google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M LE CONDOTTE FRAZIONATE DELL'USURA EVITANO LA PRESCRIZIONE
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LE CONDOTTE FRAZIONATE DELL'USURA EVITANO LA PRESCRIZIONE

Il reato di usura si configura come reato a schema duplice e, quindi, si perfeziona con la sola accettazione della promessa degli interessi o degli altri vantaggi usurari, ove alla promessa non sia seguita effettiva dazione degli stessi, ovvero, nella diversa ipotesi in cui la dazione sia stata effettuata, con l'integrale adempimento dell'obbligazione usuraria. Ragione per cui la prescrizione decorre dalla singola condotta di esecuzione dell’accordo usuraio laddove essa rappresenti il mero frazionamento dell’adempimento concordato dalla vittima. A confermarlo è la Cassazione penale con sentenza 15 settembre 2022, n. 34192.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi

Difformi

Non si rinvengono precedenti in terminiLa sentenza della Corte affronta il tema della decorrenza della prescrizione del reato di usura (pari a complessivi anni dodici e mesi sei) e dell’eventuale sovrapporsi di termini diversi in presenza di distinte azioni delittuose volte alla locupletazione illecita di cui all’ art. 644 c.p. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, riconosciuto che, in tema di usura, quando tra le stesse persone le dazioni di denaro successive alla scadenza delle precedenti non costituiscono l'esecuzione della iniziale promessa, ma il rinnovo del patto usurario con la rifissazione del capitale in diverso importo e dei conseguenti interessi si sia in presenza della conclusione di patti successivi, anche se occasionalmente promananti dalla scadenza dei precedenti, donde la sussistenza un reato continuato di usura. La questione, come detto, era stata presa in considerazione in altre pronunce della Cassazione le quali avevano già da tempo chiarito che «in tema di usura, quando tra le stesse persone le dazioni di denaro successive alla scadenza delle precedenti non costituiscono l'esecuzione della iniziale promessa, ma del rinnovo del patto usurario con la rifissazione del capitale in diverso importo e dei conseguenti interessi, trattandosi della conclusione di patti successivi, anche se occasionalmente promananti dalla scadenza dei precedenti, si è in presenza di un reato continuato di usura» (così Cass. pen. sez. VI, n. 1601 del 27/04/1998 e da ultimo Cass. pen. sez. II, 28/01/2020, n. 3441). Alla base di questa ermeneutica v’è il superamento della concezione che qualificava il delitto di usura quale reato istantaneo ad effetti permanenti e tanto a seguito della riforma del 1996 che ha introdotto una speciale regola in tema di decorrenza della prescrizione. Infatti, come noto, l'art. 644-ter c.p. stabilisce che «la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale». Regola questa che, apertamente, contraddice la tesi della natura di reato istantaneo, sia pure con effetti permanenti, e costituisce – secondo l’opinione più accreditata (cfr. Pica, voce Usura, in Enc. dir., Milano, 2002; BELLACOSA, Usura, in Dig. d. pen., 1999; Cocco, Reato istantaneo, di durata e a più fattispecie. questioni controverse di unità e pluralità, in Responsabilità civile e previdenza, 2017, 374) - il superamento di quella visione del delitto tutta incentrata sul momento della pattuizione. È nota la costruzione pretoria del delitto di usura inteso come “reato a schema duplice” o a condotta frazionata, «costituito da due fattispecie – destinate strutturalmente l'una ad assorbire l'altra con l'esecuzione della pattuizione usuraria – aventi in comune l'induzione del soggetto passivo alla pattuizione di interessi od altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, delle quali l'una è caratterizzata dal conseguimento del profitto illecito e l'altra dalla sola accettazione del sinallagma ad esso preordinato. Ne consegue che nella prima il verificarsi dell'evento lesivo del patrimonio altrui si atteggia non già ad effetto del reato, più o meno esteso nel tempo in relazione all'eventuale rateizzazione del debito, bensì ad elemento costitutivo dell'illecito il quale, nel caso di integrale adempimento dell'obbligazione usuraria, si consuma con il pagamento del debito, mentre nella seconda, che si verifica quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione dell'obbligazione rimasta inadempiuta. Ne deriva, in tema di prescrizione, che il relativo termine decorre dalla data in cui si è verificato l'ultimo pagamento degli interessi usurari» (ex multis, Cass. pen., sez. II, n. 38812 del 01/10/2008). Da tale impostazione discende che tutte le volte in cui alla promessa segua - mediante la rateizzazione degli interessi convenuti - la dazione effettiva degli stessi, questa consegna da parte dell’usurato non costituisce un post factum penalmente non punibile, ma integra a pieno titolo il fatto lesivo e segna, mediante la concreta e reiterata esecuzione dell'originaria pattuizione usuraria, il momento consumativo “sostanziale” del reato. L’esclusione dell’usura dalla categoria del reato eventualmente permanente è, come si vede, l’asse portante di un approccio interpretativo che si incentra piuttosto sul duplice e alternativo schema della fattispecie tipica del reato, che pure mantiene intatta la sua natura unitaria e istantanea, orientandosi vero la struttura dei delitti cosiddetti a condotta frazionata o a consumazione prolungata. Invero è un approccio ermeneutico che trova piena giustificazione assiologica nelle movenze, come dire, naturalistiche del reato che vede l’usurato costringersi volta per volta, in relazione al pagamento delle singole “rate” del debito, al reperimento delle somme e sottostare alle condizioni illecite dell’usuraio senza che la pattuizione originaria possa proiettare il proprio orizzonte sino alla consumazione dell’accordo contra legem. Ritiene la sentenza annotata che – alla stregua di queste premesse – ne escano definiti e precisati il senso ed il significato dell'art. 644-ter c.p. laddove, come visto, prevede che «la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale». Il decorso della prescrizione non è una mera fictio iuris volta ad arginare il patto omertoso che salda la vittima al proprio carnefice, quanto il necessario precipitato di una consumazione che si protrae per via frazionata dal momento del contratto di mutuo tra le parti e cioè del sinallagma contrattuale. Quindi, annota persuasivamente la Corte di legittimità l'art. 644-ter c.p. segna il definitivo superamento della teoria della usura come reato a struttura esclusivamente sinallagmatica, che si consuma al momento dell'accordo, individuando l'evento lesivo del patrimonio del danneggiato come momento significativo, pur se non indispensabile, del reato e dal quale decorre la prescrizione. Ne è uscita confermata, così, la tesi della corte territoriale secondo cui quando «si è in presenza di un nuovo termine di scadenza, della determinazione di un nuovo tasso, e quindi di nuove condizioni» non si è in presenza del mero adempimento della pregressa pattuizione, modificata nei suoi elementi essenziali, quanto di un nuovo reato, di una nuova offesa del bene protetto che giammai possono essere considerati alla stregua di un post factum non punibile (Cass. pen., Sez. II, n. 37693 del 4/6/2014). La Corte di legittimità non prende in esame, essendo ovviamente escluso dal perimetro della vicenda devoluta, come la regola prescrittiva innanzi menzionata si atteggi con riferimento alla cd. usura sopravvenuta, per tale dovendosi intendere il caso in cui nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108/1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (Cass. civ. sez. Unite, n. 24675 del 19/10/2017). Ossia - concepito in astratto anche con riferimento al reato di usura – si pone il problema del decorso della prescrizione per il caso in cui solo nel corso del rapporto di mutuo si realizzino le condotte illecite di cui all’art. 644 c.p. La pattuizione sopravvenuta, laddove illecita, integra sicuramente il reato e, anche in questo, troveranno attuazione le regole enunciate dalla sentenza in commento. L’approccio criminologico che è sotteso a questa interpretazione del reato di usura appare evidente laddove assegna alla pattuizione originaria la funzione di una “occasione” per l’instaurarsi di una relazione vessatoria frazionata attraverso la quale l’usuraio avvinghia la vittima e la costringe alle prestazioni illecite. Naturalmente il frazionamento comporta che, in tema di usura, il giudice è tenuto a motivare specificamente sulla natura usuraria degli interessi, «indicando esattamente a quale rilevazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze fare riferimento come base per il calcolo del superamento del tasso-soglia, ai sensi dell'art. 2, L. 7 marzo 1996, n. 108, avuto riguardo al tempo e alla durata dei singoli prestiti, nonché alla data dei pagamenti effettuati dalla vittima» (Cass. pen. sez. II, n. 26771 del 25/03/2021), con un aggravio dell’onere probatorio per l’accusa che, in verità, la tesi della pattuizione aggirava o, comunque, mitigava. Riferimenti normativi: Art. 644 c.p.

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