. 120 cod. ind. sono trattate dal giudice, appunto, della residenza del convenuto. 5. - La fase della vendita.Scarne le norme che disciplinano la vendita del brevetto (o, ed è la medesima cosa, dei diritti patrimoniali discendenti dallo stesso). L’art. 137, come prima i regolamenti attuativi, si limita a stabilire un termine dilatorio fra il pignoramento, il decreto di fissazione della vendita e la vendita stessa: la vendita del brevetto non può farsi se non siano trascorsi almeno trenta giorni dal pignoramento. Un termine di venti giorni deve decorrere, per la vendita, dal decreto di fissazione del giorno della vendita stessa. Il giudice, per la vendita e l’aggiudicazione dei diritti di proprietà industriale, dispone le forme speciali che ritiene opportune nei singoli casi, provvedendo altresì per l’annunzio della vendita al pubblico, anche in deroga alle norme del codice di procedura civile. All’uopo il giudice può stabilire che l’annunzio sia affisso nei locali della Camera di commercio ed in quelli dell’Ufficio italiano brevetti e marchi e pubblicato nel Bollettino dei diritti di proprietà industriale. Nel resto (7° co.) dispone che la vendita e l’aggiudicazione dei diritti di proprietà industriale pignorati sono fatte con le corrispondenti norme stabilite dal codice di procedura civile in quanto applicabili. Come si ricorderà, l’art. 137 richiama l’applicazione delle norme che disciplinano la vendita dei beni mobili pignorati al debitore, per cui la normativa speciale dovrà essere integrata con gli artt. 529 ss. c.p.c. In particolare, effettuato il pignoramento, il creditore depositerà istanza di vendita al giudice competente, il quale, in mancanza di una indicazione del valore del brevetto pignorato (non contenuto nell’atto di pignoramento) non dovrà fissare udienza di comparizione delle parti per l’autorizzazione della vendita ex artt. 530 e 525, ult. co., c.p.c. Naturalmente nulla vieta, vista la specificità della materia, che, anzi, consiglia in tal senso, che il giudice disponga sempre la comparizione della parti, al fine di ottenere maggiori chiarimenti in ordine alla migliore vendita del brevetto. Autorizzerà, di seguito, la vendita. Come detto, la normativa speciale si preoccupa solo di stabilire termini dilatori per la vendita del bene: potranno comunque applicarsi i termini di perenzione del pignoramento se l’istanza di vendita non sia depositata entro novanta giorni dall’ atto (art. 497 c.p.c.). La vendita potrà avvenire senza incanto, tramite commissionario nominato dal giudice o all’incanto, affidando le vendite ad un istituto autorizzato (l’I.V.G.), o tramite ufficiale giudiziario o cancelliere. Queste le forme del codice di rito. La normativa speciale, peraltro, proprio in relazione alla specialità dell’oggetto da vendere, che difficilmente può interessare ad una grande platea di possibili acquirenti, i quali devono essere soggetti che posseggono la particolare conoscenza ed eventuale organizzazione produttiva necessaria a sfruttare l’invenzione, lascia la massima libertà al giudice di individuare le prassi migliori per la vendita dei diritti patrimoniali. Sicuramente sarà sempre necessario far precedere la vendita da perizia diretta alla valutazione economica dello sfruttamento della invenzione industriale, tramite la individuazione delle prospettive future di utilizzo economico della stessa. Quindi, l’udienza di autorizzazione alla vendita sarà necessaria anche per la nomina di uno stimatore, visto che il prezzo base di vendita non potrà essere facilmente attribuito dal giudice o indicato dalle parti. Lo stimatore, difatti, dovrà individuare le potenzialità patrimoniali del brevetto ed il suo attuale sfruttamento economico, al fine di individuare il prezzo di vendita che più si avvicina al valore intrinseco del bene. Sarà opportuno, sempre per la specificità del bene pignorato, che la vendita avvenga tramite commissionario specializzato nel campo di utilizzo della invenzione (vendita senza incanto), al fine di permettere la migliore offerta sul mercato specifico di utilizzo della invenzione 21. Anche tramite l’azione del commissionario potranno essere individuate le migliori forme di pubblicità (l’art. 137, come visto, in parte indica una pubblicità «specializzata» tramite affissioni presso l’Ufficio Brevetti e le Camere di commercio), che portino la notizia della vendita nel settore economico opportuno. Potrà, il giudice, procedere tramite incanto. Una volta stabilito, appunto, il valore del brevetto da vendere. Ipotesi che porta comunque alla possiiblitàm di successivi incanti al ribasso (art. 538 c.p.c.) 22. Inoltre, l’art. 534-bis c.p.c., disciplinante la vendita con incanto dei beni mobili iscritti nei pubblici registri con delega ad un notaio od altro professionista per le operazioni, deve ritenersi senz’altro applicabile anche nel caso di vendita dei diritti di sfruttamento economico delle invenzioni indistriali, vista l’esistenza, in ogni caso, di pubblici registri ove è iscritto il brevetto. Difatti, a tutela del titolare è prevista la trascrizione del brevetto nel Registro dei brevetti, che garantisce la titolarità del diritto stesso, in quanto qualsiasi modificativo della titolarità va anch’esso trascritto. In caso, infatti, di trasferimento della proprietà di un brevetto, o comunque di modifica del godimento, il cessionario deve personalmente, o a mezzo di mandatario, depositare alla Camera di Commercio o all’Ufficio italiano dei brevetti e marchi la nota di trascrizione, redatta in duplice esemplare, su carta bollata, firmata dal cessionario o dal suo mandatario. Necessaria, come detto, una particolare pubblicità della vendita del brevetto, oggi resa più semplice nelle modalità dalla analitica indicazione dell’art. 490, 2° e 3° co., c.p.c. 23. Peraltro, pur se il valore della invenzione non superi le 25 mila euro si deve ritenere possibile, per la migliore collocazione nel mercato specializzato, l’attuazione della medesima procedura anche in caso di valori inferiori: la mancata pubblicizzazione potrebbe compromettere in ogni caso la vendita di un bene di difficile sistemazione sul mercato cui ordinariamente si rivolge la procedura esecutiva mobiliare. Ulteriori forme potranno essere individuate dal giudice, anche in ciò consigliato dallo stimatore nominato, che deve essere un esperto, come detto, del settore. Come visto, l’udienza di comparizione delle parti non è direttamente prevista dalla legge speciale, ma solo discrezionalmente disposta dal giudice. Per eventuali interventi, la tempestività sarà determinata, al fine della distribuzione della somma ricavata, dal deposito della istanza di vendita (art. 528 c.p.c.). Naturalmente, nessuna importanza rivestirà per i creditori privilegiati 24. È previsto, dalla legislazione speciale che il creditore istante, nell’esecuzione forzata sui diritti di proprietà industriale, debba notificare almeno dieci giorni prima della vendita, ai creditori titolari dei diritti di garanzia, trascritti, l’atto di pignoramento e il decreto di fissazione del giorno della vendita 25. Questi ultimi creditori devono depositare, nella cancelleria dell’autorità giudiziaria competente, le loro domande di collocazione con i documenti giustificativi entro quindici giorni dalla vendita 26. Chiunque vi abbia interesse può esaminare dette domande e i documenti (la normativa sottolinea ancor di più la mancanza di una udienza di comparizione parti per l’autorizzazione alla vendita) 27. Nulla esclude che il creditore intervenga autonomamente dalla notificazione 28. In ogni caso, il verbale di aggiudicazione deve contenere gli estremi del diritto di proprietà industriale giuste le risultanze dei relativi titoli (art. 137, 9° co., cod. ind.). 6. - La distribuzione.La legislazione speciale prevede una udienza di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita del brevetto: a norma dell’11° e 12° co. dell’art. 137, trascorso il termine di quindici giorni, previsto nell’8° co., il giudice, su istanza di una delle parti, fissa l’udienza nella quale proporrà lo stato di graduazione e di ripartizione del prezzo ricavato dalla vendita e dagli eventuali frutti. Il giudice, nell’udienza, accertata l’osservanza delle disposizioni dell’8° co., ove le parti non si siano accordate sulla distribuzione del ricavato dei frutti, procede alla graduazione fra i creditori ed alla distribuzione di tale ricavato dei frutti stessi, secondo le relative norme stabilite nel codice di procedura civile per l’esecuzione mobiliare 29. I crediti con mora, eventuali o condizionati, diventano esigibili secondo le norme del codice civile. Rissumendo, trascorsi quindici giorni dalla vendita, su impulso di parte, il giudice fissa l’udienza di comparizione parti, nella quale, in mancanza di accordo, proporrà egli stesso la graduazione dei crediti e la ripartizione delle somme. Nulla esclude l’applicabilità dell’art. 512 c.p.c., in caso di contestazioni sorte in udienza. La contestazione in sede di distribuzione, come detto, potrà essere anticipata tramite la notificazione al creditore dell’intervento: a norma del comma sesto, i pignoramenti successivamente trascritti valgono come opposizione sul prezzo di vendita, quando siano notificati al creditore procedente. Nei paragrafi precedenti si è già detto che tale iniziativa, se l’atto di intervento non contenga anche l’esplicitazione delle contestazioni al riparto, resta senza seguito, in mancanza della specificazione delle ragioni della contestazione da avvenire in udienza o tramite atto depositato in cancelleria da parte del creditore interveniente. I crediti sottoposti a termine o condizione, facoltizzati ad essere oggetto di intervento (analogamente alle espropriazioni immobiliari), divengono esigibili, secondo le ordinarie regole: il termine verrà a scadenza, la condizione, se verificata, permetterà la distribuzione, altrimenti la somma verrà accantonata. L’aggiudicatario del diritto di proprietà industriale ha diritto di ottenere che siano cancellate le trascrizioni dei diritti di garanzia sul titolo corrispondente, depositando, presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi, copia del verbale di aggiudicazione e attestato del cancelliere dell’avvenuto versamento del prezzo di aggiudicazione, osservate le norme per la cancellazione delle trascrizioni. Il procedimento è soggetto, infine, alle ordinarie norme in tema di estinzione (artt. 629 ss. c.p.c.).

1Art. 66 cod. ind. 30/2005: «i diritti di brevetto per invenzione industriale consistono nella facoltà esclusiva di attuare l’invenzione e di trarne profitto nel territorio dello Stato, entro i limiti ed alle condizioni previste dal presente codice». 2In dottrina v.: SCUFFI-FRANZOSI-FITTANTE, Il Codice della proprietà industriale (d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30), Commento per articoli coordinato con le disposizioni comunitarie ed internazionali, Padova, 2005. UBERTAZZI (a cura di), Il Codice della Proprietà Industriale, Quaderni di AIDA, n. 11, Milano, 2004. 3Il nuovo codice della proprietà industriale è indubbiamente un testo complesso che si propone, come principale obiettivo, quello di procedere ad una risistemazione razionale della materia della proprietà industriale, sino ad oggi caratterizzata da una disciplina indubbiamente frammentata, oltre che in parte superata dalle necessità determinate dal progresso tecnologico. Il coordinamento e il riassetto dell’intera disciplina della proprietà industriale in un unico testo, con la contestuale abrogazione di un cospicuo numero di provvedimenti normativi, non può, in linea di massima, che essere giudicato positivamente in considerazione degli indubbi riflessi che l’attività di codificazione implica in termini di certezza del diritto. 4Ricordiamo che ex art. 62 cod. ind. (Diritto morale) il diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione può essere fatto valere dall’inventore e, dopo la sua morte, dal coniuge e dai discendenti fino al secondo grado; in loro mancanza o dopo la loro morte, dai genitori e dagli altri ascendenti ed in mancanza, o dopo la morte anche di questi, dai parenti fino al quarto grado incluso. Ex art. 63 (Diritti patrimoniali), i diritti nascenti dalle invenzioni industriali, tranne il diritto di essere riconosciuto autore, sono alienabili e trasmissibili. Il diritto al brevetto per invenzione industriale spetta all’autore dell’invenzione e ai suoi aventi causa. E ciò, richiamado le altre norme del codice della proprietà industriale, vale per le altre invenzioni industiali. Su cui v. la definizione generale di cui all’art. 2 cod. ind.: «i diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice. La brevettazione e la registrazione danno luogo ai titoli di proprietà industriale. Sono oggetto di brevettazione le invenzioni, i modelli di utilità, le nuove varietà vegetali. Sono oggetto di registrazione i marchi, i disegni e modelli, le topografie dei prodotti a seminconduttori. Sono protetti, ricorrendone i presupposti di legge, i segni distintivi diversi dal marchio registrato, le informazioni aziendali riservate, le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine. L’attività amministrativa di brevettazione e di registrazione ha natura di accertamento costitutivo e dà luogo a titoli soggetti ad un regime speciale di nullità e decadenza sulla base delle norme contenute nel presente codice». Ancora: art. 45: possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le invenzioni nuove che implicano un’attività inventiva e sono atte ad avere un’applicazione industriale. Art. 46: un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica. Art. 48: un’invenzione è considerata come implicante un’attività inventiva se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica. Se lo stato della tecnica comprende documenti di cui al 3° co., dell’art. 46, questi documenti non sono presi in considerazione per l’apprezzamento dell’attività inventiva. Art. 49: un’invenzione è considerata atta ad avere un’applicazione industriale se il suo oggetto può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria, compresa quella agricola. 5Ricordiamo, brevemente, che il brevetto è un titolo in forza del quale viene conferito un monopolio temporaneo di sfruttamento sul trovato oggetto del brevetto stesso consistente nel diritto esclusivo di realizzarlo, di disporne e di farne oggetto di commercio, nonché di vietare a terzi di produrlo, usarlo, metterlo in commercio, venderlo o importarlo. Possono costituire oggetto di brevetto: - le invenzioni industriali; - i modelli di utilità; - i modelli ornamentali; - le nuove varietà vegetali; - le topografie di prodotto a semiconduttori (registrazione). L’invenzione è una soluzione nuova ed originale di un problema tecnico, atta ad essere realizzata ed applicata in campo industriale. Essa può riguardare un prodotto o un procedimento. Il modello di utilità è un trovato che fornisce a macchine o parti di esse, a strumenti, utensili od oggetti di uso in genere, particolare efficacia o comodità di applicazione o d’impiego. Il modello ornamentale è un trovato che conferisce ai prodotti industriali uno speciale ornamento grazie ad una particolare forma o combinazione di linee, colori o altri elementi. La nuova varietà vegetale è una varietà vegetale nuova, omogenea, stabile e diversa da altre già esistenti. La topografia di prodotto a semiconduttori è una serie di disegni correlati, comunque fissati o codificati, rappresentanti lo schema tridimensionale degli strati di cui si compone un prodotto a semiconduttori. In tale serie ciascuna immagine riproduce in tutto o in parte una superficie del prodotto a semiconduttori in uno stadio qualsiasi della sua fabbricazione. I requisiti per ottenere un brevetto d’invenzione sono: - novità: il trovato non deve essere già compreso nello stato della tecnica; per stato della tecnica si intende tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico, in Italia o all’estero, prima della data del deposito della domanda di brevetto mediante descrizione scritta od orale, una utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo; - attività inventiva: il trovato non deve risultare in modo evidente dallo stato della tecnica per una persona esperta del ramo; tale requisito è sostituito, nella caso di modello di utilità, dalla «particolare efficacia o comodità di applicazione» e, nel caso di modello ornamentale, dallo «speciale ornamento»; - applicazione industriale: il trovato deve poter essere oggetto di fabbricazione e utilizzo in campo industriale; - liceità: il trovato non deve essere contrario all’ordine pubblico e al buon costume. 6V. sul punto, VULLO, L’attuazione dei provvedimenti cautelari, Torino, 2001, 222 ss. 7Ricordiamo che l’art. 126 cod. ind. in parte riproduce gli artt. 85, 1° co., l. inv. e 65 l. m.; tuttavia, nel nuovo testo è inserita una novità di non poco conto, in quanto è previsto che oggetto di pubblicazione possa essere non solo la sentenza che accerta la violazione dei diritti di proprietà industriale, ma anche l’ordinanza cautelare di egual contenuto. Tale pubblicazione avviene senza il richiamo dell’art. 120 c.p.c., secondo il quale ove la pubblicazione non avvenga a cura del soccombente, alla stessa può provvedere la parte vittoriosa, con diritto di ripetere le relative spese, con ciò escludendosi che la pubblicazione stessa abbia la funzione di risarcire il danno. 8Già in passato la giurisprudenza aveva precisato che, in virtù dell’art. 669-quaterdecies c.p.c. la nuova disciplina uniforme dei procedimenti cautelari si applica, in quanto compatibile, anche agli altri provvedimenti cautelari previsti dalle leggi speciali e non v’ha dubbio che il sequestro disciplinato dal codice della proprietà industriale costituisce una forma sui generis di sequestro giudiziario (già, T. Pescara, 15-3-1995, GM, 1996, 689; conforme, T. Pescara, 27-4-1995, ivi, 1996, 688). 9T. Mantova, 5-6-2004, GIUS, 2004, 3500; T. Napoli, 8-3-2003, GNap, 2003, 177; T. Napoli, 28-12-2001, DInd, 2003, 159; T. Firenze, 7-6-2001, DInd, 2001, 393; T. Genova, 18-12-2000, DInf, 2001, 521. 10Nota la dottrina che si è scelto di non dotare per lo più il codice della proprietà industriale di norme transitorie destinate a governare il passaggio fra discipline diverse e che dunque, in linea generale, i principi cui ricorrere dovranno essere quelli del diritto transitorio generale, con una scelta di rottura rispetto alla tradizione storica del legislatore della proprietà industriale sia nella materia dei brevetti per invenzioni (cfr. d.lg. n. 338 del 1979, artt. 81-86), sia dei marchi (cfr. d.lg. n. 480 del 1992, artt. 87-95, ma anche gli artt. 81-86 del testo originario del 1942 della l. m.), sia dei disegni e modelli (cfr. d.lg. n. 95 del 2001, artt. 24-27). 11La regola della irretroattività è stata a lungo spiegata sulla base della teoria del rispetto dei diritti quesiti e del fatto compiuto. V., sul punto, RESCIGNO, voce Disposizioni transitorie, Enc. dir., Milano, 1964, 219 ss., che propende per una articolazione dell’efficacia della legge nel tempo secondo la seguente tripartizione: regola generale è quella dell’efficacia immediata, cioè dell’applicabilità immediata ad ogni situazione giuridica contemplata. Eccezioni sono rappresentate dalla retroattività, che porta ad applicare la norma successiva, con effetti ex tunc o ex nunc, a situazioni pendenti ed anche dall’efficacia differita della nuova norma, che implica l’ultrattività della norma precedente. 12FRASSI, Le disposizioni transitorie del codice della proprietà industriale, con un cenno alle abrogazioni (capo VIII, artt. 231-246 c.p.i.), RInd, 2005, 4-5, 309. 13Agli effetti della disciplina dettata dal codice di procedura civile, giova precisare che i marchi e i brevetti sono beni mobili registrati. 14CAMPEIS-DE PAULI, Le esecuzioni speciali, Milano, 112. 15La tutela della proprietà industriale — invenzioni, modelli industriali e marchi d’impresa — è attribuita allo Stato che la esercita per mezzo dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) del Ministero delle Attività Produttive. Tutte le domande, le istanze, gli atti, i documenti e i ricorsi sono depositati dai richiedenti presso il suddetto Ufficio, che ha sede a Roma, o presso le singole Camere di Commercio. Tutti gli atti che trasferiscono, modificano, i diritti relativi ai brevetti sia a titolo gratuito, che a titolo oneroso (cessioni totali, parziali, successioni ereditarie, licenze, pignoramenti, sentenze, ecc.) devono essere resi pubblici per mezzo della trascrizione. Pertanto il richiedente, personalmente o per mezzo di un Mandatario abilitato, deve depositare oltre che all’Ufficio italiano brevetti e marchi anche presso l’Ufficio Brevetti della Camera di Commercio i seguenti documenti: una domanda in doppio esemplare in bollo diretta al Ministero delle Attività Produttive presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, l’atto che s’intende trascrivere in originale o copia autenticata in bollo, munito delle prescritte autenticazioni, legalizzazioni e registrazioni, atto di procura o lettera d’incarico in bollo ove esista Mandatario, ed attestazione di pagamento della tassa per ciascun marchio contenuto nell´atto da trascrivere. Dall’1-1-2006 si precisa che la l. 23-12-2005, n. 266, ha abolito il pagamento delle tasse di concessione governative per la trascrizione di invenzioni, modelli di utilità e modelli e disegni industriali. V., anche, i seguenti testi normativi: Circolare MAP (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) n.471 del 27-7-2005, contenente chiarimenti per l’applicazione delle novità contenute nel codice della proprietà industriale entrato in vigore il 19-3-2005; d.lg. 10-4-2006, GU n. 98 del 28-4-2006 (sull’invio telematico delle domande di brevetti e marchi). 16CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 1998, 315. 17Nella controversia distributiva — la cui domanda può essere formulata anche solo verbalmente — oggetto della contestazione è il diritto a partecipare alla distribuzione, che è diverso dal (ed, anzi, presuppone il) diritto di procedere all’esecuzione forzata, nel senso che, in questo caso, non si contesta il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata, ma si contesta la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o la sussistenza di diritti di prelazione in capo ad uno dei creditori ai fini dell’applicazione delle regole del concorso (e anche, da parte del debitore, di ottenere il residuo della somma ricavata). Le controversie in esame, secondo Cass., 2-11-1993, n. 10813, sono circoscritte alla fondatezza ed ai limiti della pretesa fatta valere con il precetto o con l’atto di intervento nel loro oggettivo contenuto e nella interpretazione che ne dia una delle parti, e si differenziano, perciò, sia dall’opposizione all’esecuzione sia dall’opposizione agli atti esecutivi, ARIETA-DE SANTIS, L’esecuzione forzata, Padova, 2007. 18Il legislatore (l. n. 80 del 2005, modificata sul punto dalla l. 23-2-2006, n. 51, a decorrere dall’1-1-2006) ha, dunque, opportunamente abbandonato l’idea che le contestazioni in esame dovessero condurre all’instaurazione di un giudizio di ordinaria cognizione ed ha attribuito al giudice dell’esecuzione il potere di dirimere, con ordinanza, i contrasti sorti nella fase del riparto, prevedendo la possibilità di compiere «i necessari accertamenti», cioè di svolgere un’indagine sommaria strumentale alla sola definizione dei contrasti, nonché consentendo di proporre, avverso questa ordinanza, il solo rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi. 19Il giudice,quindi, ex art. 137, 11° co., cod. ind., nell’udienza, accertata l’osservanza delle disposizioni dell’8° co. (termini e modalità di vendita), ove le parti non si siano accordate sulla distribuzione del ricavato dei frutti, procede alla graduazione fra i creditori ed alla distribuzione di tale ricavato dei frutti stessi, secondo le relative norme stabilite nel codice di procedura civile per l’esecuzione mobiliare, a prescidere dalla solo minacciata opposizione distributiva. 20Visto che l’esecuzione speciale non prevede la notificazione di atti precedenti al pignoramento, di deve ritenere possibile la sola opposizione ex art. 615, 2° co., c.p.c., da proporre con ricorso al giudice della esecuzione individuato secondo i criteri visti; sarà possibile al terzo che si dichiari proprietario proporre opposizione ex art. 619 c.p.c. Le opposizioni agli atti esecutivi verranno proposte ex art. 617 c.p.c. entro il termine perentorio di venti giorni dal compimento dell’atto da impugnare (rectius, dalla sua legale conoscenza). 21Queste le disposizioni minimali della decisione del giudice della esecuzione: ai sensi dell’art. 532, 1° co., c.p.c. il giudice dell’esecuzione dispone (con ordinanza) che le cose pignorate siano affidate (…), con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, affinché proceda alla vendita in qualità di commissionario. Con il medesimo provvedimento che dispone la vendita senza incanto, il giudice, dopo avere sentito, se necessario, uno stimatore dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale in relazione alla peculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. Il commissionario è tenuto all’osservanza dei seguenti obblighi: a. deve vendere solo per contanti (art. 533, 1° co., c.p.c.); poiché in questo tipo di vendita l’effetto traslativo si verifica con il compimento delle relative operazioni, il commissionario deve realizzare per intero il prezzo, restando in ogni caso obbligato in proprio; b. deve osservare le prescrizioni imposte dal giudice nell’ordinanza di vendita (ad es., vendita all’ingrosso e non al minuto); c. deve documentare ogni operazione di vendita; le forme di documentazione sono indicate dallo stesso art. 533, 1° co. (certificato, fattura o fissato bollato in doppio esemplare, uno dei quali da consegnarsi al cancelliere). Se la vendita senza incanto, con le modalità sopra richiamate, non avviene nel termine di un mese dal provvedimento autorizzativo, salvo che sia concessa una proroga su istanza di tutti i creditori intervenuti (compresi quelli non titolati), il commissionario deve riconsegnare i beni affinché siano venduti obbligatoriamente all’incanto (art. 533, 2° co., c.p.c.). Cfr. ARIETA - DE SANTIS, op. cit., 816 ss. 22Le regole dell’incanto sono fissate dall’art. 537 e 538 c.p.c. L’incanto avviene offrendo le cose da vendere o singolarmente o a lotti, secondo la convenienza (valutata dallo stesso organo preposto alla vendita), per il prezzo base stabilito dal giudice dell’esecuzione. Quando una cosa messa all’incanto resta invenduta, il soggetto a cui è stata affidata l’esecuzione della vendita fissa un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore di un quinto rispetto a quello precedente.La vendita all’incanto si fa per contanti e la somma ricavata deve essere immediatamente versata al cancelliere, il quale è tenuto a depositarla nelle forme dei depositi giudiziari. La C. Cost., 9-5-2003, n. 161, ha ritenuto che l’indizione di un secondo incanto, a norma dell’art. 538 c.p.c., non impedisce né le successive domande di assegnazione, né l’indizione di un terzo incanto, in quanto la richiesta di assegnazione rimane sottoposta ai poteri di controllo da parte del giudice in ordine alla valutazione del bene e dell’offerta. Conseguentemente, è infondata la questione di legittimità costituzionale del citato articolo sollevata in riferimento agli artt. 4, 24 e 35 Cost. Quindi, vista la particolarità del bene, il giudice dovrebbe sempre valutare attentamente la possiiblità di addivenire alla vendita tramite successivi incanti, anche al ribasso, prima di dichiarare la improcedibilità per carenza di interesse di acquirenti nella vendita, come nella prassi di molti tribunali avviene per le normali procedure esecutive immobiliari. 23In caso di espropriazione di beni mobili registrati, per un valore superiore a 25.000 euro, e di beni immobili, lo stesso avviso, unitamente a copia dell’ordinanza del giudice e della relazione di stima redatta ai sensi dell’articolo 173-bis delle disposizioni di attuazione del codice di rito, è altresì inserito in appositi siti Internet almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto. Il giudice dispone inoltre che l’avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto, una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. La divulgazione degli avvisi con altri mezzi diversi dai quotidiani di informazione deve intendersi complementare e non alternativa. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell’avviso è omessa l’indicazione del debitore. 24Il testo dei nuovi artt. 525, 526 e 528 c.p.c. mantiene la tradizionale distinzione tra creditori tempestivi e creditori tardivi. L’intervento è tempestivo quando ha luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione. Di tale intervento il cancelliere dà notizia al creditore pignorante, con l’evidente finalità di consentirgli, ai sensi del 4° co. dell’art. 499, di indicare (direttamente all’udienza o con atto appositamente notificato), l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento. I creditori tempestivi partecipano all’espropriazione dei mobili pignorati e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. Per contro, i creditori chirografari tardivi, che intervengono successivamente alla prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione, ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante, dei creditori privilegiati e di quelli intervenuti in precedenza. Infine, i creditori che hanno un diritto di prelazione sulle cose pignorate concorrono sempre alla distribuzione del ricavato (in ragione dei loro diritti di prelazione), anche quando svolgono intervento tardivo. 25Si deve ritenere, in conformità con le norme del codice di rito, che la mancanza della notifica sia sanzionata dal legislatore con l’impossibilità da parte del giudice a provvedere sull’istanza di assegnazione o di vendita. Peraltro, avvenuta ugualmente la vendita, l’omissione non incide sulla validità, ma comporta che il creditore procedente (ovvero altro creditore intervenuto, che abbia dato impulso al procedimento) sia tenuto a rispondere, a norma dell’art. 2043 c.c., delle conseguenze dannose subite dai creditori iscritti a seguito del provvedimento di vendita o di assegnazione emesso illegittimamente, giacché la mancata notifica dell’avviso, costituendo violazione di un obbligo imposto da una norma giuridica, concreta un fatto illecito (Cass., 11-6-2003, n. 9394). Per quanto riguarda i creditori non titolati, si deve ritenere che le previsioni contenute nel 5° e 6° co. dell’art. 499 c.p.c., che prevedono un particolare regime di riconoscimento dei crediti non titolati ad opera del debitore, permettano al creditore non titolato se interviene tempestivamente ai sensi del 2° co. dell’art. 499 c.p.c. (cioè prima dell’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione, ovvero anteriormente alla istanza di vendita), di beneficiare del regime e delle conseguenze e del riconoscimento, di cui al successivo sesto comma, mentre, se interviene in un momento successivo, sarà equiparato ai creditori disconosciuti, non essendovi più la possibilità del riconoscimento del suo credito. 26Il mancato deposito influirà sulla distribuzione delle somme, che avverrà in base ai titoli effettivamente vantati e provati. Inoltre, il mancato deposito potrà portare alle contestazioni ex art. 512 c.p.c. 27Si deve ritenere applicabile, anche nella espropriazione speciale, il 4° co. dell’art. 499 c.p.c., che stabilisce che ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto previamente notificato o direttamente all’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione (se questa verrà fissata dal g.e.), l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento, se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l’estensione. A seguito dell’indicazione da parte del creditore procedente di altri beni utilmente pignorabili, se i creditori intervenuti non estendono senza giusto motivo il pignoramento a tali beni entro il termine di trenta giorni (ovvero, entro il medesimo termine, non abbiano anticipato le spese per l’estensione), il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. 28Il nuovo testo del primo comma dell’art. 499 c.p.c. prevede che possano intervenire nell’esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati, ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (privilegio, ipoteca). A queste categorie di creditori (già individuate in senso limitativo rispetto al passato dalla l. n. 80 del 2005), la legge n. 263 del 2005 ha aggiunto anche i titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili previste dall’art. 2214 c.c. Resta, inoltre, invariata la regola generale secondo la quale il potere di provocare i singoli atti dell’espropriazione mette capo ai soli creditori titolati, e non anche agli altri creditori legittimati ad intervenire ai sensi del 1° co. dell’art. 499 c.p.c. Si tratta per definizione di creditori il cui titolo è, ai sensi dell’art. 474, 1° co., c.p.c., certo (consacrato in un titolo che accerta il credito), liquido (cioè determinato nel suo ammontare) ed esigibile (non sottoposto a termine, condizione o scadenza alcuna) (art. 474, 1° co., c.p.c.). 29La distribuzione della somma ricavata dalla vendita forzata (senza o con incanto) avviene, se vi è un solo creditore, secondo quanto previsto dal 1° co. dell’art. 510 c.p.c. La norma distingue a seconda che concorra alla distribuzione il solo creditore pignorante, ovvero che vi siano altri creditori concorrenti. Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese. In caso diverso la somma ricavata è distribuita tra i creditori con riguardo alle cause legittime di prelazione e previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore (con eventuale accantonamento delle somme in favore degli interventori non titolati disposto dal giudice dell’esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinché i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Decorso il termine fissato, su istanza di una delle parti o anche d’ufficio, il giudice dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore precedente e dei creditori intervenuti, con l’eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti, e dà luogo alla distribuzione della somma accantonata, tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo. La comparizione delle parti per la distribuzione della somma accantonata è disposta anche prima che sia decorso il termine fissato se vi è istanza di uno dei predetti creditori e non ve ne siano altri che ancora debbano munirsi di titolo esecutivo. Infine, il residuo della somma ricavata, dopo l’ulteriore distribuzione della somma accantonata, ovvero dopo che sia decorso il periodo massimo di accantonamento, è consegnato al debitore o al terzo che ha subito l’espropriazione. In caso di creditori concorrenti, gli artt. 541 e 542 c.p.c. dispongono che essa possa avvenire o in via amichevole o in via giudiziale. Nel caso si distribuzione amichevole, tutti i creditori concorrenti predispongono un «piano concordato», nel quale, cioè, il riparto sia stato oggetto di previo accordo tra gli stessi, sul quale il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, provvede in conformità. Se, invece, i creditori non raggiungono l’accordo per la distribuzione amichevole o il giudice dell’esecuzione non approva il piano sottopostogli, su richiesta che può essere avanzata da ogni creditore, il giudice, sentite le parti, distribuisce la somma ricavata a norma degli artt. 510 ss. c.p.c., ordinando il pagamento delle singole quote. Secondo Cass., 18-12-1992, n. 13428, per il disposto degli artt. 512, 541 e 542, la distribuzione del ricavato della vendita forzata deve avvenire con l’accordo di tutti i creditori concorrenti, oppure in contraddittorio tra questi ed il debitore escusso, per cui, in caso di controversia in sede di distribuzione, si profila tra tali soggetti una situazione di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., e ciascuno di essi deve essere convenuto in giudizio indipendentemente dalla circostanza che abbia partecipato oppure no alla discussione del progetto di distribuzione.

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